Un ragazzo di 32 anni celibe e non fidanzato mi racconta una storia iniziata in discoteca. Ha conosciuto una ragazza , più o meno a lui coetanea, con cui si è intrattenuto a chiacchierare per circa un’ora per poi lasciarsi scambiandosi i numeri di telefono e dandosi un bacio appassionato. Tornato a casa ha aperto il cellulare, tenuto silenzioso, per vedere se ci fossero comunicazioni da parte dei genitori in vacanza. Ha visto che c’era un messaggio WhatsApp da parte della ragazza ma non l’ha letto e ha pensato “le telefono domattina”.

Alla mattina della domenica verso le undici quando si è alzato ha trovato la bellezza di 67 (sessantasette) messaggi inviati nell’arco della notte da questa ragazza. I primi erano passionali con la richiesta che lui si recasse a casa della giovane donna, poi il tono diveniva di richiesta pressante di risposta, visto che lei aveva notato tramite le spunte del social network che lui si era collegato ma non le rispondeva il contenuto diveniva di sfida e poi di rabbia, proseguiva con accuse e infine con messaggi in cui lei gli intimava di non contattarla più.

Il ragazzo che alla sera era ben disposto verso la possibilità di conoscere questa ragazza, dopo questo bombardamento di messaggi, si sentiva impaurito all’idea di avere a che fare con una persona poco equilibrata. Racconto questa storia perché mi pare l’estremizzazione di una modalità comportamentale che attraversa le relazioni sentimentali e sessuali in questo periodo storico. Dopo il proliferare dei “Fast Food” abbiamo assistito negli anni scorsi all’avvento del “Fast Sex” ed ora del “Fast Love”.
Eravamo abituati all’idea che nella modernità il sesso veloce , per una serata solamente, fosse espressione della emancipazione da regole millenarie e della liberazione, sopratutto femminile, dal timore di gravidanze indesiderate.

“Il corpo è mio” gridavano le femministe e questa assunzione di potere pareva foriera di libertà. Ci siamo però presto resi conto che l’ideologia del “sesso a prima vista” non era un segnale di emancipazione ma bensì di asservimento al più becero consumismo. Anche l’amore come emozione che appare e scompare nel breve lasso di tempo, da poche settimane a una manciata di mesi, non è il frutto della libertà ma la conseguenza velenosa di un modello propagandato dal battage pubblicitario.

Il potere economico vuole vendere e ha scoperto che l’uomo o la donna soli sono dei consumatori molto più assidui rispetto a coloro che vivono una relazione di coppia o familiare. Due persone sole hanno due case, il doppio delle utenze, comprano per riempire il vuoto e soprattutto sono moderatamente insoddisfatte. Questa insoddisfazione porta a un tentativo di trovare soddisfazioni fugaci che la pubblicità propaganda.

I rapporti sentimentali che mi raccontano i miei giovani pazienti sono stritolati dal consumismo per cui non si riesce ad attendere che le emozioni si costruiscano e coagulino nella nostra mente e nel nostro cuore. Si desidera l’amore immediato “à la carte” e se, inevitabilmente, non compare ci si sente di nuovo delusi e scoraggiati.
Con molti miei assistiti devo insistere perché attendano a trarre conclusioni. Non è possibile essere veramente innamorati dopo pochi giorni di conoscenza, così come se si è veramente innamorati non è reale un distacco per un nonnulla. Insomma occorre dare la possibilità alle emozioni di emergere e consolidarsi.

Il tempo non è un nemico, ma un necessario elemento in ogni relazione. Siamo talmente condizionati dalla pubblicità, che ci porta a desidera tutto e subito, da non capire i tempi delle emozioni.

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