Il voto del Parlamento europeo che ha approvato con maggioranza di due terzi la relazione Sargentini sulla minaccia allo Stato di diritto in Ungheria rappresenta uno spartiacque in vista delle Europee del maggio 2019. Mancano ancora otto mesi alle elezioni che cambieranno la composizione delle istituzioni a Bruxelles, ma quella del 12 settembre non può essere considerata una plenaria qualsiasi: i rappresentanti hanno preso posizione su uno dei personaggi in grado di spostare gli equilibri quando i cittadini europei saranno chiamati alle urne, il Primo ministro ungherese Viktor Orbán.

Gli occhi erano puntati soprattutto sulla strategia del Partito popolare europeo (Ppe) di cui Orbán fa parte: dopo la candidatura alla presidenza della Commissione avanzata dal capogruppo Manfred Weber, che aveva dichiarato di volersi avvicinare al premier ungherese e ai suoi partner del Gruppo di Visegrád, salvo poi sostenere la relazione della deputata dei Verdi Judith Sargentini, e la decisione di Forza Italia di votare a sostegno del leader di Fidesz, la maggioranza dei Popolari, nonostante non ci fosse stata alcuna indicazione, ha deciso di votare “Sì” all’applicazione dell’articolo 7 nei confronti dell’Ungheria, come anticipato da Ilfattoquotidiano.it.

Un voltafaccia che, oltre a spaccare nuovamente il principale gruppo politico del Parlamento europeo, potrebbe incrinare definitivamente i rapporti tra Orbán e i suoi colleghi del Ppe. I membri di Forza Italia sono corsi immediatamente ai ripari. Il Presidente del Parlamento europeo, Antono Tajani, si è astenuto dal voto in quanto capo dell’istituzione, ma ha parlato di decisione “severa” nei confronti dell’Ungheria. Già in mattinata aveva annunciato il voto negativo del suo partito:  “La posizione di Fi è chiara – ha dichiarato ai microfoni di Radio24 -: non ci sono i requisiti per avviare la procedura prevista dall’articolo 7. Nulla contro Malta o la Slovacchia dove ci sono governi di sinistra ma sono accadute cose ben più gravi? Non si possono avere due pesi e due misure. E’ una difesa dei valori o è un attacco politico nei confronti del Ppe?”. Dopo il voto è intervenuta anche la Senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli: “Così facendo, la Ue produrrà più danni a se stessa che non al governo ungherese che gode della fiducia dei suoi cittadini – ha detto – Se l’Europa si dissocia dalla volontà popolare, non meravigliamoci se poi i popoli si dissociano da questa Europa. Al premier Viktor Orbán esprimiamo la nostra solidarietà politica”.

La maggior parte del gruppo, però, ha appoggiato la relazione, compreso Weber che così imprime una direzione precisa alla sua candidatura: rimanere sulle posizioni dei Popolari, diminuendo il rischio di subire una bocciatura dal suo stesso gruppo in fase di un’eventuale nomina come Spitzenkandidat, ma col rischio di perdere l’appoggio di uno dei leader che potrebbero veramente spostare gli equilibri della prossima maggioranza. Se il voto del Ppe creasse una spaccatura insanabile con il premier ungherese, spingendolo tra le braccia della grande coalizione sovranista ed euroscettica che starebbe nascendo in Europa, l’unica soluzione sarebbe quella di compattarsi con i liberali di Alde, che dovrebbero guadagnare seggi con l’entrata in scena di Emmanuel Macron, e i Socialisti che, invece, sono in caduta libera in gran parte d’Europa. Esattamente la situazione auspicata dal Presidente francese: una grande coalizione europeista opposta all’avanzata dei leader sovranisti.

L’ala euroscettica non vuole perdere l’occasione di portare nella sua coalizione i numerosi seggi che il premier ungherese è in grado di spostare. Sanno bene che un Orbán in più, unito alla crescita in tutta Europa dei partiti nazionalisti, come testimoniato anche dalle recenti elezioni in Svezia, può fare la differenza a maggio. Non a caso, subito dopo l’esito del voto, Matteo Salvini non perde l’occasione per strizzare l’occhio al leader di Fidesz: “Il coraggioso discorso di Viktor Orbán al Parlamento europeo: ‘L’Ungheria non cederà a questo ricatto e proteggerà i propri confini’. Tutta la mia vicinanza. NO alle sanzioni, NO a processi a un governo liberamente eletto”. Gli fa eco, in maniera più esplicita, il capogruppo della Lega al Parlamento europeo, Mara Bizzotto: “Le sanzioni contro Orbán e l’Ungheria votate dal Parlamento Europeo sono una pagina bruttissima per la democrazia e l’intera Europa. Orbán è vittima di uno squallido agguato politico orchestrato dalla sinistra filo-immigrati e dalle lobby di potere della Ue. Che una parte consistente del Ppe si sia prestata a questo linciaggio politico contro uno dei suoi leader è sotto gli occhi di tutti: spero che Orbán , dopo questo affronto, molli il Ppe ed entri a far parte del nuovo blocco identitario e sovranista che stiamo costruendo in vista delle Europee del 2019”. Bizzotto lancia poi l’allarme per l’Italia: “Il voto di oggi crea un precedente pericolosissimo. Dopo l’Ungheria di Orbán e la Polonia di Kaczyński e Morawiecki, nei prossimi mesi la sinistra e la Ue metteranno nel mirino anche l’Italia, il nostro Governo e il nostro leader Matteo Salvini. Non so se gli amici 5 Stelle abbiano compreso questo rischio”.

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