Malgrado tutto, abbiamo bisogno sia di un’opposizione che di una piazza. Malgrado oggi dal palco a protestare contro la cosiddetta deriva “populista” fossero i suoi legittimi dante causa. Malgrado il capitale politico bruciato in un ventennio, la reputazione finita negli abissi, la stima e la fiducia annullate da stili di vita (e di governo) che hanno provocato il più terribile dei paradossi: un partito erede della sinistra classica che vede fiorire, con le sue politiche, milioni di nuovi poveri e che perde il senso della propria ragione sociale.

Un’opposizione vigile, non cialtronesca né demagoga, sceglie le strade proprie per far sentire la sua voce: il Parlamento e anche la piazza. Attiva il confronto, difende così la democrazia e aiuta anche la maggioranza di governo a contenersi. Oggi è stata la volta del Pd, che è divenuto un pezzetto di un mondo, di un popolo senza più cittadinanza, ma che resta l’unico in grado di mobilitare passioni e speranze. Il centrodestra sta naturalmente in silenzio, aspetta che Matteo Salvini lo conduca al governo e presto, alle prossime regionali, verificheremo come tutto andrà secondo tradizione.

E chi mai, se non la sinistra, potrà dire che è vergognoso rispondere al presidente della Repubblica con un “me ne frego dell’Europa”? Chi, se non la sinistra, potrà rammentare agli italiani che il me ne frego ha un solo padre, Benito Mussolini? Chi, se non la sinistra, potrà ricordare a Di Maio che correre al balcone di palazzo Chigi per esultare per la vittoria conquistata con la manovra di bilancio, ha le stimmate del peronismo argentino, di un populismo da quattro soldi, è deriva da reality show?

Chi, se non la sinistra, può denunciare il regalo contenuto nel cosiddetto provvedimento della “pace fiscale”, agli evasori, i furbi, coloro che prendono e mai danno. Il provvedimento più ingiusto, l’offesa più grande al principio di eguaglianza, il solito favore ai soliti noti. Ma chi, se non la sinistra, deve considerare necessario aiutare le fasce più deboli, i poveri e i poverissimi, attraverso un sussidio universale? Perché considerare un lusso evitare che migliaia di famiglie vadano incontro alla fame? E se si ha fame come si fa, cosa si fa?

E sempre la sinistra deve registrare come giusto, possibile, opportuno, detassare coloro, per lo più giovani, privati di una serie di benefit sociali, obbligati, attraverso il sistema della partita Iva, a lavorare il doppio per guadagnare meno della metà degli altri. E la sinistra deve anche considerare che esistono lavori che non sono sopportabili oltre un limite d’età. Non tutti i lavori, ma tanti sì.

Ed è sempre la sinistra che può far capire che il vero reddito di cittadinanza si avrà se si sceglierà la strada degli investimenti per tenere in piedi l’Italia: strade, ponti, ferrovie, manutenzione straordinaria delle periferie e dei centri storici, tutela della terra, dell’assetto idrogeologico. E poi il sapere: scuola, cultura, aumento delle borse di studio e di ricerca, allungamento del tempo pieno. Questa è la crescita. Un’opposizione che veda il giusto, che spinga sul necessario e denunci l’ingiusto, l’improbabile e anche l’azzardo. Un’opposizione ci vuole, e anche una piazza.

Articolo Precedente

In nome del popolo italiano. Cioè uno, nessuno e centomila

next
Articolo Successivo

Se Riace da modello diventa crimine organizzato – L’Istantanea di Caporale

next