Droga, ma non solo. Controllo del territorio, minacce, spedizioni punitive, gestione manageriale delle piazze di spaccio. Libertà totale nei movimenti, perché, poi, alla fine, nessuno controlla. Le mazzette girano veloci. Chi intasca sono uomini di Stato. Poliziotti corrotti, anzi uno su cui vi è certezza, il resto, una rete impressionante, gira attorno, la corruzione s’intuisce, ma non vi sono prove necessarie. Milano oggi come la Chicago degli anni Venti. Con i broker della coca ben protetti e “sbirri” foraggiati con denaro mensile, ma anche cene, o notti in alberghi di lusso sul lago di Como. Il compendio criminale conta 23 arresti, tutti italiani, tra loro un poliziotto e anche due specchiati imprenditori del nord che si sono prestati a schermare gli affari dei nuovi boss emergenti dei quartieri popolari di Comasina e Bruzzano, periferia nord della città, per anni impero di ‘ndrangheta e del boss Pepè Flachi. Oltre 580 le pagine con cui oggi il tribunale di Milano ha confermato la richiesta d’arresto fatta dalla Dda coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci. A dare benzina all’indagine anche le parole di un nuovo collaboratore di giustizia, già indagato in una vicenda di spaccio che ha coinvolto batterie di albanesi e nomi di peso della ‘ndrangheta.

ROBERTINO MADAMA E LE NOTIZIE RISERVATE – In manette così finisce Roberto D’Agnano, assistente capo del commissariato Comasina. Altri due agenti risultano indagati. Su D’Agnano le voci in quartiere girano da tempo. Le raccolgono due bravi agenti dello stesso commissariato che già nel 2015 inviano una nota riservata all’autorità giudiziaria. Si legge: “Tale Roby, Roberto, Robertino il madama che fornirebbe notizie sulla presenza delle forze dell’ordine su eventuali operazioni e frequenterebbe la carrozzeria Ambrocar di Novate Milanese di proprietà e luogo d’incontro di tutti i grossi spacciatori ed ex fuoriusciti della banda di Pepè Flachi” e anche di nomi illustri come Gaetano Fidanzati, nipote del boss di Cosa nostra. La carrozzeria si trova in via Boito a Novate. Pochi mesi fa è stata oggetto di un raid armato. Una decine di persone tutte incappucciate hanno aggredito il nuovo titolare Massimiliano Toscano e non hanno rubato nulla. Regolamento di conti tra bande riveli, una faida sulla quale le indagine restano rigorosamente riservate.

Torniamo allora alle prime confidenze su tale “Robertino” e all’atmosfera che si respira all’interno del commissariato. Nel marzo 2015 c’è un fatto: uno spacciatore viene fermato, nel piazzale del commissariato, prima di entrare, nota un pregiudicato parlare in modo amichevole con un ispettore. Si ferma e agli agenti dice: “Vi sembra normale che un vostro collega esca con la propria auto insieme a un pregiudicato di quel calibro? Qui dentro mi sa che siete gli unici che fanno i poliziotti, qui da voi c’è chi ha tre case, macchine e moto, e non vi dico altro, non voglio fare l’infame, se volete vedere con i vostri occhi fatevi un giro al “Sia Cafè” (locale milanese della zona Bicocca) la sera, in particolare, il giovedì e capirete quello che vi sto dicendo, per il resto non posso dire altro perché non sono una spia ma qui ci sono i vostri colleghi corrotti, indagate ”. L.O. per la cronaca non parlerà più. Solo si limiterà a concludere: “C’erano pure due colleghi vostri che avevano un night club in viale Certosa e poi le cose sono andate male, il resto vedetevela voi, non aggiungo altro”. La cosa è tanto vera: sarà appurato che due poliziotti del commissariato Comasina per un certo periodo hanno lavorato al night The Hell. Non è finita.

Altri due poliziotti, che per aver fatto il loro mestiere all’interno della squadra investigativa di Comasina saranno demansionati, raccolgono le confidenze di un loro collega. Avviene al ristorante Sapori di mare in viale Fulvio Testi. Ai tavoli sono seduti diversi pregiudicati, tra loro Sergio Toscano, figura di rilievo della Comasina già vicino al clan Flachi. Lo “sbirro” Marco T. (non indagato) si alza e ai due spiega questo concetto: “Ragazzi, state attenti in zona, quando fermate le persone dovete essere più eleganti, non dovete avere atteggiamenti minacciosi, non siate prevenuti, non dovete usare maniere forti altrimenti andrete incontro a situazioni sgradevoli”. Ore dopo, a tarda notte, lo stesso invierà un messaggio WhatsApp: “Spero solo che abbiate l’intelligenza di elaborare le mie parole e tenerle per voi, per la serie avete ascoltato una chiacchierata tra una persona e l’altra”.

In totale, radio crimine, fa arrivare la voce che in commissariato i poliziotti corrotti sono addirittura quattro. Nella rete dell’indagine, però, finirà solamente Roberto D’Agnano. Ma sono decine gli episodi raccontati nell’ordinanza firmata dal giudice Anna Calabi che fanno pensare a una ragnatela di corruzione ben più vasta. Tanto per capire a D’Agnano finiva in tasca un stipendio da mille euro al mese per agevolare la piazza di spaccio, ma anche cene pagate. Il tenore di vita tenuto dal poliziotto è sempre stato molto alto, tra porsche, moto di grande cilindrata, e migliaia di euro persi al gioco.

