Giancarlo Giorgetti lo aveva promesso: “Il calcio ogni estate offre uno spettacolo indecoroso: se non è in grado di normarsi da solo, ci penserà il legislatore”. Detto, fatto. Il primo intervento è già arrivato, anticipato nel decreto sicurezza che porta il nome di Matteo Salvini, senza nemmeno aspettare la manovra: una stretta sui controlli delle società di Serie A e Serie B,  che in futuro dovranno obbligatoriamente essere sottoposte alla vigilanza di revisori altamente specializzati. Anche se per il momento si tratta di una norma più dimostrativa che effettiva, un messaggio al mondo del pallone e non una rivoluzione, visto che sostanzialmente questi controlli esistevano già. Poi, sempre nel decreto, potrebbero esserci anche novità in materia di giustizia sportiva, in attesa di un pacchetto più corposo dedicato allo sport atteso nei prossimi mesi.

LE NOVITA’ DEL DECRETO – Intanto il primo atto è contenuto in un articolo alla fine del dl Salvini, spuntato fuori all’ultimo momento e non indicato dal Viminale (quindi voluto specificatamente da Giorgetti): “A partire dalla stagione sportiva 2019/2020 possono accedere alla ripartizione della quota dei diritti audiovisivi da assegnare ai partecipanti ai campionati di calcio di Serie A e B solo le società, quotate e non quotate, che abbiano sottoposto i propri bilanci alla revisione legale svolta da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla vigilanza della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob, ndr). Tradotto: dal prossimo anno i conti delle squadre saranno sottoposti al controllo di un revisore indipendente e specializzato (non direttamente della Consob, come invece qualcuno aveva inizialmente interpretato). Per renderlo obbligatorio, il legislatore lo vincola alla distribuzione dei ricavi dei diritti televisivi, che appunto sono normati dal governo (prima con la famosa legge Melandri, poi dall’ultima riforma Lotti).

COSA CAMBIA (QUASI NULLA IN SERIE A) – In realtà la norma voluta da Giorgetti è quasi pleonastica: un obbligo simile esisteva già. L’art. 84 delle Noif (le regole della Figc) prevede che “il bilancio delle società di Serie A, Serie B e Lega Pro deve essere sottoposta alla revisione di una società iscritta nel registro dei revisori legali”. Cosa cambia, dunque? Innanzitutto che l’esito positivo del controllo viene legato ai diritti tv, argomento a cui i club sono particolarmente sensibili, visto che il calcio italiano vive di questi soldi. E poi cambia la “qualità” del controllore: prima un revisore qualsiasi iscritto all’albo, ora solo quelli sottoposti alla vigilanza della Consob. L’Italia ne conta 20: sono i vari Deloitte, Kpmg, Ernst&Young, ecc., i colossi della revisione contabile. L’idea è che un controllo svolto da loro sia più efficace, una garanzia ulteriore rispetto alla vigilanza della Covisoc che resterebbe comunque competente per l’iscrizione ai campionati. In realtà, al netto delle società quotate in borsa che sono sottoposte direttamente alla vigilanza della Consob (Juventus, Lazio e Roma), nell’ultima Serie A l’85% dei club già si appoggiava a questi colossi per la revisione dei bilanci. La norma potrebbe avere una maggiore incidenza in Serie B, ma anche qui – tanto per fare un esempio – il bilancio del Bari (protagonista in estate di un fallimento clamoroso e costretto a ripartire dalla Serie D) era già controllato da uno dei 20 revisori Consob. Nessuna rivoluzione, insomma: solo una forma di garanzia ulteriore, che non guasta. E un messaggio al mondo del calcio.

ORA LA GIUSTIZIA SPORTIVA? – L’altra novità potrebbe essere una rivoluzione sulla giustizia sportiva, almeno per quel che riguarda la querelle dei ricorsi sulle iscrizioni ai campionati, che quest’anno ha toccato il punto più basso dell’ultimo decennio: il governo sembrava intenzionato, per questo tipo di competenze, a cassare il ruolo del Collegio di garanzia (vero pallino di Giovanni Malagò, che invece negli ultimi anni ne ha aumentato a dismisura i poteri), saltando direttamente dalla giustizia federale a quella amministrativa (quindi Tar e poi eventualmente Consiglio di Stato), nell’obiettivo di accorciare i tempi. In realtà la norma potrebbe essere vista come un’invasione della politica nell’autonomia dello sport, ed è attualmente oggetto di trattativa tra Palazzo Chigi e il Coni. Ora o più avanti, però, di sicuro qualcosa sarà fatto: il governo non è più disposto a chiudere un occhio.

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