Non solo Autostrade. Il governo intende rivedere le concessioni relative alle reti del gas, dell’elettricità, della telefonia. E pure: quelle ferroviarie, radiofoniche, dell’acqua minerale, delle telecomunicazioni e delle televisioni e le derivazioni idroelettriche. L’annuncio è del sottosegretario M5s agli Affari Regionali Stefano Buffagni che ha parlato a il Messaggero a poco più di una settimana dalla tragedia del crollo del ponte Morandi a Genova. “Se qualcuno in passato ha fatto favori a queste aziende concessionarie”, ha dichiarato, “è arrivato il momento di mettere ordine”. Una posizione che era stata in parte anticipata nelle scorse ore dallo stesso sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti e che già ha messo in allarme l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi. Ma alla domanda diretta, se Mediaset dovrà pagare di più, il grillino ha replicato: “Se non ha ricevuto favori non ha nulla da temere”. Sulla nazionalizzazione di Autostrade ha invece rallentato: “Vedo più lo Stato in un ruolo da regista, piuttosto che di gestore diretto”. Quindi ha proposto una regia sulle società di Stato che faccia capo a Cassa depositi e prestiti: “Può svolgere un ruolo di regia della politica industriale”.

“Questa è roba di tutti”, ha continuato Buffagni, “su cui c’è chi ci fa il business con ricavi spropositati. Il privato è sempre il benvenuto, ma noi dobbiamo difendere gli interessi del pubblico. Lo Stato per troppo tempo ha abdicato al governo delle proprie infrastrutture”. Una decisione che colpisce direttamente l’ex Cavaliere? “Noi non facciamo la guerra a nessuno“, ha risposto il sottosegretario M5s. “E non abbiamo pregiudizi. E’ finito semplicemente il tempo dei favori agli amici. In passato, come per le autostrade, sono state fatte valutazioni eccessivamente benevole e stiamo studiando le carte per vedere se esistono i presupposti per aumentare i ricavi a favore dello Stato e dunque dei cittadini”. Quindi più oneri per Mediaset? “Non ho detto questo, chi non ha ricevuto trattamenti di favore può dormire tranquillo. Se la concessione è stata fatta bene, se non ha ricevuto favori, non ha nulla da temere”.

Nello specifico del caso di Genova e quindi la proposta avanzata da alcuni di nazionalizzazione della rete autostradale, Buffagni ha ribadito la linea dell’esecutivo: “Si faranno la valutazione sul rispetto del contratto e sul come ha agito il concessionario, poi si decide facendosi trovare nel caso pronti come Stato alla gestione. Riguardo a Genova, stiamo procedendo con la revoca, visto il disastro che Autostrade ha provocato. Poi vedremo. Non vale il principio che lo Stato è per forza buono e il privato necessariamente cattivo e viceversa. Vedo più lo Stato in un ruolo da regista piuttosto che di gestore diretto”. Una scelta su cui però, anche tra le voci di maggioranza, non mancano opinioni discordanti. Ad esempio il governatore del Carroccio Luca Zaia che nelle scorse ore ha messo in evidenza come la lentezza della burocrazia, senza l’intervento dei privati, rischi di rallentare la realizzazione delle infrastrutture: “Rivedremo il codice degli appalti”, ha replicato il sottosegretario. “Ma quando si realizzano le infrastrutture in questo Paese è necessario combattere con due nemici: la mafia e la corruzione. Non dimentichiamolo. Per Genova comunque verrà fatta una legge ad hoc per garantire i poteri speciali del commissario in una situazione d’emergenza”.

