“Il ponte Morandi andava chiuso”. Lo ha detto, davanti ai magistrati, il professore Carmelo Gentile, docente del Politecnico di Milano che lo scorso novembre consegnò il suo studio ad Autostrade segnalando le anomalie sul pilone 9 per le “deformate non conformi”. Ascoltato come persona informata dei fatti dal pm Massimo Terrile, Gentile ha spiegato che “Spea (società controllata da Autostrade, ndr) sapeva, aveva calcolato il livello di efficienza che era sotto uno” e “con quel dato il ponte andava chiuso”.

Il progettista del retrofitting – ha spiegato il docente ai magistrati che indagano sul crollo del viadotto Polcevera collassato il 14 agosto – ha fatto “delle valutazioni improprie” ma anche “con quelle valutazioni improprie il ponte era da chiudere”. Il docente ha poi specificato che “a me, però, non diedero tutta la documentazione, altrimenti lo avrei detto anche io”. Spea ha replicato al docente: “Tutte le informazioni necessarie per espletare l’incarico erano state rese disponibili fin dall’inizio”.

Lo studio, firmato da Gentile e Antonello Ruccolo, era stato richiesto da Autostrade per conoscere le condizioni del ponte. Così, scrivono gli studiosi, “durante le notti a cavallo dei giorni 9-11 ottobre e 11-13 ottobre… vengono compiute analisi dinamiche sui piloni 9 e 10” (l’11 era già stato ristrutturato negli Anni 90). Indagini compiute “sia con le prescrizioni” tradizionali, “sia con le più recenti istruzioni internazionali”. In pratica per controllare lo stato di salute degli stralli (quelli che probabilmente hanno poi ceduto) vengono identificati i “modi di vibrare”. Ecco le conclusioni: “A frequenze proprie pressocché uguali dei due sistemi bilanciati corrispondono deformate modali differenti… Tale mancanza di simmetria… è certamente da ascriversi a differenze nelle caratteristiche meccaniche e nell’azione di tiro degli stralli”.

Gentile ha detto di essere “molto addolorato per la tragedia”, di “non riuscire più a tornare sul ponte”. “Ci penso ancora adesso – ha detto il docente del Politecnico – e ogni giorno mi chiedo se avremmo potuto fare qualcosa in più. Ma quando ci commissionarono lo studio si guardarono bene dal fornirmi tutti i documenti, altrimenti con quelle informazioni avrei detto io stesso di chiudere il viadotto”.

All’uscita dalla procura, il docente ha poi dialogato con i cronisti: “Chi ha operato aveva tutti gli elementi per poter stabilire cosa c’era da fare. Il processo che porta ad un rinforzo strutturale è un processo complesso che necessita della conoscenza dell’opera, la valutazione della sua sicurezza per l’utente prima di intervenire e, dopo, l’intervento – ha aggiunto – Se io faccio un progetto e non mi attengo alla prassi della legge non mi viene approvato il progetto”.

Sulla presunta sottovalutazione da parte di Spea, il professore dell’ateneo milanese ha risposto: “Lo dicono i fatti, non lo dico io. Se uno mi fa una richiesta vuol dire che in qualche modo è cosciente della necessità di fare un monitoraggio. Loro hanno dato seguito in una forma un po’ diversa rispetto a quella che noi ci aspettavamo: hanno inserito il monitoraggio nel progetto di rinforzo strutturale, quindi chi avrebbe vinto l’appalto si sarebbe dovuto fare carico anche del sistema di monitoraggio”. Secondo Gentile, “con un monitoraggio interpretato da chi è capace di farlo non so se si sarebbe riusciti ad evitare il crollo ma, è una mia idea personale di cui mi assumo la responsabilità, molto probabilmente si sarebbe evitata la tragedia che c’è stata”.

La controllata di Autostrade ha precisato che il mandato a Gentile “era unicamente relativo all’analisi dinamica degli stralli e alla progettazione del sistema di monitoraggio. Le lievi differenze dei modi di vibrazione degli stralli verificati dal Politecnico tra i due sistemi bilanciati 9 e 10 hanno ricevuto puntuale riscontro da parte dei progettisti Spea, che hanno dimostrato che non era presente alcuna criticità sul viadotto, dandone pronto riscontro al Politecnico stesso”. Il mandato a Gentile, si legge ancora nella nota, “non riguardava il rinforzo delle travi, per le quali il coefficiente di sicurezza era adeguato rispetto alle condizioni di esercizio”.

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