C’è un modo di fare informazione che poi rende molto difficile la nobile battaglia dei puristi contro le fake news, distinguerle da quelle di propaganda persino, dalle notizie di partigianeria che diventano disinformazione e basta. O semplicemente sciatteria.

Leggo con interesse l’articolo su Rolling Stone firmato da Claudio Biazzetti. Riferisce con tono sottilmente polemico di un festival musicale in Ortigia, a Siracusa, Ortigia è il centro storico della città. Il festival ospitato nel castello federiciano, sulla punta dell’isolotto (Ortigia lo è). L’articolo tira in ballo la querelle in merito all’installazione post moderna (un bar) nel bel mezzo del maniero. Scelta discutibile, ma andiamo oltre, ha già diviso ambientalisti e progressisti appassionati del posticcio. E’ interessante notare come l’autore del pezzo riferendosi a Ortigia scriva: “(…) Tipo che una zona che solo 20 anni fa era un covo portuale malfamatissimo oggi è diventata un motivo di vanto culturale per l’intera Sicilia”. La scelta linguistica utilizza sostantivo e aggettivo – “covo malfamatissimo” – che in un momento restituiscono un’informazione assolutamente sbagliata, non rispondente alla realtà, finanche lesiva. Comunicazione inesatta che proietterebbe quindi sentimenti sbagliati nel lettore, cioè istintivamente l’idea repulsiva di un centro, una piccola comunità di briganti, che dimorava nello splendido quartiere appena venti anni fa.

Immaginiamoci tutti insieme questo bel covo malfamato, bettole con marinai ruttanti e la pancia dura in bella mostra sollevata dal turgore della volgarità, ubriachi che rotolano per la via, manigoldi che si azzuffano in vicoli bui e maleodoranti; orde di nipoti di padrini che sorvegliano le vie con una coppola schiacciata sulla testa. Sguardi torvi. Non so tutto questo. Molto suggestivo. Ma attenzione: tutto questo è una fake news. Tal Biazzetti non ha mai messo piede in Ortigia, non vent’anni fa, o negli ultimi decenni. Altrimenti era distratto, parlava al telefono, faceva altro.

Ortigia di vent’anni fa si preparava ad accogliere tempi dorati, come forse non ce ne saranno più. Il maniero fu lo spazio utilizzato per un festival d’autore con ambizioni altisonanti e nomi in cartellone di fama mondiale, etoile del teatro e della musica, paragonato per eccellenza al festival di Avignone, era l’Ortigia Festival. Nelle strade non c’erano pirati e manigoldi, allora, ma premi Nobel, come Dario Fo, lo scrittore caraibico premio Nobel per la letteratura nel 1992 Derek Walcott; artisti come Bob Wilson, attrici come Lucia Bosé. Grandi studiosi del teatro di Kantor (lo conoscerà Biazzetti?); produttori storici e intellettuali del peso di Turi Vasile. In corso Matteotti, poco più giù del Maniero (siamo sempre in zona “covo malfamatissimo”), c’è l’istituto nazionale di Drammaturgia Antica, da lì sono passati gli eterni della cavea millenaria, nomi che risuonano ancora, da Romagnoli a Gassman a Randone. Registi, drammaturghi, attori. E ovviamente molto prima della zona franca riconducibile al ventennio indicato dal disinformato Biazzetti.

Proseguiamo nel covo malfamato e incontriamo il lungomare del porto, dove approdano lussuosissimi panfili. Valentino, Rod Stewart, Sharon Stone, Madonna. Erano i turisti che giravano nei vicoli del “covo malfamatissimo”; gli Agnelli, in piazza Duomo. E così via. C’era uno sfavillio esteso lussureggiante in quella Ortigia di anni d’oro, forse irreplicabili. Biazzetti ha beccato proprio il lasso temporale meno opportuno. Che peccato. Chiamala sfortuna, Biazzetti.

Foto tratta dalla pagina Facebook di Ortigia Sound System Festival

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