Quest’anno, la sindaca del mio comune ha deciso di mettere a senso unico una strada che prima era a doppio senso. La strada è effettivamente stretta, il che aveva causato problemi quando alcuni veicoli molto larghi, tipo camper, ci si erano infilati dentro. E’ anche vero, però, che il provvedimento costringe chi la usa a farsi circa 6 km invece che poche centinaia di metri se uno deve fare tutto il giro che il nuovo senso unico ti forza a fare. Il risultato è stata una protesta diffusa che ha fatto sì che alcuni cittadini abbiano rimosso i cartelli di divieto di accesso e li abbiano buttati via – cosa ovviamente da non farsi, ma un’indicazione di quanto queste decisioni possano avere delle conseguenze anche importanti. In un post precedente, ho raccontato di come un senso unico in un altro comune vicino a Firenze abbia creato tanti e tali problemi da costringere l’amministrazione a ritornare sulla sua decisione. In questo caso, invece, l’amministrazione non cambia idea. “Vi ci abituerete”, sostengono.

A tutto ci si può abituare, ma non è detto che ne valga sempre la pena. In effetti, questa vicenda mi ha fatto ripensare a tutta la questione dei sensi unici in città. Sembra che i sindaci e gli assessori considerino un loro sacro dovere mettere a senso unico tutte le strade dove è possibile farlo. Certo, dove le strade sono state costruite a misura di mulo, fare incrociare due automobili non è una buona idea. Ma questo è vero soltanto per i centri storici e altre stradine, mentre i sensi unici sono diffusi ovunque anche in zone urbane moderne dove le strade sono relativamente larghe. Non ho trovato studi di urbanistica che dicano in quali condizioni sia appropriato e utile mettere sensi unici oppure no. In pratica, sembra che la ragione principale dei sensi unici sia che, eliminando una corsia di marcia, si può guadagnare una corsia di parcheggio. Questo è un modo per il sindaco di far contenti i residenti e guadagnare un po’ di voti.

D’altra parte, è anche vero che le distanze maggiori che i sensi unici forzano a percorrere generano più consumo di energia e più inquinamento. Quanta energia e quanto inquinamento, esattamente? Anche su questo punto, non ho trovato studi o rapporti. La sola cosa che ho potuto fare è stato passare un po’ di tempo a verificare su Google Maps. Prendendo diversi tragitti a Firenze e comuni limitrofi, ho confrontato la distanza necessaria in auto con quella a piedi. Ho evitato il centro storico, dove ovviamente le automobili non possono passare, e ho preso la distanza più breve fra i vari tragitti. Considerato che in queste zone esistono pochissime “strade pedonali” (se ne esistono) il risultato è una misura dell’effetto dei sensi unici nell’allungare i tragitti dei veicoli. Senza aver la pretesa di aver fatto delle misure complete, mi viene fuori che la distanza in più generata dai sensi unici a Firenze si attesta in media intorno al 25%. Ho fatto qualche prova anche a Roma e a Milano, e mi sembra che le cose non siano diverse.

Ovviamente, questo è un dato misurato molto a spanne: è solo per dirci che lo spreco di energia generato dai sensi unici non è per niente trascurabile. In altre parole, eliminando i sensi unici non indispensabili si potrebbero ottenere notevoli vantaggi ambientali ed economici con un minimo di investimento – solo cambiare la segnaletica stradale. Dal punto di vista di uno, come il sottoscritto, che passa molto del suo tempo a far ricerca su metodi costosi e spesso poco efficienti per ridurre l’inquinamento, beh, fa abbastanza impressione.

Certo, il sindaco o la sindaca che si impegnassero nell’impresa di eliminare i sensi unici inutili si troverebbero di fronte all’ira funesta dei residenti che si vedrebbero togliere un po’ di parcheggi. Ma non sta diventando anacronistico pensare che parcheggiare a costo zero sul suolo pubblico sotto casa sia un diritto inalienabile? Se pensiamo che andiamo verso un mondo in cui avremo sempre meno veicoli privati e sempre più trasporti pubblici e veicoli condivisi, avere meno parcheggi vuol dire fare un passo avanti nel liberare le città dalle masse di veicoli che le soffocano. Notate anche che, in mancanza di piste ciclabili (come è il caso normale in Italia) la distanza in più da percorrere causata dai sensi unici scoraggia l’uso della bicicletta, oppure forza i ciclisti a viaggiare in contromano, cosa molto pericolosa ma purtroppo comune.

Insomma, si potrebbe provare a eliminare i sensi unici non strettamente necessari? Il risultato potrebbe essere qualcosa di utile per tutti. Ovviamente, queste considerazioni non pretendono di essere definitive; sono solo una riflessione sulla base dei dati che ho trovato per ora. Mi piacerebbe sentire l’opinione dei lettori per vedere se le mia impressioni e le mie misure per le zone che conosco possono avere un valore generale. Fatevi sentire nei commenti e ne discutiamo.

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