di Giulio Scarantino

L’arte libera e fuori dalle regole, è il filo conduttore della vita di Banksy. Una devozione meticolosa e solenne vocazione, al punto da privare l’arte perfino delle strette cinghie della titolarità. In altri termini, dell’attribuibilità a qualcuno. Ieri, di chi la crea. Oggi, di chi l’acquista.

L’elusivo artista, infatti, oltre a essere tra i maggiori esponenti della street art, è riconosciuto in tutto il mondo anche per la sua capacità di celare la propria identità. Per chi si fosse rassegnato nel cercarla, ecco che l’artista compie una nuova provocazione. All’asta di Sotheby’s, a Londra, tra lo stupore generale, l’opera di Banksy Girl with Baloon dopo essere stata venduta si è autodistrutta.

Girl With Baloon, ingabbiata nei limiti finiti di una cornice, prende vita: fugge e si redime dalla reificazione del pensiero artistico. Nessuna proprietà intellettuale è il messaggio della sua mancata identità, nessuna proprietà materiale è il messaggio di oggi. Quasi, come la riproduzione muta di quella frase: “La poesia non è di chi la scrive ma di chi se ne serve” (Massimo Troisi ne Il postino) forse il messaggio di Banksy è l’ennesima devozione per l’arte priva di regole. L’arte libera.

Torna prepotentemente la sua indole, con l’invito alla street art: lì dove non vigono limiti, solo le larghe vedute della strada, tra i muri dove respirano le sue opere, che si offrono ai passanti senza pretese. Ove l’opera è condivisa e non posseduta dalle grinfie di un proprietario. Solo quella per Banksy è arte: un pensiero inafferrabile, come il palloncino di Girl With Baloon, come l’opera che prende vita per fuggire, come la sua identità sconosciuta.

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