Sono 15 gli organismi di regolamentazione europei e dello Stato di Washington, negli USA, che hanno sottoscritto un documento congiunto finalizzato a combattere il gioco d’azzardo nei videogiochi. Se vi state chiedendo cosa c’entrano i videogiochi con il gioco d’azzardo, la risposta è: molto più di quello che possiate immaginare. La questione riguarda diversi elementi dei videogiochi, fra cui le dibattute “casse del bottino” o “casse premio” o “loot box”, che sono presenti in molti giochi e consistono in buona sostanza in pacchetti che possono essere acquistati pagando con moneta reale.

I premi contenuti sono quasi sempre nuovi elementi per personalizzare il proprio personaggio, oppure oggetti rari. Chi mastica un po’ di videogiochi saprà che giocando capita spesso di dover comprare le frecce perché è terminata la scorta, o un nuovo scudo per difendersi da un nemico particolarmente ostico. Le “casse del bottino” però sono tutt’altra cosa. Sono pacchetti chiusi, ben confezionati, di cui si ignora il contenuto: potrebbe esserci lo scudo di cui si ha tanto bisogno, così come una manciata di robaccia inutile.

Per intenderci, è come quando andate alla slot machine, infilate la monetina e abbassando la leva sperate che esca un poker di arance, ma in realtà non avete idea di cosa ne verrà fuori. L’esempio della slot machine non è casuale, perché il meccanismo delle “casse del bottino” gli assomiglia sotto diversi aspetti. Il contenuto della casse è sconosciuto, ma soprattutto è casuale, per cui i giocatori spendono soldi senza sapere cosa otterranno; inoltre all’apertura di una cassa suoni ed effetti grafici invogliano i giocatori a ritentare la fortuna.

Ecco perché nel corso degli anni diversi produttori e istituzioni si sono schierati in ordine sparso contro questo meccanismo, che di fatto è progettato come il gioco d’azzardo. Le “casse del bottino” diventano quindi strumenti che aumentano i “rischi derivanti dalla confusione della linea di separazione tra il gioco d’azzardo e altre forme di intrattenimento digitale come i videogiochi”, come sottolineato nella dichiarazione oggetto di questa notizia.

Da non dimenticare poi l’aggravante: le “casse del bottino” sono incluse in molti videogiochi usati da un pubblico di minorenni, e questo come sottolineò ai tempi l’allora Ministro della Giustizia del Belgio, Koen Geens: “in giovane età, è pericoloso per la salute mentale di un bambino“.

La novità è che ora non è più un singolo produttore o una singola istituzione a contrastare il fenomeno, ma un fronte comune di cui fanno parte esponenti di rilievo a vario titolo di Austria, Repubblica ceca, Francia, Gibilterra, Irlanda, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Regno Unito e altri. Purtroppo l’Italia non figura in elenco, e noi auspichiamo che presto rimedi a questa mancanza.

Una loot box di Overwatch. Fonte: Wikipedia

 

Le aree su cui sarà focalizzata la sorveglianza sono le scommesse in denaro all’interno dei giochi, le sopraccitate “casse del bottino”, il gioco d’azzardo nei casinò virtuali che sono proposti da alcune app, e il cosiddetto “uso di contenuti a tema di gioco d’azzardo nei videogiochi per bambini”, ossia i minigiochi in stile poker o slot machine.

Il lavoro consisterà prima di tutto in un “dialogo informato con i produttori di videogiochi e le industrie dei giochi social”, a cui si dovrà far capire che è nel loro interesse sviluppare titoli che non destino preoccupazioni. È un’ottima notizia, ma non dimenticate che nessuna commissione nazionale o internazionale può prendere il posto dei genitori nel controllare i giochi usati dai propri figli: anche se non siete giocatori e questo tipo d’intrattenimento vi è sconosciuto, fate uno sforzo.

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