Dieci anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. È la pena chiesta dalla procura di Avellino per Giovanni Castellucci, attuale amministratore delegato di Autostrade per l’Italia e altri undici dirigenti e dipendenti della società. Sono tutti imputati nel processo per la strage del bus che il 28 luglio del 2013 è precipitato dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa: quaranta le persone che persero la vita. E anche se il processo non è ancora arrivato a sentenza, sulla questione interviene anche il vicepremier Luigi Di Maio: “In attesa che si faccia chiarezza sulla tragedia del Ponte di Genova e alla luce della richiesta del procuratore di Avellino, l’ad Castellucci oggi dovrebbe fare un passo indietro e dimettersi“.

Il pm: “Guadagni da pedaggi ma non ci fu manutenzione” – Il procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, ha chiesto ai giudici “una sentenza giusta, che non consenta a nessuno di farla franca“. “Nulla di tutto questo si sarebbe verificato se Autostrade avesse semplicemente adempiuto al suo dovere contrattuale”, ha detto il procuratore Cantelmo. Spiegando che non ci sarebbe stata nessuna strage se fossero state “compiute con osservanza le attività previste in concessione”, Cantelmo ha poi sottolineato in alcuni passaggi del suo intervento il preminente interesse al profitto di una società che “nonostante i lauti guadagni derivanti dal pedaggio che pagano i cittadini, non ha inteso provvedere alla manutenzione delle barriere del viadotto”. In un successivo passaggio, il Procuratore di Avellino ha censurato anche la condotta difensiva degli imputati: “Hanno scelto il negazionismo: nel rimpallo di competenze e responsabilità, nessuno sapeva niente di Acqualonga”.

Di Maio: “Castellucci si dimetta” – Una requisitoria che viene praticamente commentata in diretta dal ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro su Instagram. “È evidente – dice il leader del M5s – che il sistema delle concessioni così come è ora non funziona più e va cambiato. È necessario puntare i riflettori sulle cose che non vanno. I giornali che nascondono queste notizie  fanno un pessimo servizio di informazione al Paese. Se avessero fatto coraggiose inchieste sullo stato delle autostrade italiane anziché limitarsi a prendere i soldi per le pubblicità dai Benetton, oggi forse la situazione sarebbe migliore”.

La difesa: “Richieste pene sconcertanti” – “Le richieste di condanna appaiono a dir poco sconcertanti, perché non fondate su alcun dato scientifico oggettivo ed in contrasto con quanto emerso in dibattimento”, dice l’avvocato difensore di Autostrade per l’Italia, Giorgio Perroni. “Si contesta ad esempio alle strutture tecniche della società di aver mantenuto sul ponte Acqualonga barriere che pure rispondono ai più elevati standard di contenimento a livello internazionale, verificati non più tardi del 2015 e confermati dagli stessi periti dell’accusa, sulla base di vizi solo di tipo amministrativo”, continua l’avvocato. “La decisione contestata si inserisce peraltro all’interno di un progetto di riqualifica delle barriere stesse, deciso su base volontaria da Autostrade per l’Italia, per il quale la società aveva messo a disposizione dei progettisti ben 150 milioni di euro”.

Autostrade: “Ad ad contestata irregolarità su delibera” – Alla richiesta della procura replica anche Autostrade per l’Italia con una nota in cui “ricorda che quanto imputato all’Amministratore Delegato della società si riferisce esclusivamente a una presunta e denegata irregolarità amministrativa nell’applicazione della delibera assunta nel 2008 dal Consiglio d’Amministrazione che stanziò 138 milioni per la riqualifica delle barriere su varie tratte autostradali. Risorse che vennero richieste e messe a disposizione dei tecnici e progettisti, che portarono avanti i piani di dettaglio in totale autonomia”.

Parte civile ha malore in aula – Poco prima che l’accusa formulasse la sua richiesta di pena, una delle parti civili presente al processo è stata colpita da un lieve malore. Si tratta di Partorina De Felice, sopravvissuta all’incidente nel quale perse il marito,che  ha avuto un mancamento fin quasi a perdere i sensi. Soccorsa dai carabinieri è stata portata fuori dall’aula ed è stata visitata dagli operatori del 118. La donna si è ripresa e ha rifiutato il trasferimento in ospedale per gli accertamenti del caso.

Il processo e gli altri imputati – Con le richieste di pena odierne, la procura ha continuato la sua requisitoria. Nella scorsa udienza era stata il pm Cecilia Annecchini a chiedere al giudice monocratico del Tribunale di Avellino, Luigi Buono, le condanne per gli altri imputati. Dodici anni di reclusione erano stati chiesti per Gennaro Lametta, il titolare della “Mondo Travel” e proprietario del bus, che nell’incidente ha perso il fratello Ciro, autista del mezzo; nove anni per Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli e 6 anni per Vittorio Saulino, anch’egli dipendente della Motorizzazione. Lametta – accusato di concorso in omicidiolesioni e disastro colposo – è responsabile, secondo la procura, non soltanto delle pessime condizioni del bus, immatricolato nel 1985 e con 800mila chilometri percorsi, ma in primo luogo per non aver sottoposto l’automezzo a revisione: se questo fosse avvenuto, ha sostenuto la pubblica accusa, l’automezzo non avrebbe ottenuto l’autorizzazione a circolare. I due funzionari della Motorizzazione Civile sono invece accusati di non aver assolto alle loro funzioni di controllo che avrebbero impedito la circolazione del bus.

Sentenza a dicembre – La differente richiesta di condanna, 9 anni per la Ceriola e 6 per Saulino, si spiega con le attenuanti generiche non concesse alla prima perché recidivaIl perito del giudice che a fine dicembre dovrebbe emettere la sentenza ha sostenuto nella sua analisi che la strage si sarebbe potuta evitare e “derubricare in grave incidente stradale se solo le barriere fossero state tenute in perfetto stato di conservazioneAutostrade per l’Italia però non avrebbe adempiuto a quest’obbligo. Altrimenti la traiettoria impazzita del vecchissimo pulmino turistico, dovuta alla rottura dell’impianto frenante – e poi si scoprirà che il certificato di revisione del veicolo era, secondo l’accusa, fasullo – avrebbe avuto un altro esito, il mezzo “sarebbe stato concretamente trattenuto in carreggiata, fino al suo arresto definitivo”. Per questo motivo i vertici della società che gestisce gran parte della rete autostradale italiana sono finiti a giudizio.  La requisitoria della pubblica accusa continuerà nelle udienze del prossimo 19 di ottobre e il 2 novembre. Il 16 novembre prossimo, invece, cominceranno le arringhe delle difese. La sentenza è attesa per dicembre.

 

Articolo Precedente

Nicky Hayden, condannato a un anno l’automobilista che lo investì e uccise

next
Articolo Successivo

Sanitopoli Abruzzo, Del Turco condannato in via definitiva a 3 anni e 11 mesi

next