Beppe Grillo rientra in una categoria di persone che si ritrovano sempre più spesso sugli schermi delle televisioni e sulle prime pagine dei giornali. Individui che usano un lessico sovversivo per le istituzioni democratiche cercando di fare passare il loro discorso come rigeneratore della democrazia avvilita dalla vecchia partitocrazia e dalle istituzioni tradizionali. Dopo l’uscita di Davide Casaleggio sulla inutilità sostanziale del Parlamento, il garante dei 5 stelle ha rinforzato il messaggio volto alla delegittimazione dei principi fondativi della democrazia, proponendo che i parlamentari siano estratti in futuro a sorte. L’uscita può essere vista come una istrionica provocazione ma sarebbe sbagliato. Il potenziale di queste esternazioni è esplosivo.

Proviamo a prendere sul serio la proposta di estrarre a sorte i nuovi parlamentari. Il meccanismo della pesca a sorte si basa sulla legge delle probabilità. Un’estrazione casuale in una società normale dovrebbe produrre un risultato che secondo le famose Leggi fondamentali della stupidità umana di Carlo Maria Cipolla approssimerebbe la seguente situazione: un quarto di banditi ovvero persone che perseguono i propri interessi a discapito di quelli altrui; un quarto di sprovveduti ovvero persone che a causa della loro ottusità producono un danno a sé stessi recando un vantaggio per altri; un quarto di intelligenti, ovvero persone che perseguono il proprio vantaggio e facendo ciò producono un beneficio per tutti. L’ultima categoria descritta sono gli stupidi ovvero persone che si comportano in modo tale da fare un danno sia a sé stessi che agli altri. Cipolla avverte nel suo trattato che lo stupido è la persona più pericolosa e il cui numero è in genere sempre sottovalutato.

Le leggi della stupidità hanno naturalmente un carattere contestuale. Infatti in genere non si nasce stupidi, sprovveduti, intelligenti o banditi. Tale disposizione ha natura sociale e morale, ossia varia da contesto a contesto e da periodo storico a periodo storico. Si potrebbe dunque ipotizzare che estraendo a sorte tra i membri di un popolo più istruito, che legge più libri, partecipa attivamente a associazioni politiche e culturali, non passa le serate a guardare il Grande Fratello in televisione e è in grado di selezionare ragionevolmente tra una fake news e una notizia vera la probabilità di ottenere una rappresentanza composta da un discreto numero di intelligenti tenderebbe a aumentare. Al contrario in un Paese sclerotizzato da 30anni di berlusconismo, di programmi televisivi di intrattenimento, di investimento sull’istruzione e di morale sociale approssimativa il rischio che a governare sia una maggioranza di inetti e banditi è più grande.

Naturalmente Grillo e i sostenitori della teoria della democrazia digitale possono sventolare la bandiera dell’onestà per escludere il pericolo che i sorteggi portino al governo solo banditi. Ma nessun codice etico è in grado di sventare il pericolo che a rappresentare gli italiani sia un gruppo di persone scarsamente capaci, sprovveduti o addirittura nella peggiore delle ipotesi di stupidi. Per Grillo secondo me questo non sarebbe un enorme problema, perché individui meno capaci sono più facili da manipolare. Per un sistema che voglia dirsi democratico invece questa situazione rappresenterebbe il classico passo prima del baratro.

Le tecnologie digitali hanno dimostrato di essere preda facilissima di personaggi senza scrupoli che utilizzano il proprio potere per indirizzare l’opinione pubblica e costruire i nuovi sistemi di preferenza individuale. Lo scandalo Cambridge Analytica, con l’acquisto di 87 milioni di profili di utenti a cui sono state indirizzate notizie in grado di pilotare l’orientamento politico per le recenti elezioni americane, ha trovato nei media italiani meno interesse dello scandagliamento della vita pubblica e privata della famiglia reale allargata della Gran Bretagna.

Questo non significa tuttavia che il problema solo perché poco conosciuto e dibattuto non sia reale. La democrazia può anche non piacere agli affabulatori di folle che prediligono i messaggi semplificatori, i vaffa generalizzati, gli ultimatum tra noi e loro. Ma è giusto ricordare a chi ha smesso di amare la democrazia elettiva che al momento l’alternativa è solo una: la dittatura. Ed è opportuno anche evidenziare che la democrazia si costruisce ogni giorno con investimenti nelle scuole, nell’istruzione superiore, nelle Università, nella libertà di stampa e di autentica discussione pubblica. Tutti temi che, chi esalta le decisioni via internet prese sottoponendo ai votanti quesiti complessi da dirimere in 24 ore, non ha ovviamente nessun interesse a mettere al centro del dibattito politico sul futuro della nazione.

Di fronte al crescendo di messaggi tesi a delegittimare ogni giorno la democrazia elettiva non si può dunque che arrivare a una conclusione: non sono il Parlamento, le elezioni, i partiti e i corpi intermedi a dovere essere rottamati, ma chi ne reclama con il megafono mediatico l’abolizione.

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