“Il museo deve essere per tutti, nessuno escluso”. È questo il motto che guida i visitatori all’interno del Benozzo Gozzoli a Castelfiorentino, in provincia di Firenze. “Siamo un piccolo museo comunale situato al di fuori dei percorsi turistici di massa. E così abbiamo ripensato il nostro ruolo”, spiega la direttrice Serena Nocentini. Il BeGo si è trasformato in un museo al servizio della società e del suo sviluppo, coinvolgendo la comunità locale, le scuole, le istituzioni, la biblioteca, le associazioni sociali e culturali, i commercianti. E le case di riposo per anziani.

Tutto è nato nel 2009, quando nel cuore del centro storico di Castelfiorentino è stato progettato e costruito il BeGo: “Fin dall’inizio abbiamo seguito adeguati criteri di accessibilità, sia in termini di abbattimento delle barriere fisiche e sensoriali, sia in quelli di accessibilità culturale”, spiega Nocentini. Il progetto integrato “Museo for ALL“, nato grazie alla Fondazione CR Firenze, permette a persone sorde, cieche e ipovedenti di godere delle opere del pittore toscano del XV secolo a cui è intitolato lo stesso museo. Senza dimenticare persone con disabilità intellettiva, adulti e bambini. “Non vi possiamo nascondere la meraviglia e lo stupore dei nostri ospiti – ricorda Serena – Ancora oggi purtroppo, nel nostro Paese, non è così scontato visitare un museo senza barriere, siano queste fisiche, sensoriali o cognitive. E quando tutto questo accade in un piccolo museo sul territorio, è ancora più eclatante”.

In quest’ottica le opere che Benozzo Gozzoli ci ha lasciato non sono più soltanto un tesoro da custodire o conservare, ma diventano un’opportunità di sviluppo sociale. La partecipazione si configura, al di là dei numeri, come strumento di coesione sociale, di inclusione. La preparazione della visita per le persone con disabilità intellettiva, ad esempio, comincia alcune settimane prima, dai colloqui. “Per fare in modo che l’esperienza sia piacevole e appagante per tutti è importante conoscere gli interessi, le abilità e i gusti personali di chi verrà a farci visita.”, raccontano Alice e Stefania, le due educatrici museali. Il giro inizia con l’osservazione degli affreschi: “Li descriviamo e li raccontiamo con un linguaggio chiaro, in modo che le persone riescano ad individuarli favorendo la partecipazione di ciascuno”.

Nel 2014 il BeGo ha aperto le porte alle persone anziane con Alzheimer e a chi se ne prende cura. “È un pubblico, questo particolarmente fragile e a rischio emarginazione sociale”, aggiunge Nocentini. Le attività si incentrano su esperienze relazionali tra i partecipanti e il patrimonio museale tramite momenti di osservazione, di confronto personale e di gruppo, di discussione e narrazione creativa. Come i laboratori seguiti con l’artista Marco Bogianni, che hanno consentito ai partecipanti di entrare in rapporto con l’arte in modo diretto, sensoriale, istintivo, privo di limitazioni o imposizioni. “C’è chi era esplorativo ed esuberante, chi impacciato e rigoroso: tutti hanno potuto sperimentare l’arte facendo emergere la propria personalità oltre la malattia”, aggiungono Alice e Stefania. Il gruppo alla fine ha dipinto 6 tele, che si sono trasformate in una mostra nella mostra. E le reazioni sono andate oltre le aspettative: “Mi piace questo lavoro, guarda che ho fatto!” esclama Anna. “Mi sono sentita bene, tutto tornava giusto”, racconta Rosaria.

Oltre alle audio-videoguide in LIS con sottotitoli e un sito accessibile con le Quick Info in 11 lingue, il BeGo dispone di personale preparato per rendere la visita facilitata anche per le persone con disabilità intellettiva e disturbi dello spettro autistico. “Il percorso fa parte del più ampio progetto sperimentale Museo per tutti ed è attivo anche in altri 6 importanti musei italiani. In Toscana siamo stati i primi”, spiega la direttrice. Problemi con la burocrazia? Fortunatamente non è mancato l’appoggio dell’amministrazione comunale, “ma le assicuro che la macchina burocratica resta ancora troppo complessa – continua Nocentini – specie quando il servizio richiede una competenza professionale precisa e altamente formata”.

L’attenzione alle persone con disabilità, però, rappresenta un modello replicabile. “No, non esistono differenze secondo noi tra grandi e piccoli musei. C’è invece la determinazione di rispondere in maniera positiva alle esigenze dei pubblici e di fare in modo che la visita, anziché tradursi in un’esperienza frustrante, sia un momento di abbandono ad una bellezza tangibile, che si lascia avvicinare e arricchisce”. Proprio come accade al BeGo. “Non abbiamo chiuso il 2017 con milioni di visitatori – conclude Nocentini – ma sogniamo di trasformare questo ‘museo di campagna’ in un’eccellenza italiana nel campo dell’accessibilità. È questo il nostro piccolo miracolo”.

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