Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), come riporta Paolo Rodari su Repubblica del 31 luglio, dice: “Il razzismo è malattia endemica, riemerge come un virus mai sufficientemente domato” Pochi giorni fa, seduto sul treno davanti a me, un padre spiegava al proprio figlio che avrà avuto dieci o undici anni: “Vedi, l’herpes non guarisce mai completamente. E quando si diventa grandi, diminuendo le difese immunitarie, può ricomparire e fare molto male”. Vi sono dunque fenomeni biologici, psicologici o sociali, potenzialmente maligni, che possono sprofondare in una sorta di stato dormiente fin quando un luciferino principe azzurro li risveglia rendendoli tristemente attivi.

Vigilare sugli “anticorpi” diventa dunque fondamentale per difendersi dal bacio maligno.

Il cardinal Bassetti aggiunge: “Sullo straniero si scarica l’insoddisfazione per problemi che hanno altra natura e che facciamo fatica ad affrontare. Per questo, se non siamo attenti tutti, rischiamo di diventare razzisti”. Queste parole indicano una difesa psichica basilare, la proiezione sull’altro delle nostre stesse angosce, il bisogno diffuso di trasferire fuori di noi il nostro torturatore interno, per liberarcene e per poterlo, a nostra volta, torturare. Questo “meccanismo di difesa” è probabilmente uno dei funzionamenti mentali individuali più primitivi e diffusi ed è uno degli elementi psicologici che contribuiscono al razzismo. Ma il razzismo non è un fatto individuale, è un fenomeno collettivo e di massa, che può attecchire facilmente perché, come ha mostrato Hannah Arendt, chi compie azioni malvagie collettive non è, di fatto, un “mostro”, ma una persona del tutto normale, che conserva una capacità distruttiva allo stato potenziale, in grado di attivarsi in circostanze particolari.

Attualmente in Italia e in parte dell’Europa si accresce, in maniera reale o pretestuosa, la fantasia popolare della perdita di privilegi economici e di status, e questo facilita la convergenza di alcuni elementi come il conferire a un leader l’immagine di uomo della provvidenza, la riduzione della forza dell’opposizione, che oggi in Italia sembra spontaneamente suicidatasi, il potenziarsi dei nazionalismi, l’accrescersi di sentimenti di appartenenza a gruppi integralisti che tendono a distinguere, in maniera manichea e generalizzata, amici interni e nemici esterni.

Gli studi sull’evoluzionismo hanno evidenziato l’esistenza di un sistema motivazionale che ha la funzione di tenere a bada l’aggressività, il Meccanismo di inibizione della violenza (Miv). Questo meccanismo permette che le questioni di competizione sul rango, negli animali, non arrivino, come negli umani, alle estreme conseguenze, ma si arrestino nel momento in cui chi è sconfitto manda segnali di sottomissione. Come dice lo psichiatra Gianni Liotti,“Quello che l’animale vuole è la sconfitta non l’uccisione, il predominio non la distruzione”.

Secondo l’etologo Konrad Lorenz ciò che ha reso gli uomini grandi li ha pure dannati, le funzioni mentali superiori, “derubano” Homo sapiens della sicurezza degli istinti evoluzionisticamente più antichi come il Miv e questo spiegherebbe la doppia faccia dell’essere umano che può innalzarsi a vette immensamente positive nell’amore verso il prossimo, o può creare condizioni di estrema violenza distruttiva.

Incrementare gli anticorpi sociali da parte di ognuno di noi significa: sforzarsi di sentirsi persona e non solo parte di un sistema, lottare, anche con noi stessi, per mantenere alto lo spirito critico e il primato della coscienza, non ottemperare meccanicamente alle regole che ci sembrano eticamente ingiuste, contenere i sentimenti di razzismo o d’intolleranza sul nascere senza cedere alla tentazione di sfruttarli per un qualche vantaggio con il rischio di renderli incontrollabili e dirompenti, non cedere alla spinta di schierarci fanaticamente con ideologie e appartenenze che ci possono sembrare legate al “bene”. In fondo tutti coloro che hanno fatto del male hanno sempre immaginato di farlo per una buona causa.

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