Il dipartimento degli Stati Uniti per il controllo dei beni esteri dell’ufficio del Tesoro (Ofac) sta facendo breccia nel cuore dell’organizzazione jihadista Daesh. Se da un lato gli sforzi militari hanno portato al collasso del califfato autoproclamato da Daesh, con la conseguente perdita di territori e uomini, dall’altro il Tesoro continua a colpire i facilitatori finanziari che hanno dato sostegno a Daesh.

“Stiamo sanzionando le persone coinvolte nella facilitazione per ostacolare e scoraggiare le operazioni finanziarie di Daesh nelle regioni di tutto il mondo”, ha dichiarato Sigal Mandelker, sottosegretario al Tesoro per il terrorismo. “Le nostre azioni coincidono con il decimo incontro del Counter-Daesh finance group (Cifg), che comprende 52 Paesi e organizzazioni internazionali impegnate a interrompere le fonti critiche delle entrate Daesh per impedire in modo permanente l’accesso di Isis al sistema finanziario internazionale”.

Per tutto il 2018, i dipartimenti del Tesoro e dello Stato hanno preso di mira le filiali, i facilitatori e le reti di Daesh in Bangladesh, Iraq, Somalia, Filippine e in tutta l’Africa occidentale e settentrionale. Tra questi spiccano dei nomi come quello di Emraan Ali (con doppia cittadinanza Usa e Trinidad) in quanto coinvolto in trasferimenti di denaro da Trinidad e Tobago in Siria a sostegno di Daesh. A partire da gennaio 2017, Ali avrebbe ricevuto e fornito fondi ai combattenti dell’Isis. Allo stesso tempo Eddie Aleong ha sponsorizzato e fornito supporto finanziario, materiale e tecnologico a Daesh. A partire dal marzo 2018, Aleong, residente a Trinidad, ha facilitato trasferimenti di denaro ai membri del Daesh nel territorio da loro controllato.

Di sicuro il sistema corrotto ha visto coinvolti anche Paesi europei. Il Lussemburgo è diventato uno dei principali centri finanziari islamici in Europa, da dove vengono controllate altre società bancarie, come The islamic investment house di Londra e la Banca islamica internazionale danese, con sede a Copenhagen. Fermo restando che il principale sponsor, il Qatar, avrebbe infatti inviato dei fondi ai movimenti Ansar Eddine, Al-Qaeda au Maghreb islamique (Aqmi) e al Mouvement pourl’unicité et le jihad en Afrique de l’ouest (Mujao).

In merito all’Italia c’è molta attenzione sul sistema hawala, termine che deriva dalla parola araba “Hwl” che significa “cambiare” o “trasformare”. A volte è utilizzato anche come sinonimo di “fiducia”. Il sistema hawala è infatti basato sulla fiducia, in quanto è uno strumento che consente di trasferire denaro o beni. Il trasferimento di denaro con il sistema hawala richiede l’intervento di un operatore hawaladar (broker) nella località di partenza e in quella di destinazione.

I vantaggi di un tale sistema sono diversi: da una parte, esso permette di trasferire rapidamente denaro da una persona all’altra in un Paese straniero, indipendentemente dalla distanza. Dal momento in cui A entra in contatto con l’hawaladar X e gli consegna la somma richiesta, quest’ultimo dà l’ordine di versamento all’hawaladar Y (in genere, via mail, fax o per telefono), il quale si attiva subito per trasferire la relativa somma di denaro a B.

Questo permette dunque di trasmettere dei fondi in regioni isolate nel giro di 24 ore. L’altro vantaggio sta nel fatto che utilizzando una rete hawala si evita qualsiasi forma di tassazione, sfuggendo così ai controlli statali. Una rete hawala garantisce un certo anonimato, le transazioni sfuggono alle regolamentazioni e la loro tracciabilità risulta inesistente.

A confermarlo alcune inchieste come quella su un 20enne italo-tunisino partito da Milano per arruolarsi nell’Isis in Siria che ha ricevuto almeno diecimila euro dall’Italia. Con due passaggi collaudati: tramite un’agenzia di money transfer, i soldi arrivano in Turchia; da lì un complice li ritira e li consegna a uno spallone, che li porta con sé in Siria, attraversando la frontiera in auto o anche a piedi. Il sistema dei money transfer è stato utilizzato anche da Nadir Benchorfi, l’italo-marocchino arrestato dalla Digos di Milano che progettava una strage in un centro commerciale di Sesto San Giovanni, dove si era fatto assumere.

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