Voglio fare un breve commento alla tragedia del torrente Raganello, che ha visto la morte di dieci escursionisti travolti da un’ondata di piena. Lo faccio a metà fra l’avvocato e l’abituale frequentatore della montagna, da oramai più di 40 anni.

Diciamo subito che, dal punto di vista penale, una responsabilità la si può rinvenire se gli escursionisti o una parte di essi erano accompagnati da guide. Una guida deve sapere che se il tempo è incerto e minaccia pioggia, avventurarsi nelle gole di un torrente equivale a un potenziale suicidio. Un tempo ebbi modo di vedere una piena in un torrente: una sorta di muro d’acqua che improvvisamente ti si para dinnanzi. E non ti lascia scampo. Un mio caro amico fu travolto in India da una piena che si era formata molti chilometri a monte. Si salvò per miracolo aggrappandosi a un albero, il suo compagno fu trascinato via. Una guida deve sapere questo e se accompagna ugualmente gli escursionisti si configura, nel caso di tragedia, il reato di omicidio colposo. E fin qui la parte legale.

E veniamo al punto di vista di appassionato della montagna. Il giornalista Marco Lillo ha posto al direttore del parco la domanda se esista un piano della sicurezza per il torrente Raganello. Il direttore ha risposto che non esiste.

E vivaddio. Basta, santi numi, dico io, con tutta questa sicurezza. La natura è bella se è luogo di avventura, di fantasia, di scoperta. Vogliamo mettere la Protezione Civile a presidiare le aree naturali o, peggio, la wilderness? Non diciamo sciocchezze. Se mi avventuro lungo un torrente oppure se arrampico o se faccio una ciaspolata o una salita di scialpinismo, io devo conoscere il terreno in cui mi muovo e comportarmi di conseguenza. Ben sapendo che esiste comunque anche l’imponderabile. Se vado con le infradito sul Raganello sono cavoli miei se poi mi procuro una storta o ci finisco dentro. Se taglio un pendio di neve dopo una bufera di vento sono cavoli miei se si stacca una placca e scivolo via, non del Comune che non avverte dei pericoli della montagna.

Ma la cosa più curiosa e più stupida è che da un lato si pretenderebbe la sicurezza, dall’altro si opera per stimolare la gente ad andare nella natura senza alcuna preparazione e conoscenza del terreno. Le montagne vengono riempite di spit e la gente si crede alpinista solo perché fa quelle vie, magari neppure sapendo che tipo di roccia è quella su cui appoggia mani e piedi. In inverno in diverse aree montane è un viavai continuo di elicotteri che portano la gente a sciare in quota col bel risultato di credere che le pareti siano delle piste di freeride. E quanti fanno torrentismo sfidando il tempo atmosferico avverso? Per non parlare della massa di video in rete che esaltano ma anche banalizzano le imprese di Alex Honnold o di quel tale sciatore dell’estremo.

Concludo sentendomi di dare un semplice consiglio al nuovo governo: si dia la giusta importanza alla materia della geografia (divenuta oramai una Cenerentola) e anche alla geografia fisica nelle scuole. La gente cresce senza sapere dove vive: insegniamogli la geografia a partire dai fumi, dalle foreste, dalle capitali, per arrivare alle marmitte dei giganti dei torrenti, alle rocce montonate, ai pendii di neve, fresca, trasformata, ghiacciata. Ne faremo delle persone più consapevoli.

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