Una luce in fondo al tunnel. L’Italia non giocava così bene da …: ecco, è pure difficile ricordare l’ultima volta. Sotto Ventura, il primo Ventura, qualche sprazzo timido di azzurro c’era pure stato, ma poi il disastro mondiale aveva cancellato tutto. La vittoria all’ultimo secondo in Polonia è fondamentale, e non solo perché ci permette di evitare la retrocessione nella Serie B della nuova Nations League: finalmente ci restituisce una nazionale. Giovane, imperfetta, ancora tutta da ricostruire, per carità. Ma è già qualcosa. Ci sono voluti molti tentativi. Esperimenti tattici e tecnici più o meno sensati. Un paio di figuracce e una striscia di cinque match consecutivi in casa senza vittorie (la peggiore della storia). Un avversario che – va detto – forse era addirittura più in crisi di noi, dopo il pessimo mondiale vissuto da comparsa, l’addio dello storico ct Nawalka e i fischi del proprio pubblico. In Polonia forse è scoccata una scintilla, lo si capisce da una serie di cose: il gol al 90’, l’esultanza di gruppo tra giocatori e allenatore, la conferma in blocco della stessa formazione che pochi giorni prima aveva pareggiato con l’Ucraina (facendo però intravedere segnali incoraggianti).

Mancini ha davvero trovato il bandolo della matassa? Presto per dirlo. Di sicuro a Chorzow gli azzurri hanno vinto: non capitava da maggio contro la piccola Arabia Saudita, in gara ufficiale addirittura dall’1-0 in Albania di ottobre 2017, esattamente un anno fa. E hanno giocato bene. Per la prima volta da tempo immemore si è vista un’idea di nazionale: giovane (25,4 anni di media dell’undici titolare, che scende addirittura a 23,7 senza i due senatori ChielliniBonucci), con un centrocampo tutto di palleggiatori e un attacco di grande qualità e fantasia, senza un centravanti. Certo, non tutti i problemi sono risolti. Mancini  non è diventato all’improvviso uno stratega della panchina, nei prossimi tempi bisognerà convivere con le sue intuizioni ed i suoi limiti.  L’assenza di una punta si sente sotto porta, dove questa squadra fatica terribilmente a segnare (anche ieri il gol vittoria è arrivato allo scadere, dopo una marea di occasioni sprecate, e solo su calcio piazzato). Manca ancora un po’ di talento e pure nell’under 21 non si vede una nuova stella all’orizzonte. Però nel complesso si nota una crescita: oggi il futuro fa un po’ meno paura di ieri, anche perché aver evitato la retrocessione in Nations League (la nuova competizione varata dalla Uefa al posto delle amichevoli internazionali) ci garantisce un posto da testa di serie nelle qualificazioni ai prossimi europei, che con la formula a 24 squadre (passano le prime due di ogni girone) significa avere quasi la certezza di essere a Euro 2020. Dopo il disastro di Russia 2018 non è poco.

Forse non è un caso che la prima vera vittoria dell’era Mancini sia arrivata proprio all’inizio della settimana che culminerà nell’elezione del nuovo presidente della FederCalcio, dopo sei mesi di commissariamento che doveva essere la svolta per azzerare e riformare il pallone e invece è stata solo una clamorosa occasione persa. Nulla è stato fatto, anzi se possibile le cose sono persino peggiorate (vedi i disastri in materia di giustizia sportiva). Adesso l’elezione di Gabriele Gravina normalizzerà la situazione. Pensare che tutto si risolverà col nuovo governo sarebbe un errore: controlli sui club, valorizzazione dei giovani, giustizia, riforme, ci sono tanti nodi da affrontare (persino Mancini, ct scelto da altri con un contratto pesante da 4 anni, potrebbe diventare un problema per la prossima gestione). Però anche qui la sensazione è che comunque si tratti di una svolta positivaIl 22 ottobre finisce l’infinita quarantena che in fondo era iniziata proprio quel maledetto 13 novembre 2017, un’apocalisse che sul momento non avevamo realizzato per davvero e da cui ancora non ci siamo ripresi. Un anno dopo, forse, il calcio italiano è finalmente pronto a voltare pagina.

Twitter: @lVendemiale

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