È una battaglia all’ultimo voto quella che si è scatenata nel 12esimo distretto dell’Ohio, per il seggio della Camera vacante dopo le dimissioni di un deputato repubblicano. Un altro repubblicano, Troy Balderson, è davanti al democratico Danny O’Connor con un margine strettissimo, 50,2 contro 49,3 per cento. La vittoria di Balderson rappresenta un segnale interessante in vista delle elezioni di midterm. Il repubblicano ce la fa ma non trionfa, in un distretto tradizionalmente conservatore. I democratici, che avevano sperato in una vittoria a sorpresa, si preparano alla battaglia elettorale del prossimo novembre con maggiore fiducia.

Il 12esimo distretto comprende la parte centrale dell’Ohio e include l’area metropolitana di Columbus. È una zona prevalentemente bianca e saldamente repubblicana. Ha eletto un solo democratico dai tempi dell’amministrazione Roosevelt. Il deputato uscente, Pat Tiberi (che si è dimesso in gennaio) aveva vinto nel 2016 con un vantaggio di 35 punti. L’egemonia repubblicana in quest’area del Paese è stata però scalfita dall’arrivo di Donald Trump. Il referente politico della borghesia repubblicana della zona è sempre stato John Kasich, il governatore dell’Ohio, un moderato particolarmente critico nei confronti di Trump. I due anni di presidenza non sembrano aver consolidato il fronte conservatore. Tutt’altro. Percependo il disagio del proprio elettorato di fronte ai risultati di questa amministrazione, il partito repubblicano e i gruppi ad esso legati sono stati costretti a investire milioni di dollari nella sfida elettorale di Balderson. Il “Conservative Leadership Fund”, un super-PAC legato allo speaker della Camera Paul Ryan, ha investito 2,7 milioni di dollari in spot televisivi a sostegno del repubblicano.

C’è stato poi, a indebolire il fronte conservatore, il profilo politico di Balderson. Per settimane, il candidato è stato incerto sulla posizione da prendere nei confronti dell’amministrazione Trump. A un certo punto della campagna, Balderson non è stato capace di citare una sola questione che lo differenzia dalla Casa Bianca; solo in un secondo momento, ha spiegato di non essere d’accordo con Trump su immigrazione e dazi. Balderson è stato un candidato pieno di dubbi ed esitazioni. Ha fallito nella raccolta dei finanziamenti (che sono arrivati in buona parte da fuori Ohio). Ha evitato il confronto con la stampa, persino con quella “amica” come Fox News. Nelle occasioni pubbliche, soprattutto ai comizi in giro per strade e luoghi pubblici, si è mostrato scarsamente accessibile. Alla fine, proprio per questo suo atteggiamento così ondivago, il candidato è riuscito ad ottenere l’appoggio sia di Kasich (che però è arrivato a campagna inoltrata) sia di Trump (che sabato è volato in Ohio per un comizio a favore di Balderson, e che in un tweet ha spiegato la vittoria del repubblicano proprio con il suo intervento). Il massiccio sforzo del G.O.P. nello Stato ha però portato a un risultato modesto. Balderson vince, ma di pochissimo.

Il candidato democratico, Danny O’Connor, ha invece fatto una campagna piuttosto centrista. Ha criticato i vantaggi che la riforma fiscale offre ai più ricchi, ha difeso il Medicare e il welfare. Ma ha anche preso le distanze da Nancy Pelosi, la leader democratica della Camera, considerata troppo liberal per gli standard di queste zone. Alla fine O’Connor perde di misura, ma solleva molte speranze tra i democratici. “Se i repubblicani non sono preoccupati, fanno un errore”, ha spiegato il chairman del partito democratico dell’Ohio, David Pepper. Il risultato del 12esimo distretto è infatti un campanello d’allarme per i conservatori Usa. Nonostante l’intervento dei pezzi grossi del partito (oltre a Trump, a fare campagna per Balderson è venuto anche il vice presidente Mike Pence); nonostante i milioni di dollari riversati nella sfida in Ohio; nonostante una campagna elettorale combattuta senza esclusione di colpi (i repubblicani hanno cercato in tutti i modi di rappresentare O’Connor come un candidato troppo “a sinistra”; in uno spot, lo hanno legato a tre donne “liberal” come Nancy Pelosi, Elizabeth Warren e Hillary Clinton); nonostante tutto questo, O’Connor è arrivato vicino alla vittoria.

I democratici, il prossimo novembre, hanno bisogno di conquistare 23 seggi per tornare a essere maggioranza alla Camera. Il voto in Ohio (come quelli in altri Stati sedi di recenti elezioni speciali, per esempio Alabama e Pennsylvania) mostra che – con una campagna efficace e un buon candidato – è possibile scardinare la supremazia repubblicana anche in aree considerate fino a pochi anni fa fuori portata. I buoni risultati per l’economia americana non sono riusciti a cancellare il perenne stato di crisi che l’amministrazione Trump ha portato nella società americana. Il messaggio che arriva dall’Ohio è che una parte consistente dello stesso elettorato repubblicano continua a provare disagio per lo stato attuale della politica Usa. Non è ancora la vittoria certa, per i democratici, ma è un capitale politico su cui lavorare in vista di novembre.

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