Lo stato di emergenza in cui versa la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze per carenza di personale e penuria di risorse adeguate alla sua funzione rischia di diventare una condizione di consuetudine. Si acuisce in certi momenti, tra cui l’insediamento di un nuovo governo e quindi di un ministro della Cultura. Gran parte dei più recenti problemi dell’istituto – che dall’ottobre 2008 è dotato di autonomia – deriva dal blocco di concorsi e assunzioni. La Biblioteca nazionale di Firenze è una delle più importanti d’Italia e d’Europa: possiede quasi 9 milioni tra volumi e opuscoli e le scaffalature coprono 137 chilometri in linea. Per tutto questo materiale il personale è formato da 400 dipendenti presunti che in 35 anni si sono ridotti a circa 150 e, in particolare, ai 42 bibliotecari previsti in pianta organica, a causa dei pensionamenti già in atto o entro l’anno. Senza interventi decisi all’inizio del 2019 questi si saranno ridotti del 50 per cento, con la possibilità alcune attività della Nazionale siano sospese. E così il grido d’allarme è stato lanciato dall’Associazione dei Lettori che, attraverso il manifesto creato da Natalia Piombino che è stato controfirmato da 90 intellettuali italiani e stranieri perché “la notizia non può lasciare indifferente il mondo della cultura e tutti i cittadini che nella cultura individuano uno degli elementi fondanti della nostra democrazia”.

Il ministro Alberto Bonisoli ha subito reso noto che è previsto che tra il 2019 e il 2021 due concorsi riportino il numero del personale della Biblioteca alla quota prevista di personale. Ma nel frattempo? All’inizio pareva che il ministro volesse istituire un tavolo di lavoro con il ministero dell’Istruzione per reclutare dal mondo della scuola insegnanti precari laureati in storia dell’arte, archeologia e anche giurisprudenza che potessero ricoprire ruoli nelle biblioteche o negli archivi. Il tutto su base volontaria. Poi un recente incontro tra lo stesso ministro e il direttore della Biblioteca Luca Bellingeri ha chiarito che con le risorse disponibili verranno subito attivati contratti con delle cooperative che aiuteranno a superare questo momento particolarmente difficile.

Ma molte delle problematiche della biblioteca fiorentina sono in realtà “di sistema”. Nel senso che nascono dalla lontananza tra l’istituto fiorentino e il ministero, quest’ultimo incline di solito più a cercare di risolvere i problemi quando si presentano (e avevano fatto dei danni) piuttosto che a prevenirli. Basta un temporale di intensità superiore alla media e in Nazionale piove: accadde nel giugno del 2011, per esempio, e di nuovo nel maggio di quest’anno, mentre nel settembre del 2014 una grandinata provocò danni per oltre un milione di euro. In certe giornate d’estate il caldo risulta insopportabile in alcune sale, così come d’inverno non è difficile incontrare utenti che consultano volumi e documenti indossando cappotti, cappello, guanti, sciarpa e perché il freddo è troppo pungente. Per molti anni la struttura è stata al centro di interventi di restauro e di messa a norma, mentre il progetto di destinare un’ala del piano terra della struttura a museo storico artistico (dotato perfino di un ingresso autonomo) della Biblioteca fu realizzato e subito cancellato.

Come dire che negli ultimi 10 anni – quelli dell’autonomia della Biblioteca – il grande assente è risultato proprio il ministero, incapace di venire incontro alle esigenze di uno dei suoi istituti di fondamentale importanza. Già nell’autunno del 2015 i dipendenti erano ridotti a 170 unità (oggi sono 20 di meno), con 38 bibliotecari, 42 addetti alla vigilanza, ma nessun archivista.

Le due direttrici che hanno preceduto Bellingeri, per quasi 20 anni avevano cercato di affrontare queste problematiche, senza ottenere soddisfazione da Roma. Maria Letizia Sebastiani, che fu direttrice tra il 2010 e il 2015, preferisce non rispondere a ilfatto.it, ma dall’incrocio dei dati si capisce che anche durante il quinquennio del suo mandato come dirigente di piazza Cavalleggeri l’emorragia di personale non si è arrestata, ma anzi è proseguita – anche se un po’ più lentamente – portando il numero dei dipendenti da 170 a 150.

Antonia Ida Fontana, che diresse la Biblioteca tra il 1996 e il 2010, è invece categorica: “Quando entrai c’erano 350 dipendenti. E già allora erano insufficienti. Immaginiamoci oggi con 150… Non è fattibile. È come se un uomo da solo volesse spostare un peso di una tonnellata. Nonostante gli sforzi non ce la farebbe mai. Io spedivo al ministero una richiesta di aumento del personale ogni due mesi, ma non fui mai ascoltata. E quando lasciai la biblioteca, nel 2010, c’erano 220 dipendenti. Ne avevo già persi 130 per strada. Questa sofferenza non può non avere conseguenze”. Qualche esempio? “Uno su tutti: la catalogazione dei nuovi libri. Ne vengono pubblicati 70mila l’anno. Ma se non ho il personale che me li cataloga non saprò mai se qualcosa mi manca, non lo potrò richiedere e la lacuna resterà nei secoli. Ciò significa che i lettori non troveranno mai più quel libro mancante e la biblioteca avrà perso la sua primaria funzione di custode della memoria di una nazione. Poi ci sono tutte i nuovi fronti aperti dal digitale… E anche lì, senza personale, siamo destinati a non raggiungere neanche gli obiettivi minimi”.

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