La nascita di un’Europa veramente unita si è arenata ultimamente in una fase di stallo molto pericolosa che può davvero portare alla sua disfatta. Gli ideali, anche di fratellanza, non solo di convenienza economica, che hanno indotto nel 1957 Germania, Italia, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo a unire le proprie forze nel trattato di Roma del 1957 per mettere la prima pietra verso la costruzione di una Unione Europea sembrano improvvisamente svaniti. Ma in seguito, con la creazione di un euro moneta unica che non è stato adottato da tutti, si è avuta subito una nefasta divaricazione.

L’euro moneta unica non potrà mai funzionare in modo ugualitario per tutti i Paesi aderenti finché non verrà completata anche l’unificazione della legislazione fiscale e delle principali regole economiche. Benché non appaia in tutta evidenza al comune cittadino, la perdita della sovranità monetaria crea gravissimi scompensi nella conduzione dell’economia a quei Paesi costretti a seguire un cambio della propria moneta che non è direttamente correlato all’andamento della propria economia. Quelli che hanno più di 40 anni ricorderanno certamente quelle domeniche in cui i notiziari di primo mattino annunciavano che la nostra lira era stata svalutata nei confronti di franco, marco, dollaro, ecc.. Dovevamo pagare di più se noi compravamo all’estero, ma guadagnavamo di più con le nostre esportazioni. Era un modo usato da tutti quando arrivavano le crisi.

Ma con l’euro non si può più perché prima era il nostro governo a decidere (insieme alla Banca d’Italia) se svalutare, oggi non è più possibile. L’euro si apprezza o deprezza in base al prezzo che gli viene attribuito dai mercati. Ma questo riflette il valore medio dell’economia europea (o altre valutazioni che fanno i mercati), non più il valore della nostra economia. Se la nostra è più debole delle altre economie europee noi siamo costretti a inseguire perennemente per restare al passo. Nella sostanza ci ritroviamo con una moneta costantemente rivalutata mentre avremmo bisogno di svalutare.

Krugman scrisse nel primo anno della gravissima crisi greca che se la Grecia avesse potuto uscire subito dalla “prigione” dell’euro e fare immediatamente una corposa svalutazione della propria moneta avrebbe preso subito una bella botta ma nel giro di un anno o poco più tutto sarebbe stato superato senza gravi traumi.

Gli Stati Uniti invece, che a fronte della crisi dei “subprime mortgages” (i mutui facili) hanno rischiato di vedere non una, ma tutte le loro grandi banche fallire, hanno invece risolto la gravissima situazione da un lato svalutando il dollaro fino a oltre il 50% contro l’euro e dall’altro lato quadruplicando il loro debito pubblico, passato in pochi anni da circa 4 trilioni di dollari a 16 trilioni (adesso è già oltre i 20 trilioni). Queste decisioni sono state prese autonomamente dal Tesoro americano in accordo con la propria banca centrale (la Federal Reserve che opera in completa autonomia). L’Europa non potrebbe farlo nemmeno col voto favorevole del proprio Parlamento, perché, per queste cose, dovrebbe comunque ottenere il via libera da tutti i governi e le banche centrali dei singoli Stati.

Detto ciò dovrebbe cominciare ad apparire con chiarezza che l’euro, in sé, non è né migliore né peggiore delle altre monete, è l’Europa che non è pronta a usarlo perché per avere una moneta unica occorre avere una finanza unica e una banca centrale con piena autonomia sulla politica monetaria. Questo non avrebbe impedito però di commettere i sesquipedali errori che l’Europa, nel suo insieme, ha commesso nell’affrontare la crisi.

Che adottare l’austerity in tempo di crisi fosse una cura paragonabile a quella dei “salassi” in epoca medievale l’aveva già capito Keynes un secolo fa, ma i nostri sagaci economisti (europei, non solo italiani), nonostante la lezione del 2008, preferivano ancora nel 2011 continuare a fidarsi più dei mercati che di Keynes. Il risultato lo abbiamo visto tutti. (Per ricordare, chi è interessato, può rileggere questi miei blog del 2011: Crisi, Rehn-Trichet. Facciamola finita con le balle sul debito – Austerity a tutti i costi. Ecco gli artefici della libera disuguaglianza).

Bisogna pertanto adottare politiche economiche serie ed evitare certi pacchiani errori che persino alcuni professoroni altamente qualificati hanno commesso. È peraltro evidente che l’adozione di un euro comune in una Europa che marcia economicamente e fiscalmente a velocità diverse moltiplica tra i due gruppi i già problematici scompensi originari e allontana quindi la possibilità di creare una vera Unione, invece che favorirla.

Draghi è andato da Mattarella ma non sappiamo con certezza cosa si sono detti. Qualcuno dovrebbe però spiegare ai costituenti (i cittadini elettori) come mai il dollaro che, comprensibilmente, al tempo della Grande recessione americana (2007-2015)  era salito fino a una volta e mezzo il valore di cambio con l’euro, ora che gli Usa sono in pieno boom economico (mentre mezza Europa è ancora in crisi), l’euro è ancora fortissimo (tra 1,15 e 1,20) nel cambio col dollaro (la Germania però non sembra soffrirne, sarà perché anche lei ha già superato la crisi e noi no?).

E poi dovrebbe spiegarci cos’è tutta questa fretta di chiudere il QE. Gli americani lo hanno fatto solo a crisi quasi terminata. E perche’ fermare il QE europeo a circa 2 trilioni di euro (duemila miliardi) quando quello americano, in tre distinte fasi, e’ arrivato quasi a cinquemila miliardi di dollari? Eppure il Pil europeo è perfino superiore a quello americano. Si vuole forse mantenere la crisi in Europa invece che superarla? Conte, Di Maio e Salvini (ma forse è meglio che lo faccia Savona) dovrebbero dirlo ai burocrati europei che hanno il “chiodo” del debito in testa ma non sanno fare differenza tra debito e investimenti.

Anche noi italiani vogliamo mettere a posto i conti, ma prima si deve realizzare tutti insieme la vera Unione Europea non questo barcone mangiasoldi che per motivo degli scompensi monetari e fiscali interni all’unione monetaria aiuta “stranamente” più quelli che di debito ne hanno di meno invece che quelli che ne hanno di più e vengono pressati per ridurlo. E poi dovrebbero rinviare (come hanno fatto 3 volte gli americani) la fine del Quantitative Easing. Se lo hanno fatto loro, che stanno all’interno di una vera federazione di Stati, ancora più dobbiamo farlo noi che sprofondiamo in una Europa a due velocità, e quella che va piano non è per niente pronta a farne a meno.

Bando agli egoismi, se vogliamo davvero creare una pacifica e cooperante Europa unita bisogna partire subito, senza mettere paletti sui debiti di questi o di quelli. L’Europa deve essere come una famiglia, se il debito ce l’ha uno, ce l’hanno tutti. Tuttalpiù, per accontentare i micragnosi che fin qui ci hanno guadagnato ma non vogliono ammetterlo, si potrebbe trovare qualche formula per mantenere ai Paesi più indebitati maggiori quote di sacrifici per un determinato periodo, ma senza far aspettare per questo la creazione dell’Europa unita.

Ora o mai più! L’Europa Unita bisogna farla subito o non si farà mai.

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