“Chiediamo contraccezione gratuita e interruzioni di gravidanza economiche e soprattutto senza rischi”. È una rete di donne, medici, operatori della sanità e associazioni che nella Giornata Internazionale per l’aborto sicuro scende in campo con una conferenza stampa alla Camera dei Deputati di Roma per spingere i politici a mettere contraccezione e interruzione di gravidanza nella loro agenda. “Non tornare indietro: molto più di 194!”, questo il titolo dell’evento pubblico della Rete nazionale Molto+diuna194, nuovissima realtà che per la prima volta vede a braccetto professioniste da tutta Italia, dalle attiviste di Non una di meno a realtà più istituzionali tra cui Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione della legge 194/78 (LAIGA), Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), Associazione Ginecologi Territoriali (AGITE) e Società Medica Italiana per la Contraccezione (SMIC).

“Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”, recita il primo articolo della legge n.194 del 1978. “Eppure, oggi in Italia questo diritto è messo a repentaglio su due fronti su cui, mentre in Europa si sta andando avanti, in Italia siamo rimasti all’età della pietra” racconta Marina Toschi, vicepresidente dell’Associazione Ginecologi Territoriali. Due, infatti, le richieste della rete di attiviste: avere tutti i contraccettivi (da profilattici a pillole, anelli vaginali e spirali) rimborsati dal servizio sanitario nazionale e facilitare l’accesso all’aborto farmacologico. “In Italia abbiamo i contraccettivi tra i più costosi d’Europa, troppo cari per tante coppie con difficoltà economiche – continua Toschi – con il paradosso che mentre l’aborto è gratuito la contraccezione è a pagamento”.

Che non tutte le donne che arrivano nei consultori possano pagare la contraccezione lo sanno bene gli addetti ai lavori, tanto che sono più di 63mile le firme a sostegno di una petizione lanciata lo scorso dicembre dal Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole. Una scelta che potrebbe essere anche economicamente sostenibile, come dimostrano i tentativi di distribuzione gratuita – a determinate categorie di persone – fatti da Puglia, Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia. “Invece che rendere la contraccezione gratuita privilegio di alcune regioni, vorremmo che l’Agenzia italiana del farmaco prenda una decisione a livello nazionale”, chiude la vicepresidente di AGITE. Eppure, le oltre 63mila firme della petizione al momento restano ignorate, visto che l’appello non ha ancora avuto risposte da parte delle istituzioni.

Oltre a spingere il versante politico a prendere posizione sulla contraccezione gratuita, la Rete nazionale Molto+diuna194 – durante la conferenza romana realizzata con il sostegno del Trust Nel Nome della Donna – vuole puntare l’attenzione anche sull’aborto farmacologico, una tecnica sicura ed economica che, stando ai dati della Relazione del Ministro della salute presentata a dicembre 2017, nel nostro Paese è impiegata solo nel 15,7% dei casi, “largamente sottoutilizzata, quindi, rispetto agli altri Paesi europei dove l’interruzione volontaria di gravidanza è legale”, precisa Mirella Parachini, ginecologa responsabile del servizio IVG dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma. “Nei Paesi Scandinavi, infatti, siamo 90% di utilizzo – continua Parachini, tra le promotrici di una petizione su questo tema – mentre in Francia più di un aborto su due è farmacologico. In Italia, invece, i numeri sono ancora bassi”. Inoltre, la rete di associazioni chiede di spostare il limite temporale entro cui è possibile ricorrere a questa tecnica da 7 a 9 settimane, come su indicazione dell’Agenzia europea del farmaco, rendendola accessibile in day hospital, ambulatori, consultori attrezzati. “Quel che diremo a Roma – chiude la promotrice della Rete nazionale Molto+diuna194 – è che non si tratta di essere rivoluzionari, ma di spingere l’Italia ad allinearsi con gli altri paesi europei”.

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