“L’Unghieria di Orban alza muri di filo spinato e rifiuta i ricollocamenti. Per quello che mi riguarda chi non aderisce ai ricollocamenti non ha diritto ai finanziamenti europei”. Luigi Di Maio, intervistato da la Stampa, ha affrontato la questione immigrazione dopo il caso Diciotti e soprattutto alla vigilia dell’incontro tra Matteo Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban in programma a Milano per il 28 agosto. Il leader 5 stelle, come già anticipato dai capigruppo M5s in una nota, ha preso le distanze da quel colloquio che, hanno scritto i suoi, “non è istituzionale ma solo politico”: una mossa fondamentale tra le altre cose per calmare gli animi all’interno del gruppo parlamentare sempre più agitato per le politiche dell’esecutivo Lega-M5s in tema di sbarchi. “Noi le quote le accettiamo”, ha detto il vicepremier sempre a la Stampa. “Tanto è vero che i migranti della Diciotti sono arrivati perché Malta prima ci ha chiesto una mano, poi ci ha chiuso i porti. Non ci siamo tirati indietro, ma la solidarietà deve essere una missione europea. Non solo italiana”. Parole simili sull’Ungheria erano state pronunciate a giugno dal presidente della Camera M5s Roberto Fico (“Se Orban non vuole le quote sia multato”, aveva detto) e il fatto che Di Maio riprenda la posizione di una delle voci più a sinistra dentro il Movimento è un segnale rilevante nelle dinamiche interne M5s.

Nelle ore più delicate del caso Diciotti, mentre Salvini-Di Maio-Conte continuavano compatti sula linea del “non scende nessuno dalla nave senza l’intervento di Bruxelles”, non sono mancati i malumori e le prese di posizione all’interno del gruppo 5 stelle. Non sono mancate le richieste di chiarimenti e le prese di posizione pubbliche di una parte del Movimento. La fronda si è calmata una volta risolto il caso e soprattutto dopo la presa di distanza da Orban. Anche se le perplessità sono destinate a ritornare fuori non appena ci sarà un nuovo salvataggio in mare e si dovrà riaprire la discussione su come gestire i migranti in arrivo: “Ora dobbiamo individuare procedure standard”, ha detto Di Maio. “E avendo capito che è inutile rivolgersi a Bruxelles o alla Commissione europea, tratteremo direttamente con i singoli Stati. Ma se l’Europa continuerà a non ascoltarci metteremo il veto sul bilancio e su tutti i dossier su cui è possibile farlo”.

Gli occhi di Di Maio e del Movimento sono ora puntati alle prossime elezioni Europee. Motivo per cui la gestione dei migranti a livello comunitario, mai come oggi sembra un obiettivo difficilmente realizzabile. “Molti governi”, ha dichiarato Di Maio, “ci attaccano chiamandoci populisti, senza rendersi conto che hanno le ore contate. Alle prossime elezioni europee prenderanno una batosta memorabile. Anche in Francia, Germania o Spagna i cittadini che la pensano come noi sono la maggioranza. Persone che hanno problemi profondi. A cominciare dalla povertà”. E a proposito del rapporto dell’Italia con gli altri Stati membri, il ministro ha risposto: “Non credo che” in Europa ci detestino. Credo che i singoli Paesi europei si siano sempre fatti gli affari loro e che l’Italia sia sempre andata in soccorso di tutti. Ora il vento è cambiato. Le contraddizioni stanno venendo fuori”. Il ministro dello Sviluppo economico ha citato la Spagna “che ci fa la morale ma ha rimandato i migranti in Marocco e ha chiesto aiuto all’Europa a pochi mesi dall’apertura dei suoi porti. Su questo tema l’Ue si gioca la propria credibilità”.

Nel merito dell’indagine di Agrigento e del coinvolgimento del ministro dell’Interno Matteo Salvini, Di Maio ha ribadito che non deve dimettersi: “L’indagine di Agrigento è un atto dovuto. Perché le decisioni prese a proposito della Diciotti facevano capo al Viminale. Ma le scelte del governo sono state condivise”. Il leader del Carroccio, secondo il leader M5s, non deve fare un passo indietro: “Fa l’interesse della nazione” e “quando sarà il momento lo spiegheremo ai giudici con i quali non ci vogliamo certamente mettere in contrapposizione. Sono logiche del passato che non ci appartengono e dalle quali prendiamo le distanze. È giusto e normale che i giudici facciano serenamente il loro lavoro”. Il caso Diciotti “è stato un chiaro segnale al mondo per dire che l’Italia fa sul serio sulla redistribuzione dei migranti. E i giorni passati per risolvere il caso sono serviti a trovare la soluzione migliore per chi era a bordo. Persone che invece di finire in un lager come il Cara di Mineo avranno sistemazioni dignitose”, ha concluso, “Albania e Irlanda hanno dato uno schiaffo ai grandi d’Europa. E anche la Chiesa”.

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