Sbarcati da gozzi, tender, barchini e materassini, un tuffo a mare per raggiungere la mostra fotografica di Andrea De Fusco. Il luogo dell’allestimento era insolito, la spiaggia di sassi dell’isolotto la Lisca Bianca. Non c’era altro modo che quello di buttarsi in un mare verde cristallino per ammirare le polaroid d’artista incorniciate di un legno naturale e incastonate fra le fumarole odorose di zolfo e le rocce dalle sfumature giallo/oro.

Tramonto, tarallucci e bollicine per rendere omaggio al regista Michelangelo Antonioni che con Panarea ebbe un colpo di fulmine, lontana e irraggiungibile, profumata di zagara, gelsomino, mirto e giacarande. Bella e sensuale da amare subito, da girarci L’Avventura, il lungometraggio girato alle Eolie, con il quale vinse il Premio Speciale della giuria al Festival di Cannes nel ’60.  Poco prima di morire chiese di vedere Panarea per l’ultima volta. Vecchio e malato, lo portarono in sedia a rotelle, ad accoglierlo c’era lei, Lidia Cincotta, l’anfitriona dell’isola che al suo charmoso Hotel La Piazza ha ricevuto mezza Hollywood.

Era stato già girato il capolavoro  “Stromboli, terra di Dio” e Iddu , come gli isolani chiamano rispettosamente il vulcano lambito di sabbia nera, fece scoppiare la scintilla della passione fra Roberto Rossellini e Ingrid Bergman che poi diventò sua moglie. Una furiosa Anna Magnani reagì all’affronto e al tradimento girando Vulcano, nell’isola dirimpettaia, malgrado la sua potenza recitativa,  non fu uno dei suoi migliori film. A ricordare il fascino di una Panarea d’altri tempi gli scatti di De Fusco, rocce scolpite dal vento, grotte nascoste, insenature frastagliate, piante aggrovogliate di cactus che sembrano sculture.

Andrea,  28 anni, pedigree accademico di tutto rispetto al quale aggiungere figlio d’arte, il padre Luca è drammaturgo, regista e direttore del Teatro Stabile Mercadante di Napoli. E nipote di Renato De Fusco, professore emerito di Storia dell’Architettura alla Federico II. Buone premesse perché il ragazzo ne faccia di strada. Non usa il digitale, utilizza solo la pellicola, senza filtri,  solo una vecchia polaroid al collo, per cogliere le sfumature dell’isola, Panarea nella sua essenza. La mostra, fortemente voluta dalla Fondazione Raya, dalla spiaggia è sbarcata al Hotel Raya, terrazzo lounge sospeso tra cielo e mare, sullo sfondo sciare di fuoco che bucano l’oscurità.

Per la tutela del patrimonio naturale dell’arcipelago, unico al mondo, fatto di vulcani attivi e sommersi, scende in campo da Londra  anche la Aeolian Islands Preservation Fund, voluta da due isolani, Federica Tesoriero, master alla Bocconi, e da Luca Del Bono, dall’ecclettico piglio imprenditoriale. Si battono anche per il distru-turismo, un turismo volgare dal poco rispetto ambientale.

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