Nella guerra della mozzarella tra Campania e Puglia, il Tar del Lazio sancisce un pareggio che suona, però, come una vittoria per i secondi. Così si chiude, almeno per il momento e se non saranno presentati altri ricorsi, la diatriba che ha animato l’estate 2017 tra le due regioni, dopo che gli agricoltori campani si erano ribellati contro il riconoscimento del marchio Dop, denominazione di origine protetta, anche alla mozzarella di Gioia del Colle. La proposta era stata pubblicata dal ministero dell’Agricoltura sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 2017, scatenando un’accesa polemica. Un caso diventato anche politico con le rispettive prese di posizione da parte del governatore della Campania Vincenzo De Luca e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano.

DOPO IL GOVERNO, ANCHE IL TAR DÀ RAGIONE ALLA PUGLIA – Secondo i giudici non può sorgere alcuna confusione nei consumatori perché la mozzarella campana è realizzata con latte di bufala, mentre quella pugliese con latte di mucca. La stessa posizione espressa mesi fa dall’ex governo Gentiloni. A novembre 2017, infatti, il ministero delle Politiche Agricole aveva risposto all’interrogazione parlamentare del deputato campano Paolo Russo (FI), promotore anche di una petizione sulla piattaforma change.org per chiedere al ministro delle Politiche agricole di sospendere la procedura per il riconoscimento. Secondo il ministero, però, che aveva risposto nel corso di un question time, il marchio ‘Mozzarella di Gioia del Colle’ non induce in errore. Proprio la presa di posizione del ministero, aveva scatenato la reazione del presidente del Consorzio di tutela mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo, che a fine anno ha annunciato il ricorso al Tar contro la denominazione di origine controllata per la mozzarella prodotta con latte vaccino.

ESULTA CONFAGRICOLTURA – “Il Tar Lazio ha riportato la mozzarella sulla retta via” ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Bari/BAT Michele Lacenere, ricordando la questione che tanto ha animato gli animi per mesi, per l’utilizzo della parola “mozzarella” per il prodotto pugliese. “Gli amici campani hanno una grande specificità nella Dop di bufala, la nostra è di vacca e vanta natali altrettanto illustri e origini altrettanto antiche” ha spiegato, aggiungendo come Confagricoltura abbia “più volte sottolineato che il termine mozzarella si riferisce a una modalità di lavorazione della pasta filata e, quindi, non poteva essere abbinato al solo prodotto di bufala”. D’altro canto la Puglia vanta una secolare tradizione di allevamento e lavorazione della pasta vaccina.

UNA QUESTIONE DI LATTE – Nella produzione di mozzarella di Gioia del Colle si utilizza esclusivamente latte di vacche che trascorrono almeno 150 giorni all’anno al pascolo e la cui alimentazione è basata per almeno il 60 per cento da erbe e fieno locale. “Il latte di vacca si distingue da quello di bufala – ha precisato Lacenere – grazie alla diversa sequenza di geni delle vacche”. Quello di mucca ha meno grassi rispetto a quello di bufala e contiene l’87 per cento di acqua. Inoltre, la mozzarella di latte vaccino fornisce circa 255 calorie ogni 100 grammi. Sono molto stringenti le norme che regolano la produzione della Dop di Gioia del Colle, a tutela dei vincoli qualitativi: non solo il pascolamento obbligatorio per 150 giorni all’anno e l’origine delle altre fonti di alimentazione che per il 60% almeno devono essere locali ma anche l’obbligo di produrre attraverso la tecnica del siero-innesto, escludendo quindi fermenti lattici selezionati e acido citrico. Inoltre, la lavorazione del latte deve avvenire entro le 36 ore dalla mungitura. “Spero che le due Dop – ha aggiunto Lacenere – possano divenire un riferimento del ricco firmamento agroalimentare che la Puglia e la Campania mettono a disposizione dei buongustai di tutto il mondo”.

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