COME CARLITO BRIGANTE – A “smazzettare” sono i vicere della coca. Luca Saccomano e Laurence Rossi, quest’ultimo poi diventato collaboratore di giustizia. Fanno il bello e il cattivo tempo. In quartiere tutti li conoscono. Se ne lamentano anche i poliziotti nelle loro conversazioni private. “Sto Saccomano sta esagerando proprio, cioè si pensa che è Carlito Brigante del Bronx, s’ha da calmà un attimo sta facendo solo danni quindi”. Tutti sanno e ci mancherebbe, ma gli arresti non arrivano, le volanti escono, ma i risultati in una zona ad alto tenore criminale sono sempre in ribasso. A ondate, nel tempo, qualche arresto ha svelato dinamiche e poteri, ma nulla mai è stato scardinato. Saccomano così prosegue senza fretta e con forza criminale. Fondamentale l’appoggio di D’Agnano che tutto sembra fare, tranne il poliziotto. Addirittura ha interessi nei night come altri suoi colleghi. Spiegherà Rossi ai pm: “La moglie di D’Agnano lavora come barista al night Extasia di Largo Augusto e che D’Agnano la sera va al night ad arrotondare lo stipendio facendo come secondo lavoro il buttafuori, per circa 100 euro a serata”.

Più l’indagine prosegue, più i rapporti si chiariscono. Una sera D’Agnano invita alla discoteca Byblos Massimiliano Toscano. Annota il gip: “D’Agnano non si fa alcuna remora a invitare una persona con precedenti, la cui caratura criminale e vicinanza alla famiglia Flachi è certamente nota ad alcuni dei colleghi con i quali D’Agnano si trova in quel momento”. Dirà D’Agnano: “Ma io, quando vado in quel determinato tipo di cene, io non devo tirare fuori un soldo”. Scrive il gip: “Queste ultime asserzioni sembrano dimostrare l’asservimento della funzione del poliziotto agli interessi del gruppo criminale”. Chi sia e cosa faccia D’Agnano per il gruppo criminale, lo sanno anche le donne dei boss. Ecco cosa scrive la fidanzata di Laurence Rossi nonché sorella di Luca Saccomano: “II Signore ti ha dato la possibilità di andare sulla retta via, invece tu sei il peggio del peggio, non sei né un poliziotto, perché i poliziotti fanno il loro dovere, e non sei neanche in grado di stare in mezzo alla strada, e sono meglio gli infami rispetto a te”. Più chiaro di così. Ma ancora più chiare sono le parole messa a verbale da Laurence Rossi. “Nel corso degli anni in più occasioni ho dato soldi a D’Agnano per avere notizie su possibili indagini e lo stesso facevano quelli della carrozzeria (Ambrocar, ndr). D’Agnano era una delle persone a cui vendevo la cocaina. Quando con Luca Saccomano avevamo aperto la piazza di spaccio a Comasina, D’Agnano aveva chiesto mille euro per garantire copertura da parte dei suoi colleghi che lavoravano in commissariato. Saccomano glieli aveva dati (…) Un fisso che, da quello che ho capito, non era solo per lui”. Tradotto nella pratica: “Non avrebbe mandato le pattuglie in piazza (…) . Oppure passa la volante e non mi chiede i documenti”

COME SI VENDE UNA PIAZZA DI SPACCIO – Il quadro è più che chiaro. Ma l’inchiesta della Squadra mobile, oltre a pizzicare il poliziotto corrotto e la sua rete di contatti, ha messo in scacco due batterie che hanno gestito due piazze di spaccio in Comasina e a Bruzzano. La prima, come detto, faceva capo a Saccomano, la seconda a Cristofer Scirocco e a Simone Pittella, quest’ultimo difeso dall’avvocato Amedeo Rizza. Ancora una volta sono le parole di Rossi a spiegare dinamiche, rapporti e incassi. “Due chili ogni 15 giorni, 42mila euro al chilo”. L’affare della piazza di Comasina inizia così. “Eravamo un vero e proprio gruppo ai cui vertici eravamo io e Luca Saccomano. Sotto di noi i nostri uomini di fiducia (…) Si faceva circa 200 palline al giorno. Palline al giorno sarebbero 200 bustine al giorno (…). Marco Zingari imbustava, prendeva i soldi della piazza, controllava che tutto andasse bene, erano tre turni da otto ora a turno, era aperta 24/h più o meno la piazza”. Prima di Saccomano c’erano altri ragazzi. “C’erano già loro che lavoravano, facevano gli 0,4 a 40, lui gli ha messo gli 0,5 a 30 e iniziava a portar via clienti, la voce girava, vuol dire che invece di pagare 100 euro al grammo la paghi 60 al grammo. Uno che lavora è importante (…) A me personalmente mi arrivavano circa 10mila euro al mese solo di piazza (…). I ragazzi prendono invece 6mila euro (..) Marchino invece 8mila euro”. La piazza frutta bene. Poi, però, Saccomano in accordo con Rossi decide di “venderla”. E come si fa a vendere una piazza di spaccio? Lo spiega Rossi: “Nell’aprile 2015 Luca, c’avrà lavorato due notti su a pensarci, mi chiama e mi dice: ho deciso di vendere il nokietto con tutti i clienti. Vi spiego . Nel nokietto ci sono 200 clienti, pensa te questo che mente malata che c’ ha, è proprio un malato”. Il nokietto sarà venduto per 200mila euro. “Erano tanti clienti e mi dice: voglio vendere questo nokietto, glielo venderei a 200 mila euro, gli vendo la piazza per 200 mila euro”. Così sarà, le piaze vanno e vengono, come i capi della mala, come anche gli sbirri corrotti. Qui a Milano oggi funziona così

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