A leggere i giornali in questi mesi si direbbe che la politica italiana sia sotto l’influenza della scuola di Pangloss, il personaggio col quale Voltaire si fece beffe della scuola leibniziana. Nel Candido il Dottor Pangloss è spettatore di mostruose nefandezze, di cui egli stesso è vittima, e tuttavia resta convinto che ciò che accade, accade per una ragione; poiché non è mai insensato, non ha senso correggerlo: va accettato. Oggi la scuola panglossiana applica l’equivalenza del reale e del razionale innanzitutto in questo modo: la maggioranza degli italiani si sente minacciata dai migranti per motivi del tutto razionali, metterebbero in pericolo sicurezza, cultura, identità. A chi fa notare che una percezione così angosciosa non è affatto razionale, e anzi smentita dalle cifre, un cattedratico filo-governativo ultimamente replicava che la verità è irrilevante: è vero solo quel che il Popolo avverte. E se il Popolo ha l’impressione che i migranti siano ormai il 30% della popolazione e stiano per sopraffarci, questa percezione è la realtà e la politica deve darle risposte. Insomma se gli italiani ritenessero imminente un’invasione dei marziani, il governo farebbe bene a predisporre misure per scongiurarla.

Eppure sbaglierebbe chi ritenesse che i non pochi seguaci del dottor Pangloss siano somari raglianti in cattedra. E’ tutt’altro che uno sciocco, per esempio, Ernesto Galli della Loggia. Polemizzando con Tomaso Montanari, Galli sostiene una tesi che furoreggia da mesi: se non vuole scomparire la sinistra deve prendere sul serio l‘ ‘identità italiana’, categoria di solito spianata dalla destra contro i migranti. Questa ‘identità italiana’ sarebbe “un insieme di caratteri che complessivamente presi sono solo suoi e non di altri luoghi della terra”, “un unicuum” costruito dalla storia. Qui siamo nei paraggi di Oswald Spengler, “il carattere dei popoli” come prodotto delle vicissitudini che quei popoli hanno sperimentato. Il problema è che vicissitudini e orientamenti iscrivibili in quell’unicuum hanno segno diverso. Non sono univoci (lo conferma lo stesso Galli), e anzi spesso appaiono in conflitto. Non avendo un senso identico, possono costruire non un’identità, ma al più un capo di possibilità. Se così non fosse chi volesse profilare un’ ‘identità tedesca’ non saprebbe come spiegare il paradosso per il quale la Germania ha prodotto, a distanza di una generazione, il Terzo Reich e una democrazia tuttora solida.

Panglossiani più espliciti affermano che l’ ‘identità italiana’ sia inconciliabile con ‘l’identità islamica’ (1200 milioni di umani descritti rinchiusi in uno stereotipo) per un’avversione comprovata dalle cronache e dai sondaggi. Il Popolo rifiuta il Musulmano, e poiché il reale è razionale anche la non-destra deve inglobare questa evidenza nella propria politica. Peraltro molta non-destra ha già cominciato, a giudicare da quanto abbiamo ascoltato in questi mesi. Se Salvini saprà scegliere i toni giusti, quando si concentrerà sugli Infedeli probabilmente non si trascinerà appresso soltanto i subalterni – Berlusconi, la Meloni appena bannonizzata e i tre quarti del M5s – ma anche molto Pd, renziani in testa. Aggiungete che le guerre in gestazione tenderanno sempre più a piegare la politica verso la regressione allo schmittiano Amico-Nemico, un terreno sul quale Salvini è a suo agio, e non sarà difficile concludere che per noi portatori di identità italiana non conforme la partita è persa.

Eppure. Come gli individui, così anche i Popoli sono volubili. Ciò che sembra reale e razionale il lunedì, già il sabato non lo è più: vedi i ripensamenti sulla Brexit del Popolo britannico. Ma per produrre ravvedimenti occorre innanzitutto vincere la battaglia delle idee. Il Pd avrebbe gli strumenti necessari, innanzitutto l’accesso all’informazione, ma gli mancano le idee: a parte le trovate tattiche funzionali alle sorti di questo o di quello, il nulla o quasi. Però in Internet o su giornali ‘minori’, lontano dai partiti rappresentati in Parlamento, il dibattito delle idee è vivace, le dinamiche spesso sorprendenti. Ecco un neo-liberalismo deciso a separare le proprie sorti dal neo-liberismo, una sinistra radicale finalmente europeista, un socialismo né vetero né subalterno… e ovunque una disponibilità – spesso timida, talvolta audace – a “ridiscutere tutto” (cito Strisciarossa.it, il sito che ha rianimato il dibattito politico nella sinistra). Le diversità rimangono ma le identità sono fluide, aperte; si intravedono ponti, vie di comunicazione prima inesistenti, possibilità di far nascere una geografia politica nuova dalla decomposizione della geografia precedente. Costruire strumenti per trasformare in una rete europeista quest’area pensante ma inarticolata e poco visibile sarebbe il primo passo per contrastare l’egemonia dei Pangloss.

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