L’ultimo caso è accaduto a Partinico, nel palermitano. Ma dalla metà di giugno in Italia si sono verificati almeno altri 7 episodi di violenza contro gli stranieri. Eppure secondo Matteo Salvini “l’allarme razzismo è un’invenzione della sinistra. Gli italiani sono persone perbene ma la loro pazienza è quasi finita. Io – ha aggiunto il il ministro dell’Interno – da ministro, lavoro da 58 giorni per riportare sicurezza e serenità nelle nostre città”.

A Partinico erano in 7 contro uno. Prima gli hanno tirato con violenza le orecchie, dicendogli: “Vattene via, sporco negro“. Poi, mentre uno del gruppo lo teneva fermo, gli altri lo prendevano a calci e pugni. La vittima è un senegalese di 19 anni, richiedente asilo, aggredito mentre lavorava servendo ai tavoli in un bar in piazza Caterina. Il giovane, da due anni ospite di una comunità, ha presentato una denuncia ai carabinieri, che stanno indagando per risalire agli aggressori. L’aggressione gli ha provocato ferite al labbro e alle orecchie guaribili in sette giorni. “Non ho reagito perché non alzo le mani – ha raccontato – Mi potevo difendere, ma gli educatori della comunità mi hanno insegnato che non si fa“.

Un pestaggio che va ad aumentare la lista di casi di intolleranza e violenza verificatisi negli ultimi mesi. Il primo episodio si era verificato l’11 giugno a Caserta, dove due migranti originari del Mali erano stati colpiti – uno di loro era rimasto ferito – con una pistola ad aria compressa da un’auto in corsa. I due, ospiti di un centro di accoglienza e in possesso di un permesso per ragioni umanitarie, avevano raccontato dfi essere stati affiancati da una Panda mentre camminavano in strada e che gli autori del gesto avevano urlato: “Salvini, Salvini”. Ancora spari da una macchina il 20 giugno a Napoli. Il bersaglio è Konate Bouyagui, anch’egli originario del Mali, in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tornava a casa dal ristorante in cui lavorava, era rimasto ferito all’addome.

Agli inizio di luglio due casi si verificano a Forlì, dove un uomo – un ivoriano di 33 anni – a una donna denunciavano di essere stati colpiti in due differenti episodi da colpi esplosi con armi ad aria compressa. Il primo era in sella ad una bici e il colpo era partito da un’auto che lo aveva affiancato. L’uomo aveva riportato lievi ferite all’addome, con prognosi di 10 giorni. Il secondo evento era stato denunciato da un componente della consulta degli stranieri, Gbeu Serge Diomande: in corso Garibaldi, una donna nigeriana sarebbe stata avvicinata da un motorino e una delle due persone a bordo l’avrebbe ferita al piede sempre con una pistola da softair. “Sì, si può chiamare razzismo. Perché si spara ai neri”, aveva detto Diomande detto al Resto del Carlino.

Ancora un agguato, l’11 luglio. Quel giorno i colpi esplosi da un’auto in transito raggiungono due migranti nigeriani ospiti di un centro di accoglienza che erano in attesa dell’autobus a Latina Scalo. Attraverso l’analisi delle telecamere di videosorveglianza di negozi e grazie alle dichiarazioni di una testimone i carabinieri individuano e denunciano gli autori del gesto: sono tre 23enni della zona. L’accusa: lesioni con finalità di discriminazione razziale.

Una settimana dopo, il 17 luglio, una bambina rom di un anno viene raggiunta da un proiettile sparato da un fucile ad aria compressa mentre si trova in braccio alla mamma, nei pressi del campo nomadi di via Salone a Roma. Trasportata d’urgenza all’ospedale Bambin Gesù, la bimba rischia la paralisi. L’autore del gesto viene individuato sette giorni dopo: è un pensionato di 59 anni, ex dipendente del Senato. Si difende sostenendo che il colpo sia partito accidentalmente. Un gesto condannato da Sergio Mattarella: “L’Italia non può somigliare a un far west dove un tale compra un fucile e spara dal balcone ferendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione“, ha detto il Presidente della Repubblica.

Giovedì 26 luglio il quarto episodio. E’ accaduto a Cassola, nel vicentino, dove un operaio originario dell’isola di Capoverde viene ferito dai colpi sparati con una pistola ad aria compressa. A esploderli da una finestra della propria abitazione, è un uomo, un italiano originario dell’Argentina. L’arma utilizzata è una carabina calibro 4,5 mm: secondo l’Ansa, interrogato, l’uomo avrebbe sostenuto di aver voluto sparare a un piccione.

L’ultimo caso si è verificato il 27 luglio a San Cipriano d’Aversa. Un immigrato della Guinea, ospite in un centro di accoglienza, ha raccontato di essere stato colpito al volto dai colpi sparati da una pistola ad aria compressa. Il richiedente asilo ha raccontato di essere stato avvicinato da due ragazzi in moto che hanno poi fatto fuoco con l’arma.

A questi episodi va aggiunta anche la tragedia di Sacko Soumalya, il giovane del Mali ucciso a Vibo Valentia il 3 giugno mentre stava prendendo da una fabbrica abbandonata lamiere di alluminio per costruirsi una baracca nella bidonville in cui viveva, a pochi chilometri di distanza. Quattro mesi prima però, nelle Marche, il raid di Luca Traini, il neofascista che il 3 febbraio aveva aperto il fuoco in strada a Macerata dalla sua Alfa 147 nera, ferendo 6 immigrati. “È da febbraio che, a fronte del ripetersi sempre più frequente di episodi analoghi, noi – ha commenato il governatore della Toscava, Enrico Rossi – aspettiamo dal ministro dell’Interno una parola netta di condanna contro chi spara sugli immigrati”. Le parole sono arrivate, la condanna no.

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