Le scarpe di Achille Lauro e le balle di #GigioContapalle

Se c’è una costante nella Storia d’Italia è rappresentata dai Venditori di Pentole, dagli imbonitori un tanto al chilo, da chi la spara più grossa per un pugno di voti. La cosa straordinaria è che gli italiani ci cascano sempre. L’esperienza non li vaccina. Ci vorrebbe una terapia di popolo, una seduta psicoanalitica più che della sapienza degli storici per capire il comportamento dei cittadini di questo Paese.

L’attuale venditore di pentolame, in arte Gigio Di Maio, è imbarazzante a tal punto che i bambini ridono quando guardano il telegiornale, non chiedono più ai genitori di cambiare canale e di vedere i cartoni animati. Luigi e Matteo Salvini sono meglio di Gianni e Pinotto, di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, di Stanlio e Ollio. In futuro Gigio lo trasmetteranno anche su Boing insieme a Peppa Pig e ai Puffi, nella parte del Puffo bugiardo.

Un recentissimo titolo di Tg La7, il telegiornale di Cairo, è stato, pochi giorni fa: Di Maio: L’Iva non si tocca. Salvini: sicuramente non aumenta. È una non notizia che infonde però sicurezza. Le non azioni sono la nuova politica di governo. Non farò questo, non farò quello. L’elenco delle cose che non saranno fatte sarà discussa nel Consiglio dei ministri insieme a quelle che si dovrebbero fare, ma comunque non saranno fatte. È un marketing malato che provoca nausea.

“Chi l’ha messo lì quello?” “Quando finisce di prenderci per il culo?” sono le domande più ricorrenti tra la gente. Gigio ha detto che se non ci saranno i soldi per erogare i 780 euro del reddito di cittadinanza dal 2019  sarà giusto considerarlo un buffone. Se lo dice da solo… Per risanare le finanze pubbliche a colpi di tweet e di proclami di Facebook, ha promesso che sarà abolita la povertà.

Che dire? È impossibile persino commentare. Gigio può sbaragliare tutti i contapalle, ne ha i numeri. Da Berlusconi con la promessa della eliminazione dell’Ici e della social card ad Achille Lauro che per diventare sindaco di Napoli regalò ai potenziali elettori una scarpa con la promessa di dare anche la seconda se fosse stato eletto. Il reddito di cittadinanza di Gigio, senza copertura finanziaria, senza il supporto di un spiegazione sul modo in cui il governo troverà i soldi, sono peggio delle scarpe di Lauro. Lui almeno una scarpa prima delle elezioni l’ha data. Il sedicente reddito di cittadinanza verrà versato, se ci sarà, solo da marzo, poco prima delle elezioni europee. Da un voto per due scarpe, a un voto per 780 euro (forse…).

Post scriptum

Ho fatto un esperimento. Vediamo se qualcuno ha capito, grazie a una memoria prodigiosa. No? Ecco un aiutino per gli smemorati. Il testo che avete appena letto è tale e quale quello pubblicato sul suo blog (leggere per credere) da Beppe Grillo il 14 marzo 2014, alla vigilia delle elezioni europee, in era renziana. Titolo incluso.

Al posto del nome “Renzi” o del nomignolo “Renzie” ho semplicemente messo quelli di Luigi “Gigio” Di Maio, il pupillo di Grillo. Al posto degli 80 euro che Renzi, di certo cattivo esempio di modestia, aveva promesso (e in verità poi versato in alcune buste paga), c’è dieci volte tanto: i 780 euro del reddito di cittadinanza promesso da Di Maio & c.

Quattro anni e mezzo fa Beppe sosteneva che per gli 80 euro “renziani” non ci sarebbe stata copertura finanziaria; nulla dice ora sulla copertura dei 780 euro che il suo Gigio ha sparato senza spiegare dove saranno trovati. Infatti ai giornalisti parlamentari è stato impedito (in pieno clima oscurantista, per usare un eufemismo) di fare domande durante la conferenza stampa del governo pentaleghista sulla manovra economica, definita sobriamente dagli autori “manovra del popolo“.

In teoria il reddito di cittadinanza dovrebbe essere destinato a 6,5 milioni di italiani definiti indigenti. Se ognuno dovesse prendere i 9360 euro l’anno (ovviamente escluse le spese immorali bandite da Gigio) servirebbero più di 60 miliardi. Invece Di Maio ne ha (si fa per dire, perché lo giurano lui e il bullo leghista ) pronti 9 per un anno. Quindi i soldi bastano per dare 780 euro mensili a un milione di persone, qualora tutti dovessero avere diritto alla cifra piena senza detrazioni. Altrimenti – dividendo i soldi teoricamente disponibili – ognuno dei 6milioni 500mila aventi diritto prenderebbe 115 euro al mese, un terzo di quello che già incassa in media chi riceve il reddito di inclusione introdotto nel 2018 da Gentiloni.

Resta da capire come e chi controllerà che gli ipotetici beneficiari non saranno truffatori o evasori fiscali o finti disoccupati. Intanto gli uffici di collocamento (cioè i 552 centri per l’impiego) sono incasinatissimi. Ogni dipendente (sono 8mila) in teoria dovrebbe trovare lavoro a 360 disoccupati ogni anno. Uno al giorno, circa. Finora grazie a loro trova lavoro il 3,4% e le aziende ormai cercano i dipendenti da sole. Però Gigio presto giurerà che miracolosamente tra tre mesi funzionerà tutto benissimo e che – come nel famoso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci – il “governo del cambiamento” farà lievitare i 9 miliardi (che già non si sa dove prenderà) fino a farli diventare 60.

I maligni potrebbero pensare che Gigio non si è inventato niente di nuovo, con il conforto delle citazioni storiche fatte da Beppe Grillo. I più malfidenti potrebbe sospettare che, come è capitato spesso, per comprare consenso al Sud è stato inventato uno strumento che incoraggia solo il lavoro sommerso e quello in nero, già molto diffusi. Insomma, come direbbe Beppe, a questo punto ridateci almeno le scarpe di Lauro. Entrambe.

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