Con le difficoltà commerciali e logistiche che sta avendo l’auto elettrica, parlare di un mezzo a idrogeno come la Hyundai Nexo (regolarmente acquistabile nel nostro Paese) sembra quasi fantascienza. Attualmente in Italia c’è un solo distributore, l’IIT di Bolzano, il che lascerebbe poche speranze per la diffusione questa tecnologia sulle nostre strade.

Eppure qualcosa si sta muovendo, a livello politico. Nelle prossime settimane verrà approvato il decreto che autorizza i 700 bar di pressione per lo stoccaggio dell’idrogeno, rimuovendo di fatto parte della normativa che ostacolava la creazione di una vera e propria (seppur fisiologicamente limitata) rete di distribuzione. Oltre naturalmente ai costi, non proprio accessibili: per costruire una stazione di rifornimento ci vogliono tra gli 800 e i 900 mila euro. Se oltre allo stoccaggio, poi, deve occuparsi anche della produzione, quella cifra diventa più o meno un milione e mezzo.

Comunque sia, anche grazie alle aperture legislative, un secondo distributore sorgerà in futuro a Milano, e successivamente un terzo anche nella Capitale. Città chiave per la nascita di un nuovo progetto di mobilità, sia per l’ampio bacino d’utenza, sia per il fatto che qui hanno i loro quartier generali gli unici due costruttori ad offrire su mercato veicoli passeggeri del genere: Hyundai, appunto, con la Nexo (Milano) e Toyota con la Mirai (Roma).

Premesse logistico/giuridiche a parte, va anche chiarito come la soluzione delle Fuel Cell possa per altri versi aiutare la causa della mobilità a elettroni. Innanzitutto eliminandone alcune criticità, come l’ansia da autonomia e i lunghi tempi di ricarica. La Nexo, ad esempio, ha una percorrenza massima di 666 chilometri nel ciclo WLTP, a fronte di un pieno di idrogeno (costa 70-80 euro) per il quale occorrono circa sei minuti: numeri simili a quelli di una vettura “normale”, anche se ad esempio la normativa ad oggi ancora vieta il rifornimento self-service.

Non vi è dubbio che le nuove tecnologie abbiano bisogno di normalità per attecchire: non far cambiare ai clienti le proprie abitudini, insomma. Ed entrare nell’abitacolo (per la gran parte realizzato con materiali bio) di una Nexo è come aprire una porta sul futuro, con naturalezza. Lo si percepisce nella ripartizione degli spazi e nella disposizione driver-oriented del cruscotto, in ogni sguardo agli schermi touch e alla strumentazione digitale, in ogni gesto che attiva uno dei (tanti) comandi sull’ipertrofico tunnel centrale, che solo a toccarlo comunica sicurezza.

Guidarla, poi, è una sorpresa. Il powertrain ha una potenza di 120 kW (163 cavalli), che a prima vista potrebbe sembrare appena sufficiente per spingere un suv lungo 4,67 metri che pesa oltre due tonnellate (la massa complessiva è di 2.340 kg). La Nexo invece è pronta e scattante, virtù intrinseche della trazione elettrica, e raggiunge i 180 orari di velocità massima. Per percorrere 100 chilometri, il costo è di circa 13 euro.

Un’auto a prova di futuro come questa, nondimeno, non può non strizzare l’occhio alla guida autonoma. Dispone infatti di prodromi come il Lane Following Assist, sistema che la mantiene al centro della carreggiata fino ai 150 orari, e sa accelerare e frenare da sola. Così come uscire da un parcheggio ed entrarci autonomamente.

C’è tutto quel che serve, dunque. E anche di più. Non potrebbe essere altrimenti, visto che per averla bisogna fare un bonifico da 70 mila euro. Nel caso invece l’idrogeno fosse troppo “avanti” per i propri gusti niente paura: Hyundai ha da tempo previsto una road map verde con l’introduzione di varianti ibride ed elettriche della Ioniq e della Kona, e prevede di introdurre altri 18 modelli a basse o zero emissioni da qui al 2025, coprendo tutti i segmenti di mercato.

HYUNDAI NEXO – LA SCHEDA

Il modello: è il nuovo sport utility a idrogeno della casa coreana, dopo Tucson e ix35

Dimensioni: lunghezza 4,67m; larghezza 1,86 m; altezza 1,64

Motore: elettrico Fuel Cell da 120 kW (163 Cv)

Consumi: 0,95 kg di idrogeno per 100 km

Autonomia: 666 Km

Prezzo: 69.450 euro

Ci piace: Dinamica di guida, silenziosità e prestazioni

Non ci piace: prezzo alto, ma in questa fase embrionale non potrebbe essere altrimenti

Articolo Precedente

Jeep Cherokee, la prova de Il Fatto.it – Il segreto è nel prezzo – FOTO

next
Articolo Successivo

Kia Sportage, la prova de Il Fatto.it – L’ibrido la fa bella – FOTO

next