di Alessandra Ungaro *

L’archetipo normativo del whistleblowing è collegato all’emanazione del False Claims Act durante l’Amministrazione Lincoln nel periodo della guerra civile americana. In Italia, invece, è entrato in vigore il 29 dicembre 2017 con la legge numero 179/2017, che introduce nel nostro ordinamento precise “disposizioni a tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ed ulteriori contributi in tal senso arriveranno dalla Commissione Europea.

Le recenti pronunce della Suprema Corte stimolano alcune ulteriori considerazioni di carattere aziendale, convergenti con aspetti più propriamente giuslavoristici di cui abbiamo già parlato in questo blog.

Quello che qui si intende analizzare è anche l’impatto di questo istituto sui Modelli di Organizzazione Gestione e Controllo previsti dal d. lgs. 231/2001. La legge n. 179/2017  – all’art. 2 – modifica il d.lgs. n. 231/2001, inserendo all’art. 6 i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater; in particolare, si prevede che i modelli di organizzazione gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, di cui all’art. 6, comma 1, lett. a), debbano contemplare:

la riservatezza dell’identità del segnalante;
uno o più canali che consentano, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente;
l’assenza di condotte ritorsive verso il segnalante, che possono essere denunciate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, oltre che all’organizzazione sindacale indicata dal segnalante. Nullità del licenziamento, del demansionamento e di altre misure discriminatorie adottate;
un adeguato sistema disciplinare che sanzioni chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate.

La ratio della disciplina del decreto legislativo 231/2001 si colloca nell’ambito della responsabilità amministrativa degli enti che abbiano tratto vantaggio dalla commissione di un fatto penalmente illecito, commesso da un soggetto apicale o un collaboratore, nell’esercizio del proprio mandato, sostanziandosi in sanzioni pecuniarie e misure interdittive.

Non manca chi ha lamentato una maggiore tutela del segnalante rispetto al segnalato e rappresentato preoccupazione relativamente al fatto che un lavoratore, il quale si senta “minacciato di licenziamento”, possa presentare una segnalazione al fine di poter invocare in giudizio le tutele previste dalla L. 179/2017 (in particolare la tutela di reintegro in caso di licenziamento), rendendo incerto l’esito del giudizio stesso. Di fronte a tale doglianza pare opportuno replicare che una efficace informazione e formazione aziendale in tema di trasparenza, responsabilità e prevenzione, attuata con adeguata frequenza in merito al principale strumento di prevenzione (Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ex decreto legislativo 231) non può che divenire il contesto abilitante di una cultura della legalità e degli strumenti idonei quanto equilibrati per applicarla efficacemente. Ai giudici, il compito di valutare in concreto e caso per caso, la fondatezza della segnalazione da un lato, il sistema di controllo interno e le motivazioni di un eventuale provvedimento disciplinare dall’altro.

Tuttavia, è probabile che la permanenza all’interno dell’azienda di una informazione inerente alla segnalazione all’Autorità Giudiziaria, da parte di un dipendente, che riguardi un soggetto apicale e/o suoi diretti collaboratori possa innescare la “caccia” al whistleblower, l’isolamento dei potenziali sospettati e la tensione tra organi inquirenti e organi di vigilanza e controllo interno, i quali potrebbero non aver adeguatamente vigilato.

Il tema è ampio e molto delicato.

E’ senz’altro auspicabile una segregazione dei compiti tra indagini tout court e verifiche interne, in particolare per i reati che potrebbero avere impatto trasversale sull’organizzazione attraverso un meccanismo di segnalazione, mediante inoltro email all’Organismo di Vigilanza, peraltro già predisposto in alcuni Enti che hanno adottato il Modello ex d.lgs. 231/2001, che risulterebbe investito di una responsabilità ancora più ampia. Recentissima l’attivazione del progetto WhistleblowingPA (gratuito per le pubbliche amministrazioni) per dare a chi denuncia le garanzie descritte dalla normativa di riferimento.

Per raggiungere pienamente gli obiettivi che la legge di tutela del whistleblowing si propone è altresì assolutamente necessario che, ove sia operativo un Organismo di Vigilanza previsto dal d.lgs. 231/2001, i componenti incarnino le caratteristiche di autonomia, indipendenza, professionalità e continuità d’azione senza deroghe, oltreché una elevata specializzazione.

In tale contesto, caratterizzato dall’ethically oltre che dal politically correct, assume particolare rilievo la nomina di un manager disobbediente nel Consiglio di Amministrazione dell’Ente, dove aveva segnalato irregolarità e sperperi, compiendo un coraggioso atto di insubordinazione civile.

*Commercialista e Revisore Legale, con specifica esperienza aziendale nel Controllo di Gestione e valutazione dei Rischi e modelli di compliance 231/2001. Consulente tecnico del Tribunale di Milano e della Procura della Repubblica. La passione per l’etica e le best practice mi ha permesso di coniugare competenze tecniche e aspirazioni personali, in un percorso sempre nuovo e ricco di stimolanti difficoltà, nel quale con rinnovato entusiasmo cerco di affermare, condividere e testimoniare il mio contributo alla diffusione della cultura della legalità.

Articolo Precedente

Centri impiego, Di Maio a Berlino si accredita col governo e studia il modello che ha dimezzato la disoccupazione

next
Articolo Successivo

Regione Abruzzo, 55 dipendenti non confermati. Il dirigente: “Colpa del Decreto dignità”. Giuslavorista: “È falso”

next