WhatsApp è forse l’applicazione di messaggistica istantanea fra le usate al mondo, Italia compresa. Il suo successo sta nella gratuità, praticità, immediatezza d’uso e mancanza di messaggi pubblicitari. Tra qualche mese non sarà più così. A partire da gennaio 2019 infatti comincerà ad apparire qualche annuncio, inizialmente discreto e pressoché invisibile. La conferma è arrivata negli ultimi giorni proprio da Facebook – che di WhatsApp è proprietaria – ma era nell’aria da diverso tempo. Pare infatti che questo cambio di rotta sia tra le ragioni che hanno spinto il cofondatore Brian Acton ad allontanarsi.

Le pubblicità saranno inserite nelle stories; probabilmente pochi sanno che esistono, visto che a quanto pare le adopera solo il 3% del miliardo e mezzo di utenti WhatsApp. Basti dire, in ogni caso, che funzionano come le più conosciute stories di Instagram e quelle di Facebook: ciò che si pubblica in questa sezione dura al massimo 24 ore (a meno che qualcuno non lo salvi), e occupa una posizione diversa all’interno dell’applicazione – non immediatamente visibile.

whatsapp
(Immagine: Depositphotos)

 

Gli annunci pubblicitari quindi non saranno sbattuti in faccia agli utenti WhatsApp né si metteranno in mezzo alle conversazioni vere e proprie – almeno non dal primo momento. Se ne staranno tranquilli in un angolino poco frequentato, un vicolo buio dove si può anche mettere un cartellone indesiderato senza temere che scateni un tumulto popolare. Poi, se la cosa dovesse attecchire, si vedrà.

Il direttore di Facebook Italia Luca Colombo parla infatti di “nuova frontiera del business”, che si traduce in un meno roboante nuovo spazio da vendere agli inserzionisti, da aggiungere appunto a Facebook e Instagram. Sicuramente a qualcuno potrebbe non piacere, qualcun altro ne sarà apertamente infastidito, ma in fondo sapevamo che sarebbe successo prima o poi. Nulla in rete è del tutto gratuito.

“Sarebbe folle aspettarsi che gli azionisti di Facebook mantengano un sistema di comunicazione per testi, voce e video per sempre. Alla fine WhatsApp dovrà generare profitti“, scriveva qualche giorno fa Alex Stamos, ex dirigente per la sicurezza in Facebook.

Lo sapevamo dal 2014, anno in cui Facebook comprò la piattaforma per 22 miliardi di dollari. Allora l’azienda di Mark Zuckerberg stava ancora crescendo, si stava costruendo un proprio modello di business.  Comunque, non saranno certo le pubblicità nelle stories a fare la differenza. Ci vorrà ben altro per generare profitto, e dunque per il momento l’icona verde sarà ancora una linea rossa sul bilancio di Facebook.

Se l’esperimento dovesse funzionare aspettiamoci più pubblicità nell’applicazione, e magari in posizioni meno discrete. A proposito di riservatezza, invece, l’area delle conversazioni non dovrebbe subire alcuna restrizione: da anni le chat di WhatsApp sono protette con crittografie end-to-end (E2E), un sistema che (in teoria) impedisce a chiunque di leggere i messaggi tranne mittente e destinatario.

Ciò significa, tra le altre cose, che la stessa Facebook non può tracciare i messaggi scambiati fra gli utenti per determinare quali sono gli annunci migliori da mostrare – come fa Google Gmail per esempio. Una vittoria per la privacy, ma un grattacapo per Zuckerberg e soci, che si trovano tra le mani un prodotto meno spendibile per il business pubblicitario.

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