Il gravissimo caso del ponte Morandi e l’addebito della responsabilità al concessionario dell’autostrada (Autostrade) – e dunque dell’efficienza delle infrastrutture all’uopo adoperate dagli utenti – sta sollevando vari profili e problemi, determinando una sequela di proclami da parte di esponenti di primo piano del governo (revocheremo la concessione, pagheranno un importo elevato, non possiamo attendere i tempi della giustizia etc.) e reazioni contrarie (vanificano il ruolo della giustizia dando ingresso ad una giustizia sommaria, la revoca comporterà oneri enormi etc.).

Provo dunque a fare chiarezza, quantomeno in punta di diritto, ivi compreso il nesso esistente tra il rapporto negoziale in essere (la concessione), l’evento verificatosi (il sinistro, ossia il crollo del ponte) e ciò che sarà accertato nei conseguenti processi (giurisdizionali in primis: penale e civile; oltre che eventualmente amministrativi).

Una premessa: se Autostrade ha iniziato l’esercizio dell’attività di cui all’oggetto della concessione pur con riferimento a infrastrutture obsolete e datate, è comunque suo preciso dovere farsi carico della loro piena sicurezza ed efficienza.

Partiamo dal primo dubbio: è corretto decidere ora le sorti della concessione ad Autostrade (peraltro incredibilmente ed illegittimamente assegnata senza alcun bando di gara!) in difetto di una sentenza che ne accerti le responsabilità? A mio avviso sì poiché è indubitabile come la responsabilità tout court sia esclusivamente imputabile al “concessionario” Autostrade (a meno che non vi sia nella concessione una clausola di esclusione specifica con riferimento ad infrastrutture quali ponti o altro, clausola che sarebbe stato folle aver inserito; oppure a meno che non venga dimostrato il crollo a causa di un evento fortuito quale ad esempio il fantomatico fulmine) poiché si ricade certamente nella fattispecie dell’applicazione dell’art. 2051 codice civile per responsabilità per cosa in custodia (Cassazione, 29 marzo 2007, n. 7763; Cassazione, 20 febbraio 2006, n. 3651) o in subordine nella diversa ipotesi di responsabilità per danni da esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 codice civile, da cui l’esercente dell’attività pericolosa risponde del danno indipendentemente da ogni sua colpa, dovendo fornire la cosiddetta prova liberatoria, relativa alle modalità organizzative dell’attività, che devono essere idonee per prevenire l’eventualità di eventi dannosi, ovvero provi di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

Responsabilità civile che viene evidentemente accertata in un giudizio civile solo al cospetto di un’azione esercitata dal soggetto danneggiato (es. Presidenza del Consiglio, Comune di Genova, eredi delle vittime, soggetti danneggiati dal crollo etc.), singolarmente o anche in un’azione collettiva. Ma che si tratteggia, detta fattispecie di responsabilità, in abstracto a prescindere dall’esercizio effettivo di essa.

L’accertamento di tale responsabilità per il gravissimo evento (almeno 38 morti) potrà certamente avvenire nel processo penale (individuando i soggetti penalmente, e dunque personalmente, responsabili, in seno ad Autostrade e non solo, non potendosi escludere responsabilità di soggetti terzi “controllori”) ma certamente a seguito di un processo che molto probabilmente sarà lungo e complesso (avendo vari imputati ed un numero elevato di parti offese e poi probabilmente di parti civili), con l’ausilio di almeno una Consulenza Tecnica (certamente ad un collegio di consulenti, al quale sarà demandato un articolato quesito, dopo un termine che non sarà breve). I tempi saranno così molto lunghi (anni), soprattutto se si dovrà attendere una sentenza definitiva.

Quanto al processo civile (eventuale ma altamente probabile e pure con il rischio che ve ne siano molti autonomi) esso potrebbe avere una durata non inferiore a tre anni (questi i tempi ordinari di una causa in Italia), sino anche a cinque in caso di una fase istruttoria particolarmente complessa, come è intuibile possa accadere in questo caso.

Deve dunque il governo attendere molti anni prima di valutare l’opportunità di revocare (per grave inadempimento suppongo, a fronte di un grave evento chiaramente imputabile ad Autostrade) la concessione generosamente ed illegittimamente assegnata (e prorogata) dai governi precedenti? Ne dubito poiché i tempi di risposta della politica devono essere celeri ed in grado di rispondere ai bisogni concreti della gente, tra cui appunto la sicurezza (ivi inclusa la incolumità nel trasporto sulle infrastrutture esistenti, ancorché obsolete).

E’ evidente tuttavia come una risposta “politica” efficiente non possa comunque mai sacrificare i principi di diritto, salvaguardando le posizioni di legittimità delle diverse parti in gioco. In sintesi non si potrà certo revocare una concessione ove difettino i presupposti giuridici (grave inadempimento). Ma non mi pare questo sia il caso.

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