Fine pena mai. La Cassazione ha confermato l’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti. Il sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis aveva chiesto il fine pena mai. Non esiste un “ragionevole dubbio” sull’innocenza di Bossetti che “non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo” aveva sostenuto chiedendo la conferma delle condanne anche per il reato di calunnia nei confronti di un collega: “Ha fornito indicazioni specifiche su un individuo con cui lavorava“, sviando le indagini.

Bossetti condannato anche in primo e secondo grado
La ragazzina, scomparsa nel nulla il 26 novembre 2010 nel tragitto dalla palestra a casa, era stata ferita diverse volte con un’arma da taglio e poi lasciata ad agonizzare nel campo, dov’era morta nella notte, sfinita dal freddo e dalla paura. Il suo corpo era stato trovato praticamente per caso tre mesi dopo da un aeromodellista, dopo che in suo mezzo telecomandato era caduto a pochi passi dal cadavere nel campo di Chignolo d’Isola. Bossetti, 47 anni, muratore di Mapello, era stato condannato all’ergastolo in primo (1 luglio 2016) e secondo grado (18 luglio 2017), si è sempre proclamato innocente.

La I sezione penale della Cassazione, presieduta da Adriano Iasillo, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti, condannando l’imputato al pagamento delle spese legali. La Corte ha anche dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia contro l’assoluzione dal reato di calunnia per Bossetti.

Dna tra accusa e difesa. Pg: “Contaminazione è fantascienza” 
A lui gli investigatori, coordinati dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri, arrivano dopo 4 anni e dopo migliaia di test genetici. Il 15 giugno 2011 viene isolata una traccia di Dna maschile sui leggins e gli slip della ragazza. Nasce la ‘pista di Gorno’: viene estratto da una marca da bollo su una vecchia patente il Dna di Giuseppe Guerinoni, sposato e padre di due figli, morto nel 1999, simile a quello trovato sul corpo di Yara. Comparato con il suo nucleo familiare, non porta a risultati: da qui l’ipotesi di un suo figlio illegittimo. Sarà per mesi Ignoto 1. Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Bossetti. Due giorni prima gli era stato prelevato il Dna che era risultato coincidere con quello di Ignoto 1. A lui gli investigatori erano giunti attraverso la madre, Ester Arzuffi, che, secondo l’accusa, aveva avuto una relazione con Guerinoni. Accusa e difesa nel corso dei due giudizi precedenti si sono confrontati anche sulle altre prove e sul movente. L’ipotesi (avanzata dalla difesa, ndr) che si sia voluto creare in laboratorio un dna artificioso o contaminarlo, costituisce una congettura a livelli di fantascienza” aveva detto la rapprsentante dell’accusa. “Fatemi fare una volta una perizia sul Dna e scoprirete che io non c’entro” le parole prima della sentenza dell’imputato, rimasto in carcere, secondo quanto riportato dal suo legale Claudio Salvagni. Il difensore aveva spiegato che il muratore di Mapello era “fiducioso anche se molto timoroso”.

Legale dei Gambirasio: ‘Giustizia’, Difesa: ‘Mazzata’
“Era meglio che lui stesse zitto fin dall’inizio e che nessuno parlasse di questo caso. Siamo passati dalle 16 ore della camera di consiglio di Brescia alle tre della Cassazione, questa è la giustizia italiana” dice Salvagni fuori dal Palazzo della Cassazione. Per Massimo sarà una “mazzata durissima ma saprà reagire, le strade non sono finite. Con pazienza e con fiducia bisogna rimettersi al lavoro, qualcosa ancora si può fare” afferma il legale davanti alle telecamere della trasmissione Quarto Grado. “Leggeremo le motivazioni. Le decisioni si rispettano e si impugnano nelle sedi opportune. In questo momento dobbiamo solo piegarci a questa sentenza, ma continuiamo a credere che Massimo sia innocente. Il processo mediatico nuoce: ci voleva molto coraggio a prendere una decisione contro la sentenza d’appello”. “È andato tutto come secondo me doveva andare. Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, il fatto e tutti hanno concluso per la colpevolezza di Bossetti” dice l’avvocato Andrea Pezzotta, legale dei familiari di Yara Gambirasio.
A chi gli fa notare che la difesa di Bossetti ha criticato l’attenzione dei media nei confronti del caso, risponde: “Se c’è stato un processo mediatico non è per colpa nostra. Noi non siamo mai andati in televisione”. L’avvocato non ha sentito ancora i Gambirasio dopo la sentenza. Li avvertirà sabato, come d’accordo. Forse la difesa pensa a un ricorso alla Cedu, ma per quanto riguarda la giustizia italiana, a meno di clamorosi colpi di scena che comporterebbero la revisione del processo, questo è l’ultimo verdetto sul caso della ragazzina che sparì nel nulla mentre percorreva i pochi metri che separavano la palestra dove si allenava alla casa dove la sua famiglia l’aspettava.

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