I 320 nuovi autobus per Roma promessi da Virginia Raggi e Linda Meleo non arriveranno. Almeno non per ora. È andata deserta la gara d’appalto del valore di 98 milioni, bandita lo scorso 23 maggio da Atac, per l’acquisto di 320 vetture diesel euro 6 da immettere sulle strade capitoline nei prossimi 3 anni, con i primi 125 previsti in arrivo nel 2019. A quanto comunicato dalla stessa azienda capitolina – confermando le indiscrezioni che circolavano nelle ore immediatamente precedenti – “non è giunta alcuna offerta in risposta alla gara per l’acquisto dei nuovi autobus”, motivo per il quale “Atac, in qualità di stazione appaltante, avvierà delle nuove verifiche di mercato per garantire nel minor tempo possibile la fornitura dei mezzi”.

L’acquisto dei nuovi mezzi faceva parte di un piano di rilancio dell’azienda che prevede il rinnovo della flotta per 950 autobus – circa la metà di quella oggi presente nei depositi romani – e che rappresenta uno dei pilastri fondamentali della procedura di concordato preventivo in continuità la cui versione corretta è stata presentata oltre un mese fa al Tribunale Fallimentare e i cui risultati sono attesi nei prossimi giorni. Un motivo di preoccupazione che mitiga non poco il sentimento di ottimismo rispetto al possibile pronunciamento del collegio giudicante che penetra tuttora, nonostante tutto, dagli uffici capitolini.

Il flop del bando di gara ha attirato feroci critiche nei confronti dell’assessore alla Mobilità, Linda Meleo, data già per “scricchiolante” da rumors interni all’indomani delle fallimentari (per il M5S) elezioni municipali. Tanto che Fratelli d’Italia sta preparando una mozione di sfiducia da presentare in Assemblea Capitolina prima della pausa estiva. “È sintomatico – afferma il capogruppo Andrea De Priamo – che una società lasciata nel caos non attragga nuovi investitori, che fuggono così dalla Capitale mentre le finanziarie non garantiscono le società per partecipare alle gare in Atac”, dunque “nei prossimi giorni presenteremo un documento per chiedere le dimissioni dell’assessore Meleo”. Fra le critiche che vengono mosse a Meleo e, più in generale, all’amministrazione capitolina, in primis c’è quella di non aver gestito direttamente dal Dipartimento la gara, dando alibi agli istituti di credito che avrebbero dovuto coprire i costi dei fornitori. In secondo luogo, di non aver dato il via libera ad Atac già a gennaio, così da poter avere più tempo per ricalibrare la proposta al mercato. La delibera di Giunta 93 del 15 maggio 2018, infatti, è arrivata pochi giorni dopo l’esplosione del bus nella centralissima via del Tritone, immagini che hanno fatto il giro del mondo in poche ore. A proposito di “flambus” (come erano definite le immagini diventate subito virali sul web), nella stessa mattinata i vigili del fuoco capitolini hanno dato notizia dell’ennesimo principio d’incendio su un mezzo Atac, in viale Regina Elena: episodio numero 17 dall’inizio dell’anno. Circostanza che ha contributo non poco ad inasprire il dibattito.

La notizia della gara-flop riporta con i piedi per terra rispetto agli annunci ottimistici dell’amministrazione capitolina. Nell’ultima settimana, infatti, la commissione Trasporti aveva rilanciato alcuni progetti piuttosto affascinanti nell’ambito della “cura del ferro” immaginata per la città di Roma: la rimessa in piedi del sogno della “metro D” di veltroniana memoria e la cosiddetta “metro E”, ovvero l’instradamento della Roma-Lido nei binari della linea B1, progetto “con poche decine di milioni di euro” permetterebbe di collegare Ostia con i quartieri di Roma nord. Ma prima di sognare in grande, i tecnici capitolini devono confrontarsi con un mercato che appare “respingente” rispetto alle proposte che giungono da Palazzo Senatorio e dintorni. Il bando sui 320 autobus, infatti, è l’ultima gara deserta di un elenco che nelle scorse settimane ha visto protagonista anche Ama. La società che gestisce i rifiuti si è vista ignorare tre avvisi pubblici molto corposi, fra cui uno da 100 milioni per il trasporto degli scarti dei tmb, uno sulla pulizia dei campi rom e un altro sullo spazzamento stradale. In questo caso, il presidente Lorenzo Bagnacani ha risposto facendo presente la situazione al presidente Anac, Raffaele Cantone, e facendo trapelare il “rischio cartello”. In Atac, a quanto si apprende, questo non succederà, nonostante qualcuno in Campidoglio abbia avanzato “i soliti sospetti” guardando con preoccupazione al referendum sull’apertura al libero mercato voluto dai Radicali e previsto per l’11 novembre.

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