Tutti consapevoli di essere veneti fin da quando si viene al mondo. Veneti, o per meglio dire leghisti. Il sogno che aleggia nei palazzi veneziani, sotto la gestione della Regione con il marchio di Luca Zaia, si manifesta ormai nelle forme più diverse, salvo poi ricevere le censure costituzionali. Dall’accesso agli asili o alle case di riposo. Dall’obbligo di esporre le bandiere sugli edifici pubblici alla promozione del dialetto al rango di una lingua. Fino alla difesa delle radici culturali, al punto da voler riconoscere il Veneto come minoranza etnica. L’ultima trovata è costituita dal dono ad ogni nato nel territorio veneto della bandiera di San Marco. Di qualsiasi etnia sia, qualsiasi sia il colore della sua pelle, sia figlio di veneti, di italiani o dei sempre più numerosi migranti. L’importante è che il sigillo venga impresso fin dal primo vagito, una specie di battesimo politico prima di quello religioso.

Da un mese giace una proposta di legge regionale, con primo firmatario il consigliere Gabriele Michieletto, esponente della lista Zaia Presidente, quindi un leghista doc. Tra i firmatari c’è anche il presidente del consiglio regionale, Roberto Ciambetti. Prevede che nel 2019 e 2020 ad ogni neonato i sindaci regalino la bandiera che fu della Serenissima e che ora è l’emblema della Regione Veneto. Ma prima di loro, visto che il documento non è stato ancora discusso in commissione, è arrivato il sindaco di Santa Lucia di Piave, un Comune di novemile anime, nella campagna trevigiana che fu culla della Liga Veneta di Franco Rocchetta. Ha annunciato che il dono ai neonati della bandiera di San Marco lui comincia a farlo da subito. Prima che la legge lo imponga.

Il medico Riccardo Szumski è un turbo-sindaco. Nel senso che ne inventa sempre qualcuna delle sue, declinata in rigoroso lessico venetista. Con la fascia tricolore ha sempre avuto un rapporto conflittuale. La Prefettura d Treviso lo ha perfino diffidato per scarso senso istituzionale. Non a caso aveva listato a lutto la bandiera e deposto un mazzo di fiori nel giorno del 150esimo anniversario dell’annessione del Veneto all’Italia. E si è sempre dichiarato un “cittadino italiano di nazionalità veneta”. Adesso ha battezzato “Nasest in Veneto” (Nato in veneto) il dono della bandiera, con finanziamenti privati.

Motivazione: “Valorizzare sin da subito la particolarità del luogo di nascita, storicamente millenario, intessuto di valori morali, paesaggistici, storici e culturali, caratterizzato da una propria lingua, che lo rendono unico nel panorama mondiale e di cui bisogna sempre essere orgogliosi”. A ben guardare il gesto politico si traduce in un sorta di riconoscimento dello ius soli ovvero il diritto a essere riconosciuti cittadini del luogo dove si nasce. In questo caso il Veneto.

Applaude Michieletto, presentatore della proposta di legge regionale che ha un costo di 50mila euro all’anno per l’acquisto delle bandiere. “Il sindaco di Santa Lucia di Piave ha perfettamente interpretato il nostro spirito: stringere i Veneti che verranno intorno al simbolo veneto più antico e rappresentativo, il Leone di San Marco”. Le motivazioni della proposta di legge sono vagamente pedagogiche e conservatrici. In una società “nella quale ogni giorno nascono e fioriscono raffigurazioni di ogni genere, emblemi destinati al dimenticatoio, ma che per la fasce dei più giovani rappresentano modelli da seguire”, non c’è “nulla di meglio di una bandiera di un Popolo, all’opposto di queste figure caduche”. E “nulla, meglio di una famiglia, può trasmettere il valore importante dell’amore verso la propria terra”. I nati in Veneto, per la statistica, l’anno scorso sono stati circa 37mila. Di questi, il 20 percento ha entrambi i genitori stranieri.

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