Beppe Grillo sul suo blog ha pubblicato un post dal titolo “Il sistema punitivo che stiamo adottando è antico come il mondo, ma soprattutto non funziona”. Nelle ore precedenti le Commissioni Giustizia del Senato e della Camera, una dopo l’altra, avevano bocciato la riforma del sistema penitenziario, sulla quale il ministro Alfonso Bonafede, appena insediato, aveva espresso la propria contrarietà.

La bozza di riforma, ereditata dallo scorso governo, tendeva ad allargare – in modo assolutamente minimo e controllato, senza alcuna rivoluzione di sorta – l’area delle misure alternative alla detenzione, vale a dire delle pene scontate in una qualche misura fuori dalle mura del carcere, pur sotto il rigoroso controllo della magistratura e dei servizi sociali. Non per lassismo o per cuore tenero, bensì perché si è visto oramai nei decenni che tali modalità di scontare la pena producono un effetto migliore sulla società, abbassando il tasso di recidiva, aumentando la sicurezza dei cittadini, consentendo risparmi economici non indifferenti.

“Rinchiudere una persona per anni dentro una stanza”, scrive Beppe Grillo, “oltre ad essere una tortura senza senso, non porta a nulla e non capisco quali risultati dovrebbe portare. Oggi è chiaro. Se non fosse chiaro abbiamo i dati a dircelo. E’ chiaro che servono mezzi alternativi”. E, citando i dati forniti dalla nostra associazione, Grillo riporta: “L’ultimo rapporto dell’Associazione Antigone parla chiaro, dalla fine del 2015 ad oggi il numero dei detenuti in Italia è cresciuto davvero tanto, ben 6.098 in più. Il sovraffollamento è pari al 115,2%. Inoltre molte sezioni di molti carceri non vengono utilizzate. Ma il vero problema è un altro, sono i recidivi. Ad oggi sono un numero incredibile. Su circa 58.000 detenuti, solo il 37% non avevano mai commesso altri crimini, per il restante 63% le mura dello Stato erano già note, addirittura il 13% di loro (più di 7000 persone) avevano dalle 5 alle 9 precedenti carcerazioni”.

Il Movimento 5 Stelle, maggiore oppositore della riforma penitenziaria, non crede invece alle pene alternative al carcere. Come ha detto il senatore Giarrusso nel rallegrarsi per la sua bocciatura, “era uno svuota carceri mascherato da riforma”. Ogni pena che si svolge fuori dal carcere è per i 5 Selle da respingere come fosse una non pena. La cultura della pluralità delle pene possibili non fa parte del Movimento. Eppure la Costituzione italiana afferma, all’art. 27, che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, declinando il sostantivo al plurale. I nostri costituenti immaginavano che l’Italia potesse utilizzare sanzioni differenziate per punire chi commette reati. Sanzioni in molti casi più utili dell’ozio forzato dentro una cella.

Come conclude Beppe Grillo, “la pena non è mai la riposta adeguata al crimine per la sua soluzione; anzi si limita a fabbricarlo. La prigione, il più delle volte, è dannosa per gli individui. La cosa importante nella politica carceraria di un qualsiasi paese civile sarebbe cercare misure alternative al carcere e molto spesso questo significa accompagnarli verso uno standard di vita accettabile: provare a cercare un’abitazione, cercare alternative nei periodi di disoccupazione, rieducare, reintegrarefar si che si possa ricreare una vita. Per davvero”.

C’erano voluti lunghi anni per arrivare alla riforma che le Commissioni parlamentari hanno appena bocciato. L’ordinamento penitenziario vigente risale al 1975. Se fosse passata la riforma, lo si sarebbe modificato dopo quarantatré anni. Il ministro Bonafede e l’intero Movimento 5 Stelle si sono presi la responsabilità di farlo durare forse altri quarantatré. Peccato.

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