Come al solito le notizie sull’Iran sono sempre approssimative. Ieri l’Ansa riportava la falsa notizia secondo la quale le donne iraniane potranno entrare allo stadio. Notizia ripresa da molti altri media e non verificata da fonti ufficiali. Infatti mentre sui social si cantava vittoria confondendo ulteriormente la nostra povera opinione pubblica, il portavoce del ministro degli Interni iraniano Seyed Salman Samani smentiva la notizia.

Solo chi non conosce l’Iran poteva cadere nell’errore, nell’illusione. Per la prima volta dalla rivoluzione islamica del 1979 le donne iraniane erano state fatte entrare all’Azadi Stadium di Teheran lo scorso 20 giugno, insieme agli uomini per assistere sul maxischermo a Iran-Spagna, la seconda partita per il ‘Team Melli’ ai Mondiali Fifa di Russia 2018.

Personalmente lo scetticismo che questa fosse una totale apertura alle donne era stato già lanciato proprio da questo blog. Purtroppo la realtà ci riporta sempre a prendere in considerazione i fatti e a non farci prendere entusiasmiamo soprattutto evitando di raccontare notizie non vere. La possibilità di vedere le donne allo stadio non è affatto così scontata come potrebbe sembrare e malgrado i tanti sforzi dell’amministrazione del Presidente Hassan Rouhani la vicenda è una questione che non spetta al governo.

È sicuramente molto importante il lavoro che sta svolgendo il vicepresidente iraniano, Masumeh Ebtekar, che ha le deleghe per le donne e la famiglia ma non sufficiente. Anche lo stesso Rouhani si era esposto chiedendo in una recente lettera al ministro dello sport, Masoud Soltanifar, la revoca del divieto che a oggi è ancora in vigore. Non sarà facile revocarlo. Pensare che in un paese musulmano come l’Iran possa esserci essere parità di genere è solo utopia. Seppur nell’articolo 20 della Costituzione iraniana vi è scritto che “Tutti i membri della nazione, uomini e donne, ricevono uguale tutela dalla legge e godono dei diritti umani, politici, economici, sociali e culturali, nell’osservanza dei principi dell’Islam”. La realtá è ben diversa.

La battaglia per far entrare le donne allo stadio la seguo ormai da anni, da quando nel giugno del 2014 venne arrestata Ghoncheh Ghavami la ragazza anglo-iraniana arrestata per aver protestato davanti allo stadio Azadi in occasione di una partita di pallavolo che vedeva in campo la nazionale femminile iraniana e quella italiana. Per la sua liberazione vi fu una campagna mediatica e venne rilasciata dopo un anno di detenzione.

In un mio incontro a Teheran con l’ex vicepresidente iraniano Shahindokth Molaverdi mi venne spiegato quanto sarebbe stato difficile il percorso per far cadere il divieto, un’amara profezia. La vicepresidente durante quel periodo venne criticata aspramente dagli ultraconservatori che vedevano, e probabilmente vedono ancora oggi, qualcosa di scandaloso nel mostrare un giocatore correre in pantaloncini davanti a una donna o nel vedere esultare una tifosa per la propria squadra.

Già la Molaverdi cercò di spiegarmi che le istituzioni di polizia e di sicurezza avrebbero dovuto comprendere i benefici della presenza delle donne allo stadio e l’ondata di felicità che avrebbe raggiunto le famiglie e la società nell’assistere a competizioni sportive. Secondo la Sharia, spiega la Molaverdi, non vi è alcuna restrizione nella presenza delle donne nei luoghi dove si pratica sport. Purtroppo per un certo tipo di élite religiosa e per alcune menti perverse la felicità, l’espressione o l’esternazione di sentimenti positivi è qualcosa di peccaminoso forse addirittura osceno o immorale. La felicità che dovrebbe essere un diritto universale.

L’Iran è l’unico Paese al mondo che vieta l’ingresso delle donne negli stadi sportivi. Recentemente in una lettera aperta alla Fifa ben diciotto illustri e note attiviste iraniane tra le quali il premio Nobel Shirin Ebadi hanno chiesto di intervenire in Iran sulla vicenda dello stadio. Nella lettera chiedono proprio alla Fifa di rispettare i suoi principi, e ritenere l’Iran responsabile della violazione dell’articolo 4 in cui si afferma che la discriminazione di qualsiasi tipo “è severamente vietata e punibile con la sospensione o l’espulsione”. Ci sono molti Paesi a maggioranza musulmana nel mondo, si legge nella lettera in cui la religione è un pilastro centrale e determinante della vita, che però non bandisce le donne dagli stadi pubblici.

La questione dello stadio in Iran è tuttora aperta e qualcosa mi dice che ne parleremo ancora.

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