I servizi streaming musicali come Spotify costano cari? Probabilmente no, considerando che abilitano l’accesso in streaming a decine di milioni di tracce audio, ma il successo del settore si deve comunque alla possibilità di condividere gli abbonamenti riducendo i costi a pochi euro al mese. Il problema è che le casse delle aziende piangono e quindi non deve stupire che recentemente proprio Spotify abbia deciso di iniziare (apparentemente) a far rispettare le note contrattuali che accompagnano il suo abbonamento “Premium for family”.

È disponibile anche in Italia e consente per 14,99 euro al mese di condividere il servizio con cinque familiari residenti nello stesso luogo. In pratica a fronte di un’inezia, cinque persone possono ascoltare in ogni luogo e con ogni tipo di dispositivo qualsiasi canzone, effettuare ricerche, realizzare playlist, etc. Un bell’affare se si considera che l’abbonamento tradizionale Premium per singola utenza costa 9,99 euro al mese.

Fino ad ora il colosso svedese non si era preoccupato molto di controllare se effettivamente gli abbonamenti fossero condivisi con familiari, amici o sconosciuti. Ma adesso, stando a quanto riportano le autorevoli testate Spiegel e Quartz, avrebbe iniziato a inviare ad alcuni clienti la richiesta di conferma di residenza sfruttando le capacità di localizzazione del browser oppure il GPS dello smartphone.

Sebbene la notifica espliciti che la mancata conferma potrebbe portare alla perdita di accesso al servizio, Spotify ha assicurato a Spiegel che si tratta di una funzione sperimentale per ora senza effetti. “Stiamo sempre testando nuovi prodotti ed esperienze in Spotify, ma non abbiamo ulteriori notizie da condividere riguardo a questa particolare caratteristica attualmente in testing”, ha puntualizzato l’azienda.

Insomma, la svolta non si è ancora concretizzata – Billboard stima che un abbonamento musicale due sia condiviso – ma Wall Street preme. Da quando Spotify è quotata al New York Stock Exchange, ovvero febbraio 2018, è inizia la radiografia puntuale sui suoi ricavi: nel secondo trimestre ha registrato un calo del 12%. A questo punto o decide di aumentare le tariffe oppure a far rispettare le limitazioni imposte dagli abbonamenti. Trattare con le case discografiche per ottenere contratti più vantaggiosi è pressoché impossibile.

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