I “barbari” sono di attualità? Eccome. Per esempio, vengono citati da chi ritiene che l’origine di ogni male italiano – dalla pressione fiscale alla pressione alta – vada imputato ai migranti che giungono dal Nord Africa e dal Medio Oriente; tanto che si sente e si legge di “nuove invasioni barbariche”. Però nel maggio scorso il Movimento 5 Stelle e la Lega si sono imbufaliti contro un editoriale del Financial Times intitolato Roma apre le porte ai barbari moderni.

Il leader grillino Luigi Di Maio si è chiesto come mai il FT si fosse permesso di insultare i Cinque Stelle. Il leader della Lega Matteo Salvini ha ironizzato, sottolineando quanto sia meglio essere “barbari rispetto a servi che svendono la dignità dell’Italia”. Tuttavia, lo stesso Salvini ha usato spesso il termine “barbaramente” per descrivere l’impresa di qualche criminale. Insomma, è una parola positiva, negativa o neutra?

Non è un caso se – tra polemiche attuali e timori atavici – si sia inserito il tema scelto per parlare di Medioevo a Gubbio (Perugia), dal 26 al 30 settembre, durante il grande Festival, alla quarta edizione. Il titolo: Barbari. La scoperta degli altri. Non sarà mica una delle tante rievocazioni dedicate all’epoca europea che, per convenzione, va dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente (476) alla scoperta dell’America (1492)? No. È un evento per addetti ai lavori e seri appassionati. In programma ci sono conferenze, spettacoli, rassegne e altre occasioni a ingresso libero; però senza folklore inventato a tavolino. Al centro, la Storia con la S maiuscola. E, appunto di barbari, di ieri e di oggi. “Che novità è?”, si domanderà qualcuno. “I vecchi barbari (letteralmente ‘balbuzienti’ per gli antichi greci, cioè coloro che non parlavano la loro lingua, ndr) ci hanno invasi, derubati, saccheggiati, così come oggi vorrebbero fare quelli nuovi”.

È utile una premessa. Il Medioevo è durato un millennio e lì dentro mettiamo di tutto, comprese balle tipo quelle sui “secoli bui”. D’altra parte, coloro che vissero allora – tra cui i nostri padri fondatori di arte, politica, cultura, letteratura – non sapevano di essere “medievali”. Quei dieci secoli sono stati definiti “Medioevo” dagli umanisti italiani del 14° secolo: sognavano di rilanciare i modelli classici romani e greci, quindi cercarono di denigrare l’intervallo tra i tempi antichissimi e il loro tempo. Connotazione dispregiativa che ha avuto consensi fino agli illuministi e, a livello popolare, sino ai giorni nostri: avrebbero trionfato brutalità, oppressione, miseria, terrore, bigottismo, superstizione, ignoranza, anarchia, magia nera e via fantasticando. Al livello intellettuale, l’inversione di rotta c’è stata nell’Ottocento, durante gli anni del romanticismo. Quando nell’epica medievale si cercarono le radici dell’identità delle nazioni europee. Oggi l’idea popolare di Medioevo si gioca tra vecchi pregiudizi e ricerche serie, tanto più da quando la storiografia è attenta alla vita delle persone comuni di allora, oltre che a quella dei potenti, e a quello che resta dell’“età di mezzo” (molto) nel nostro immaginario.

A questo punto torniamo a Gubbio e ai “barbari”. Spiega Federico Fioravanti, giornalista, ideatore e direttore del Festival: “Noi affrontiamo temi di attualità attraverso il racconto della storia. Quest’anno intraprendiamo un viaggio tra popoli e individui, tra grandi migrazioni e difesa dei confini, nel confronto con quelli diversi da noi, che parlano lingue oscure e appaiono o sono spacciati come nemici”. Non sono nemici? “Lo scopriremo a Gubbio. Vogliamo incrociare le storie medievali con quelle contemporanee. Perché, come sosteneva il medievista francese Jacques Le Goff, il Medioevo è la nostra giovinezza e forse la nostra infanzia. Conoscerlo è necessario per comprendere ciò che siamo e quello che potremmo diventare”.

Il 26 settembre il Festival sarà aperto alle 11 dallo storico Alessandro Barbero. Professore, perché oggi si sentono evocare i barbari quando si parla di migranti? “I primi a considerare barbari gli stranieri sono stati i greci, seguiti dai romani, sebbene per i greci gli stessi romani invasori fossero stati barbari. È un approccio ostile continuato finché la dottrina cristiana ha sostenuto che esistono solo esseri umani”. Tuttavia oggi abbiamo in mente, in senso negativo, le invasioni barbariche. O no? “Certo, la caricatura dei cattivi selvaggi, dei predoni che arrivano dal mare. Anche nel mondo musulmano il termine ‘crociati’ ha un significato analogo, visto che i guerrieri cristiani hanno lasciato un segno simile. Certo, nel mondo arabo questa sensazione è stata accentuata negli ultimi secoli dalle incursioni occidentali: da Napoleone al colonialismo. E non sarebbe così diffusa se non fosse usato spesso il ricordo dei crociati per scopi di propaganda ansiogena”.

Questo approccio vale anche in Europa? “Vale in Europa e pure in Italia, dove la paura dei “barbari alle porte” è propinata da certi personaggi per alimentare divisioni e paure. Si tratta di argomenti ancora molto attuali”. Insomma, forse i barbari siamo pure noi, in casa nostra.

Ps: tra i relatori ci sarà anche l’autore di questo post: giovedì 27 settembre, “Lo strano caso di Federico II di Svevia”, ore 15,30.

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