Secondo il sottosegretario M5s, la questione è che finora “lo Stato ha avuto un occhio un po’ molle. Ora le cose cambiano”. E ha aggiunto: “Per chi ha ricevuto favori a discapito della collettività la musica è cambiata”. Per Buffagni, il governo “al contrario del Pd ritiene che lo Stato sociale sia importante e non dobbiamo abdicare ai diritti sociali, considerati anche tutte le tasse che gli italiani pagano. Dobbiamo tornare a essere una comunità di olivettiana memoria. E aggiungo che le società di Stato possono essere volano per la crescita economica”. Qui entrerebbe in gioco la Cassa depositi e prestiti: “Può svolgere un ruolo di regia della politica industriale. Abbiamo aziende come Eni, Terna, Enel, Leonardo, Fincantieri, Saipem, Snam, Italgas eccetera che fanno grandi cose ovunque e sotto la Cdp, che garantirebbe una visione d’insieme, potrebbero essere davvero il volano per investimenti tali da garantire uno sviluppo sostenibile al Paese”. Ma alla domanda se il piano è quella di far diventare la Cassa una nuova Iri, ha replicato: “Non abbiamo nostalgie. Vogliamo far ripartire con una visione di sistema Paese la politica industriale”.

L’intervista, che di fatto riparte da una posizione condivisa tra M5s e Carroccio, ha subito provocato le reazioni di Forza Italia. “Mediaset è la più grande azienda culturale del Paese e non ha nulla da temere da alcun governo”, ha detto il vicepresidente del gruppo Fi alla Camera Gianfranco Rotondi. “Sventolare la revisione delle concessioni da parte del governo è una libera scelta che non diminuirà l’opposizione di Forza Italia a questo governo. In 24 anni di battaglie comuni non ho mai visto il presidente Berlusconi limitato da queste vicende. Né l’azienda è stata mai condizionata dall’impegno politico del suo fondatore: si pensi alle posizioni a favore di Renzi di importanti dirigenti, o alle trasmissioni anticasta in onda su Mediaset, un vero e proprio rullo compressore a favore del Movimento 5 stelle”. La capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, su Facebook, ha invece criticato la proposta di mettere al centro Cassa depositi e prestiti: “L’ennesima strampalata proposta targata 5 stelle, che peraltro già divide la maggioranza, di coinvolgere la Cassa depositi e prestiti per sostituirsi in tutto o in parte a Autostrade per l’Italia, è da scartare. La Cassa gestisce il risparmio postale degli italiani e non può diventare un bancomat cui attingere a piacimento magari anche per far fronte all’esborso a favore di Autostrade per gli anni di concessione che non sarebbero esercitati in caso di revoca”. E ha concluso: “Noi di Forza Italia siamo contrari a un ritorno al passato, allo statalismo, alle partecipazioni statali che hanno ingrossato il debito pubblico, crediamo invece che bisogna guardare in avanti, correggendo ciò che non ha funzionato nel sistema delle concessioni autostradali, in particolare attivando in modo davvero efficace i controlli cui lo Stato non deve mai abdicare. Perché una cosa sono le concessioni e il loro regime di regolazione deciso dallo Stato, altro è quella sorta di appropriazione di beni pubblici che purtroppo si è registrata”.

Segnali di apertura sulla linea dell’esecutivo arrivano invece dal fronte del Partito democratico. Se addirittura l’ex ministra Roberta Pinotti, intervistata su La7 a In Onda, ha detto di essere d’accordo con la decisione del governo di procedere con la revoca della concessione ad Autostrade, il segretario Maurizio Martina ha dichiarato che “non lo escluderebbe”: “Ma per essere seri bisogna analizzarne tutti gli effetti”, ha dichiarato in una intervista a Repubblica, “non il contrario, come ha fatto fino a qui il governo nella sua ansia esasperata di annunci”. M5s e Lega “usano alcuni titoli, come il ritorno delle nazionalizzazioni, con disarmante superficialità e tutta questa propaganda rischiano di pagarla i cittadini. Per me un dibattito serio sulle concessioni, sul ruolo dello Stato e sulla salvaguardia dell’interesse generale andrebbe affrontato. Non so se tutto può ridursi al rapporto tra pubblico e privato”, “ci sono privati capaci di restituire alla comunità più dello Stato. Il punto è come controlli quest’azione nell’interesse generale”. Solo ieri l’ex deputato Alessandro Di Battista aveva scritto su Facebook: “Sulla revoca delle concessioni ad Autostrade il Pd dovrebbe sostenerci”.

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