“Sul ddl Pillon è in corso un confronto all’interno della maggioranza: ci sono alcuni aspetti che secondo noi meritano un approfondimento”. Due giorni dopo le polemiche sul contestato disegno di legge che riforma “affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, i 5 stelle sono intervenuti con una nota in cui dichiarano di voler cambiare alcuni aspetti. Il testo, a prima firma del senatore leghista Simone Pillon nonché organizzatore del Family day, è stato incardinato in commissione Giustizia lunedì 10 settembre e intende applicare parte del contratto di governo Lega-M5s. Ma non tutti dentro il gruppo grillino sono pronti a digerire la proposta. “Arriveremo in breve tempo ad un pieno accordo sul testo e andremo avanti con determinazione”, ha dichiarato il capogruppo a Palazzo Madama Stefano Patuanelli. Poche parole che nascondono un confronto serrato e malumori crescenti nel gruppo, come rivelato da fonti interne a ilfattoquotidiano.it: l’avvio dell’iter del ddl è stato chiesto direttamente dai vertici della Lega ed è stato favorito dal fatto che la commissione è a guida del Carroccio, ma il gruppo M5s non intende dare il proprio appoggio se prima non saranno fatte modifiche consistenti al provvedimento.

Intanto continua la mobilitazione delle opposizioni. Le donne democratiche dell’associazione TowandaDem hanno scritto alle colleghe della maggioranza per chiedere di fermare il disegno di legge sull’affido condiviso il cui iter è cominciato questa settimana al Senato. Il provvedimento infatti, secondo le esponenti democratiche, “stravolge il diritto di famiglia vigente” in Italia; “mina alla base lo sviluppo armonico di bambine e bambini figli di coppie separate, costringendoli a vivere scissi in tempi paritetici tra genitori”; “aggrava i costi della separazione inserendo obbligatoriamente la figura del ‘mediatore familiare’, che è a carico di chi si separa”. “L’art. 11 del progetto di legge prevede poi – si legge ancora nella lettera delle donne democratiche – che chi non ha la possibilità di ospitare il figlio in spazi adeguati non ha il diritto di tenerlo con sé secondo tempi ‘paritetici’. Dunque, il genitore più povero rischia di perdere anche la possibilità di vedere il figlio”. “In buona sostanza – osservano – si rischia che per questioni economiche siano sempre meno quelli che potranno separarsi, mentre aumenterà il numero di figli costretti a vivere con due genitori che si odiano”. Ma secondo Towanda il ddl ora all’esame della commissione Giustizia del Senato presentato dal leghista Pillon “riconosce in una legge dello Stato la PAS, ovvero la sindrome di alienazione parentale, un “costrutto psichiatrico” introdotto da Richard Gardner che, nonostante ne sia stata decretata l’ infondatezza scientifica a livello internazionale, in Italia ancora oggi, tende ad essere utilizzata contro le donne. E in questo caso le norme del ddl Pillon fanno carne da macello dei diritti dei minori a cominciare da quello di essere ascoltati. In caso di PAS infatti possono essere posti dal giudice in una casa famiglia in attesa che “il mediatore familiare” ricostruisca il loro rapporto con il padre”. “Infine – conclude la lettera con la quale si chiede lo stop del ddl – vogliamo dire basta alla retorica sui padri separati, che nella narrazione pubblica sono le uniche vittime e in stato di povertà. Nella separazione è tutto il nucleo familiare che si impoverisce. Ma le donne molto spesso “non dicono”, non denunciano la violenza economica e psicologica che subiscono nella separazione”.

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