“È da sciocchi non essere preparati agli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. Eppure in Italia, uno dei Paesi più a rischio in Europa, il dibattito è praticamente scomparso”. Quando Valentina Barletta, geofisica dell’Università Tecnica della Danimarca, ha pubblicato i risultati del suo studio che potrebbe aiutare a prevenire o ritardare il crollo della calotta polare antartica occidentale all’interno della prestigiosa rivista Science sono stati in tanti i giornalisti a chiamarla. Americani, inglesi, olandesi, qualche tedesco. Nessun italiano. “L’Italia? Ci torno solo per le vacanze di Natale. Non di più”, racconta.

Valentina ha iniziato il suo PhD nel 2004 all’Università di Milano. Ha capito che il suo futuro era all’estero in un momento preciso: quando i giudici del Tar hanno emesso una “sentenza ridicola contro noi ricercatori precari che protestavamo contro l’ennesimo concorso truccato. Lì ho perso definitivamente fiducia nelle istituzioni italiane”, ricorda.

Dopo aver girato tanto per lavoro tra Stati Uniti ed Europa Valentina nel 2011 decide di trasferirsi in Danimarca accettando al Dtu Space, la Nasa danese, un posto a tempo determinato. “I danesi mi hanno accolto bene – racconta –. Qui non è facile, ma di certo è una passeggiata rispetto alla nostra vita precedente in Italia”. L’arrivo in ufficio con i mezzi pubblici, il mare, i colori della città, il verde. “La differenza principale è che qui respiro molto meglio e praticamente non soffro più d’asma – racconta Valentina –. Quando ho vissuto a Milano ho avuto la sensazione di essere in una città grigia e triste; qui invece è tutto colorato, pieno di parchi e bambini che giocano. Anche solo vederli ti solleva lo spirito”. Copenaghen è a misura d’uomo, “ci sono palazzi bassi e piccoli supermercati in ogni quartiere”. I mezzi pubblici funzionano bene, le piste ciclabili sono ovunque e il traffico è scarso (“ma non per i danesi!”). La priorità della gente, insomma, “non è guadagnare, ma vivere bene”.

Qui respiro molto meglio e praticamente non soffro più d’asma

Del settore pubblico ci si può fidare, anche se a volte “i danesi sono pasticcioni”. In Italia, al contrario, “cresci con l’idea che chiunque è sempre pronto a fregarti, specialmente gli amministratori pubblici – continua Valentina – La sensazione è che da noi ci siano molti meno imbranati e molti più furbetti”.

Costi? Mica poi tanto diversi. “È chiaro che se vieni in vacanza in Danimarca i prezzi si alzano tantissimo”. Ma viverci è un’altra cosa: “Qui come post doc si arriva a tremila euro netti al mese, l’affitto in centro costa meno di mille euro e potevo anche pagarmi il mutuo. A Milano potevo sperare in 1.300 euro, e con quelli non ci vivi. Quando in Italia con il mio contratto precario ho chiesto un mutuo in banca non mi hanno offerto nemmeno un caffè”.

Guardare l’Italia dalla Danimarca a volte si rivela sconcertante. “Non sono più aggiornata sulla situazione accademica. Quando l’ho lasciata io il problema peggiore erano i baroni e tutti coloro che li difendono. Beh, se quelli ci sono ancora allora non c’è molto da discutere”. Il continuo movimento di cervelli è una risorsa, certo, “ma solo in fase di apprendimento – continua Valentina –. Quando raggiungi i 30 anni e sei costretto a muoverti continuamente all’estero non puoi mettere radici, avere una famiglia, come nel mio caso”. I giovani che hanno voglia di girare il mondo, insomma, “fanno benissimo a muoversi e a fare esperienze diverse: poi a un certo punto è meglio fermarsi, pensare a un futuro stabile. Ma questo per la maggior parte è impossibile”.

La sensazione è che in Italia ci siano molti meno imbranati e molti più furbetti

La domanda più corretta sarebbe come fare per attirare talenti stranieri. “In primis imparare l’inglese – sorride Valentina –. Poi adeguare i servizi, aumentare salari e prospettive di carriera”. Eppure ci sono parecchi ricercatori e lavoratori italiani rispettati e stimati in Danimarca. Ma passa tutto sotto silenzio, “oscurati completamente dalla farsa politica italiana”.

Valentina confessa di essersi via via disamorata del lavoro di ricercatore, se “in realtà deve passare il 90% del suo tempo a fare altro, tipo cercare fondi”. E la situazione della ricerca scientifica in Europa “non è rosea come potrebbe apparire”. Il futuro è al 90 % in Danimarca, con l’obiettivo di continuare il lavoro di ricerca. Per Valentina “di questi tempi, con l’aria di xenofobia che tira in tutta Europa essere emigrante è abbastanza snervante”, continua. “E sentire slogan del tipo ‘ci rubano il lavoro’ da parte dei miei connazionali fa davvero arrabbiare”. Dopo tutto quello che ha passato Valentina non vuole tornare a vivere in Italia, né a lavorare. “Solo a pensarci – conclude – mi vengono i brividi”.

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