Mal di gola, nausea o vomito, mal di testa, vertigini, bruciore alla gola e al naso, bruciore agli occhi, difficoltà di respirazione e senso di soffocamento, tosse e problemi intestinali. Sono questi i disturbi più frequenti registrati fra le popolazioni dei quartieri limitrofi all’impianto tmb Ama Salario di Roma. Un dossier, quello dell’osservatorio straordinario del Municipio III, composto da membri dell’amministrazione municipale e residenti, che non fa altro che confermare il disagio della cittadinanza che vive a ridosso del centro di raccolta e separazione meccanico-biologica dei rifiuti indifferenziati di proprietà della municipalizzata capitolina. Ben 3.342 le segnalazioni di miasmi raccolte fra il 2 luglio e il 18 settembre, di cui circa il 50% (ben 1.719) vi ha associato anche disturbi fisici, con un picco d’intensità fra il 21 e il 29 agosto, settimana durante la quale ci sono state forti difficoltà nel funzionamento dell’impianto. Il report ha anche rilevato come la mattina il cattivo odore venga percepito nei quartieri più a valle, mentre la sera siano più forti nelle zone più “collinari” (come la borgata Fidene). Lo studio è stato realizzato raccogliendo le schede di 186 rilevazioni effettuate da altrettanti volontari. Le rilevazioni sono effettuate “secondo quanto prescritto dalle ‘Linee guida per la caratterizzazione e l’autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera’, emanate dalla Regione Lombardia e prese a riferimento nel Lazio in mancanza di disposizioni specifiche regionali”. Il campionamento si basa su una “rilevazione percettiva elaborata statisticamente”. Secondo fonti vicine al Campidoglio, la stessa sindaca Virginia Raggi, durante il suo sopralluogo nel tardo pomeriggio del 29 agosto, ha percepito i miasmi mentre la sua auto transitava per il cavalcavia che porta all’impianto, odori poi attenuatisi con l’arrivo a “valle”. I dati elaborati dall’osservatorio non fanno altro che rafforzare le ragioni dei comitati di cittadini i quali, insieme alla giunta municipale guidata da Giovanni Caudo – a capo di una coalizione di centrosinistra che va dal Pd agli ex Sel – il 6 ottobre scenderanno in piazza per chiedere la chiusura dell’impianto, promessa dalla prima cittadina in campagna elettorale “entro il 2019” ma mai davvero avviata.

IL CONTRO-OSSERVATORIO PARTECIPATO – Alla luce delle tante segnalazioni e di una situazione critica che dura da almeno 4 anni – l’ex assessora Paola Muraro fu la prima a promettere la chiusura dell’impianto – avevano fatto discutere le dichiarazioni dei giorni scorsi dell’attuale assessora pentastellata, Pinuccia Montanari, secondo la quale “l’assenza di odori significativi è stata certificata da un verbale redatto dall’Arpa Lazio”. La titolare capitolina dell’Ambiente, tuttavia, si è dovuta prendere a stretto giro la netta smentita dell’ente regionale, che ha specificato come la missiva a cui faceva riferimento “non ha nulla a che fare con l’ordinaria gestione dell’impianto, relativamente alla quale l’Agenzia, nel tempo, ha effettuato ripetuti controlli riscontrando numerose irregolarità, che ha prontamente segnalato alle autorità competenti”. A quanto si è potuto apprendere, Montanari sarebbe pronta a rispondere nelle prossime ore presentando una sorta di “contro osservatorio partecipato” gestito dal Dipartimento Ambiente, in grado di raccogliere “in maniera più vasta” le segnalazioni e i dati sul territorio, visto che quello municipale sarebbe considerato “di parte”.

LE ANOMALIE “GRAVI” DELL’ARPA E L’INCHIESTA IN PROCURA – Sulla vicenda da alcune settimane c’è un’inchiesta della Procura di Roma in corso, anche perché il 9 settembre scorso i carabinieri forestali hanno rilevato diverse anomalie. Nel fascicolo del pm Carlo Villani sono finiti anche i rilievi dell’Arpa Lazio, che all’interno della smentita alle dichiarazioni di Montanari, spiega che “le anomalie rilevate hanno riguardato, tra l’altro, il sovraccarico della vasca di ricezione e l’odore molesto presente tanto in prossimità della vasca stessa come presso l’area di stoccaggio e carico del cdr – autorizzata dalla Regione Lazio il 17 novembre 2017, ndr – e presso i camion fermi all’interno o all’ingresso dell’impianto, nonché la produzione di scarti in percentuali abbondantemente superiori a quelle previste dalle migliori tecnologie disponibili”. Anche l’analisi dei rifiuti “ha dato risultati superiori a quelli di riferimento”. Insomma, una situazione critica amplificata dalla crisi sempre più profonda verso cui sta precipitando la raccolta capitolina. Compito degli inquirenti ora sarà verificare se Ama ha agito all’interno del perimetro delle autorizzazioni, se ha operato correttamente la lavorazione dei rifiuti che fra luglio e agosto hanno invaso le vasche, se l’accatastamento nella “mini discarica” prevista all’interno dell’impianto è avvenuta a norma di legge e che non vi siano stati abusi da parte del Dipartimento o delle strutture dirigenziali della società capitolina.

IL DIRIGENTE USB: “VI SPIEGO I CATTIVI ODORI” – Se i miasmi creano problemi alle popolazioni, figuriamoci cosa accade all’interno dell’impianto. Giovanni Belluomo, esponente del sindacato Usb in Ama, prova a spiegare cosa accade nel tmb. “La vasca di ricezione dove scaricano i camion – racconta – dovrebbe essere chiusa per non fare uscire i miasmi, ma purtroppo gli operatori devono lavorare con le serrande aperte altrimenti lì dentro è impossibile stare”. Inoltre, quando la fossa è piena sembra che i camion siano arrivati a scaricare anche fuori dall’impianto, cosa vietata dalla legge: “Sì abbiamo registrato anche questa cosa, specialmente nel Tmb Salario. Se qualcuno entrasse adesso vedrebbe l’impianto strapieno, con gli operatori che lavorano lì dentro. I rifiuti toccano quasi il tetto, addirittura coprono la sala di controllo”. Altro materiale per gli inquirenti.

LA SITUAZIONE PRECIPITA. PRIVATI ALLA FINESTRA – La battaglia per il ritorno alla normalità nel quadrante Salario potrebbe essere bissata nella zona di Rocca Cencia, nel Municipio VI, dove la scorsa settimana alcuni gruppi di facinorosi hanno inscenato una protesta piuttosto violenta, con cassonetti rovesciati e tafferugli con le forze dell’ordine. Il problema è che con i bandi per il trasporto andati deserti, le trattative per la trasferenza fuori regione ancora in corso e il bilancio di Ama non approvato, la città di Roma sta procedendo verso una graduale emergenza rifiuti, motivo per il quale si sono fortemente raffreddati i rapporti fra Virginia Raggi, l’assessora Montanari e il presidente di Ama, Lorenzo Bagnacani. Da qualche giorno, la Cooperativa 29 Giugno – da oltre 3 anni orfana di Salvatore Buzzi – è stata esclusa dalla raccolta dei rifiuti commerciali e nelle scuole, cosa che ha peggiorato una situazione già critica. E con i conti di Ama a rischio, alla finestra rimane Acea – partecipata comunale con quote di minoranza del gruppo Caltagirone – e soprattutto il Colari di Manlio Cerroni, pronto a riaccendere i motori di alcuni suoi impianti in stand-by, come il trito vagliatore di Rocca Cencia, il tmb di Guidonia e l’inceneritore sanitario di Ponte Malnome.

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