Finalmente anche la salute psicologica è oggetto di attenzione collettiva mediante l’istituzione della “Giornata dedicata alla salute mentale” e quindi anche a quelle persone che soffrono di disagi psicologici più o meno gravi. In questa occasione vengono affrontati molti temi relativi alle condizioni dei malati mentali, ma ancora c’è molta resistenza a parlare della loro sessualità. Il benessere sessuale e affettivo di queste persone viene, infatti, comunemente sottovalutato da loro stessi, dai familiari e dagli specialisti che li hanno in cura. Discutere di un tema del genere, per di più con pazienti psichiatrici, sembra rappresentare un fattore di forte disagio per molti medici e specialisti del settore perché hanno la convinzione implicita della sessualità come incompatibile con la malattia mentale e, quindi, fino ad ora l’interesse dei ricercatori e degli esperti, si è focalizzato sulle problematiche sessuali della popolazione “sana di mente”, senza considerare gli aspetti della vita affettiva e sessuale correlata alla malattia psichiatrica.

Quello che non tutti sanno è che i bisogni dei cosiddetti “matti”, sono gli stessi di cui necessita ogni altro essere umano: respirare, mangiare, dormire e fare sesso o meglio avere una relazione affettiva e sessuale appagante, perché la sessualità non è solo la soddisfazione di una pulsione biologica, ma è anche un’esigenza affettiva e di relazione stabile. Anche chi soffre di malattie psichiatriche, può avere relazioni amorose caratterizzate da intimità e sessualità. Le fantasie e il benessere sessuale, nonché il benessere generale, sono infatti correlati fra loro. Precisamente, l’insoddisfazione sessuale è associata a bassi punteggi dell’indice di valutazione del benessere generale di vita del paziente, un fattore che viene indagato da molti test di valutazione clinica.

Tuttavia le persone con gravi disagi psichici trovano molte difficoltà a esprimere il loro bisogno d’intimità perché hanno minori conoscenze ed esperienze sessuali e tendono a percepire la propria sessualità come un qualcosa d’irraggiungibile o come un bisogno secondario da contenere e nascondere; dunque, la loro insoddisfazione sessuale e relazionale è un dato di fatto che interferisce notevolmente con la realizzazione di una vita appagante e soddisfacente. Lo psicotico tende a chiudersi in se stesso a causa dello stigma e dei pregiudizi negativi con cui deve confrontarsi, inerenti alla sua sessualità e alle sue relazioni: la società è incline ad attribuire al malato mentale, l’etichetta del “matto”, considerandolo un emarginato cittadino di serie B. Questo contesto determina in colui che è affetto da gravi disagi mentali, l’interiorizzazione dei pregiudizi negativi e lo sviluppo di un senso di inadeguatezza. Il malato mentale così, sceglie di condurre uno stile di vita solitario, che non solo è associato ad una minore probabilità che la malattia possa migliorare, ma anche ad una bassa qualità di vita.

Sarebbe utile indirizzare la società verso una considerazione più umana del “malato mentale”, informandola del fatto che le persone psicotiche possono avere gli stessi bisogni relazionali e sessuali di un qualsiasi altro comune cittadino. Favorire lo sviluppo di empatia da parte della comunità e degli specialisti, potrebbe determinare una riduzione delle false credenze, quindi un atteggiamento globale maggiormente integrante, determinando il crollo degli stereotipi interiorizzati e promuovendo interazioni relazionali e intime.

Ringrazio per la collaborazione la dottoressa Martina di Juvalta

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