Partiamo dalla figura di Sergio Marchionne, recentemente scomparso. Al netto di servi encomi, mitologie e di quello che è stato l’indubbio valore della persona, intelligente e capace come pochi, occorre porsi una semplice domanda: cosa ha fatto per l’Italia e il suo popolo? Cosa ha fatto per il capitale e la finanza? La risposta è semplice e incontestabile. Ha fatto poco o nulla per i primi, moltissimo per i secondi. Ha svolto quindi, in modo davvero egregio, il suo ruolo di funzionario del capitale. Ogni sua azione è stata rivolta all’accrescimento di quest’ultimo. Negativo invece il bilancio per l’occupazione e per il nostro Paese, che pure tanto aveva dato alla Fiat da tutti i punti di vista. Basti vedere le cifre relative agli occupati Fiat e quelle relative agli investimenti Fiat in Italia.

Nel contesto della globalizzazione Marchionne ha operato, in modo tecnicamente inappuntabile, per proiettare il capitale Fiat in ambito finanziario e transnazionalizzarne la struttura, recidendo quasi del tutto i legami con il Paese di origine dell’importante ditta che ha avuto la ventura di dirigere. Quindi, per dare un giudizio obiettivo sull’operato di Marchionne, come di chiunque altro, occorre porsi su di un terreno di classe, adottare un punto di vista di classe, accettare la realtà (scientificamente ed esistenzialmente inoppugnabile) che vede la società attuale, come qualsiasi altra, divisa in classi che si caratterizzano per la loro posizione nel sistema produttivo. Sistema produttivo molto più internazionalizzato o globalizzato che in passato, per effetto dei progressi della scienza e delle tecnologie applicate nel campo dei trasporti e delle telecomunicazioni.

Facciamo un altro esempio, da molti punti di vista – non tutti perché si tratta anche in questo caso di un essere umano – agli antipodi con quello fatto in precedenza. Parliamo di Sacko Soumaila, il sindacalista dell’Unione sindacale di base ucciso  in Calabria a causa della sua militanza politica e sindacale, come sostenuto dal rappresentante Usb Salvatore Drago.

Sacko può essere considerato figura emblematica della nuova generazione di lavoratori, spesso migranti, che lottano per l’affermazione dei loro diritti. La dimostrazione vivente di come sia possibile realizzare l’unità di classe a partire da settori come l’agricoltura e la logistica. Anche per questo secondo me è stato ucciso. Vittima del tiro al piccione scatenato contro i migranti che ha fatto tante vittime nel nostro Paese negli ultimi tempi, a partire dall’attentato fascista e terrorista compiuto da Luca Traini a Macerata lo scorso febbraio. C’è poi un altro punto: Sergio Marchionne ha vissuto per accumulare il capitale e remunerarlo nel miglior modo possibile, Sacko Soumaila ha vissuto e probabilmente è stato ucciso ucciso per dare concretezza ai diritti di persone assoggettate a uno sfruttamento disumano. Due esistenze diverse, caratterizzate da un loro preciso orientamento di classe.

Impossibile negare l’esistenza della lotta di classe. Oggi è più che mai necessaria e attuale per ostacolare e rovesciare il processo di diseguaglianza economica fra pochi privilegiati e moltissimi diseredati che sta raggiungendo livelli senza precedenti in tutto il mondo. È più che mai necessaria e attuale per garantire che lo sviluppo tecnologico garantisca a tutte e tutti di svolgere il lavoro strettamente necessario, anziché tradursi nella disoccupazione ed emarginazione di settori crescenti della popolazione, specie giovanile.

È un antidoto all’odio razziale e alla xenofobia ed è l’opposto dell’invidia, che pare sia il sentimento più diffuso oggi in Italia e che alimenta la crescita di malepiante politiche, come la Lega di Salvini. La lotta di classe è volta alla ricostruzione all’unità del popolo. Non è fatta di odio, perché mira anzi a recuperare l’umanità degli sfruttatori, espropriandoli e rieducandoli. Rappresenta un’alternativa alla “guerra civile a bassissima intensità” (Luigi Manconi) che sta lacerando il nostro Paese provocando vittime innocenti specie fra i migranti e le persone che i razzisti identificano come diverse e quindi da eliminare.

Forze politiche vecchie e nuove, dal Pd alla Lega, dai Cinquestelle a Forza Italia, si affannano a negare l’esistenza della lotta di classe, dal basso della loro pseudocultura nutrita di nuovismo senza spessore e senza profondità. Un motivo in più per chiamarla in causa. Recentemente abbiamo celebrato il bicentenario della nascita di Karl Marx, che fra le altre cose ha giustamente sostenuto che la storia è storia di conflitto di classe. Ma la parola di Marx si celebra e si invera in ogni conflitto che continua, dai piloti della Ryanair ai braccianti dell’Agro Pontino.

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