Era stato lo stesso Viminale a parlare della “versione di osservatori terzi“. Una testimonianza che avrebbe smentito la ong Proactiva Open Arms e le accuse lanciate martedì alla guardia costiera libica di aver lasciato morire in mare una donna e un bambino, trovati senza vita su imbarcazioni sfasciate nel Mediterraneo. A bordo di una motovedetta di Tripoli c’era infatti la giornalista tedesca Nadja Kriewald. E lei al Messaggero ha confermato:  “Ne siamo sicuri, quando siamo andati via non c’era più nessuno in acqua”.  Ma ora all’Ansa la stessa cronista rivela un altro particolare: “Il capitano libico della nostra imbarcazione mi ha riferito che un paio d’ore prima, nella stessa area, c’era stata un’altra missione da parte di un’altra imbarcazione della guardia costiera libica”.

Non è detto quindi che il salvataggio filmato dalla tv tedesca e quello in cui, secondo le accuse, sono state lasciate morire una donna e un bambino, siano lo stesso. Esattamente come sostiene Erasmo Palazzotto, il deputato di Liberi e Uguali a bordo di Open arms: “Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare due donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti a Khoms e l’altro davanti a Tripoli“, ha scritto su Twitter. Per questo Palazzotto ha parlato di un “maldestro tentativo di depistaggio“.

La Marina libica, 24 ore dopo le polemiche, ha risposto alle accuse della ong tirando in ballo proprio la cronista Kriewald, “testimone di ciò che è accaduto, che ha preparato un servizio sulla questione per il canale N-Tv“. Le immagini andranno in onda venerdì sull’emittente televisiva del gruppo RTL e dovevano essera una prima prova concreta di quanto accaduto. La giornalista, ospite a bordo della motovedetta ‘Ras Sdjeir‘ insieme all’operatore free-lance Emad Matoug, racconta al Messaggero che i libici “hanno fatto un ottimo lavoro e dimostrato tanta umanità“, ma spiega anche che “se la Marina libica avesse mezzi all’avanguardia potrebbe meglio intervenire: non hanno nemmeno i radar notturni“.

Concetti che ha ribadito anche all’Ansa raccontando il salvataggio durato circa un’ora e mezza: “Nessuno, che io abbia sentito, si è rifiutato di essere salvato, erano tutti delusi di essere stati presi dalla marina libica ma felici di essere sopravvissuti. Inoltre nessuno mi ha detto che mancava all’appello qualcuno”, ha spiegato la giornalista tedesca. Durante l’ operazione è stata soccorsa “una bambina della Costa d’Avorio già morta, ma lo si è scoperto solo a bordo della nave libica, perché la mamma l’ha tenuta per tutto il tempo tra le braccia in gommone senza dire che fosse morta. Probabilmente temeva che se lo avesse detto, avrebbero buttato il suo corpo in mare”, ha riferito Kriewald.

Ma la stessa N-tv per cui lavora, nell’articolo in cui ricostruisce la vicenda, spiega come i soccorsi a cui la reporter ha assistito potrebbero non essere quelli messi sotto accusa da Open Arms. “Ad alcune miglia nautiche dalla motovedetta ‘Ras Sdjeir‘, la situazione poteva sembrare molto diversa. C’era una nave in pericolo all’incirca nello stesso momento“, si legge nella ricostruzione apparsa sul sito online dell’emittente. Kriewald ha raccontato alla redazione che “non può commentare le accuse di Open Arms”. Ma ha specificato che il capitano Rameid della motovedetta le ha riferito di “un altro spiegamento della Guardia costiera libica nella stessa zona”. Mentre questa seconda missione era in corso, la motovedetta ‘Ras Sdjeir’ con a bordo la giornalista “non era ancora nelle vicinanze”, scrive N-tv. “Nel frattempo, Kriewald è tornato sulla terraferma“, si conclude la ricostruzione.

La testimonianza della giornalista tedesca potrebbe riferirsi quindi a un altro soccorso. Nel frattempo, al netto di ricostruzioni contraddittorie a seconda dei punti di vista, nessuno ha fornito prove concrete a sostegno della propria versione. Non lo ha fatto Open Arms, che aveva parlato di contatti radio tra guardia costiera libica e il mercantile ascoltati dalla ong. E neanche il ministero dell’Interno, accusato dall’organizzazione spagnola per via delle sue politiche, che aveva risposto parlando di “fake news” e aveva annunciato “prove” che avrebbero smentito la ricostruzione.

“Il governo italiano ha tutti gli strumenti per accertare cosa è successo in questo tratto di mare nella notte tra il 16 ed il 17 luglio”, sostiene Palazzotto. “Perché Salvini non rende pubblici i tracciati delle motovedette libiche di quella notte? Perché non pubblica i tabulati delle comunicazioni tra IMRCC e la Guardia Costiera Libica del 16 luglio? Così vediamo chi ha qualcosa da nascondere“, accusa il parlamentare.

Il portavoce della Marina libica Ayoub Qasem ha replicato a Open Arms che “non è nostra abitudine lasciare vite umane in mezzo al mare, la nostra religione ce lo proibisce. Tutto ciò che è successo e succede, i disastri in mare sono causati dai trafficanti, interessati solo al guadagno, e dalla presenza di ong irresponsabili come questa”. “La Guardia costiera – ha ribadito – cerca con tutti i mezzi che ha a disposizione di fare il massimo per salvare vite umane e non ha altri interessi al di fuori della Patria e dei principi dell’umanità”.

Resta tuttavia che nel lungo comunicato della Marina libica, non viene mai spiegato né chiarito perché al termine di quella “operazione condotta con grande professionalità” due donne e un bambino siano rimaste sul relitto ormai sfasciato senza che nessuno se ne sia accortoTutto questo mentre un’altra nave (di una società del gas che opera in zona dove c’è una piattaforma) è bloccata al largo della Tunisia con 40 migranti a bordo. Le razioni di cibo e acqua stanno finendo, ma nessun Paese tra Tunisia, Italia e Malta hanno dato il permesso di sbarcare le persone, tra le quali ci sono anche dei feriti e una donna incinta.

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