È “illogico” il verdetto che in appello ha assolto dal concorso esterno a Cosa nostra l’ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo.  Lo scrive la corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale ha accolto il ricorso della procura generale di Catania e ordinato un nuovo processo d’appello per l’ex presidente della Regione. La corte d’appello – nonostante affermi che Lombardo strinse un “patto” con la mafia per essere eletto “rapportandosi direttamente” con i boss –  sostiene che manca la prova dell’oggetto del “patto” che invece “ragionevolmente”, secondo la Suprema Corte, si può individuare in “favoritismi nell’aggiudicazione” di appalti.

Nei confronti di Lombardo, sottolinea il verdetto della Seconda sezione penale, “si impone l’annullamento” della condanna emessa in appello – il 31 marzo 2017 – che aveva ridotto a due anni di reclusione e 2400 euro di multa per corruzione elettorale, la pena stabilita in primo grado dal gup di Catania che, il 19 febbraio 2014, aveva condannato l’ex leader del Movimento per l’Autonomia a sei anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale.

“È illogico”, rimproverano gli ermellini alla sentenza d’appello, “avere conclusivamente attribuito valore dirimente al presunto mancato accertamento dell’oggetto specifico del patto, che tra l’altro, per essere stato necessariamente stipulato ex ante, non poteva riguardare vicende specifiche, ma solo una generica accondiscendenza del politico alle mire del sodalizio, che i quattro settori oggetto d’indagine (vicenda parchi commerciali, vicenda Safab, rapporti don Di Dio Rosario, rapporto con il Bevilacqua) potevano ragionevolmente lasciare individuare in favoritismi riguardanti l’aggiudicazione di opere pubbliche o l’esecuzione di opere private”.

Adesso Lombardo rischia una condanna più elevata, dal momento che è stato accolto solo il ricorso del procuratore generale di Catania e i motivi di ricorso di Lombardo non sono stati nemmeno esaminati per “incompatibilità logica” dato che erano volti ad ottenere “una modifica in melius delle statuizioni” che invece sono “suscettibili di essere modificate in peius all’esito del giudizio di rinvio”.

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