Si parte da una base minima di 2 miliardi di euro, ma stando alle istanze capitoline fin qui snocciolate il valore complessivo potrebbe superare i 10 miliardi. Con possibili effetti già nella prossima manovra finanziaria. Il primo incontro istituzionale ufficiale fra Virginia Raggi e Luigi Di Maio si traduce nella riapertura, di fatto, del Tavolo per Roma interrotto prima delle elezioni per via delle “incomprensioni” fra la sindaca e l’allora ministro Carlo Calenda. In realtà, non sarà più un “tavolo”, bensì una “cabina interministeriale”, differenza formale non trascurabile, perché diminuisce il numero di partecipanti ma si allarga il gruppo di lavoro governativo. “Cominciamo a fare sul serio”, ha twittato Raggi in riferimento alla prevedibile unità d’intenti con Di Maio, guadagnandosi però le critiche dell’opposizione.

TRASPORTI E STRADE IN CIMA ALLE PRIORITÀ – La prima cittadina, per ora, non ha consegnato al ministro per lo Sviluppo Economico la classica lista della spesa, bensì ha semplicemente elencato “priorità” su cui Di Maio dovrà riflettere nelle prossime settimane. “Poteri, non soldi”, ripetono come un mantra dal Campidoglio, lasciando intendere come i decreti attuativi per Roma Capitale e l’affrancamento dalla filiera istituzionale (Regione in primis) abbia la priorità su qualsiasi ipotesi di stanziamento o progetto. Il vil denaro, tuttavia, è come sempre indispensabile e le necessità via via snocciolate dall’inquilina del Campidoglio hanno un costo non indifferente. Solo il piano urbano per la mobilità sostenibile varato nei mesi scorsi, fra nuove infrastrutture e manutenzione dell’esistente, vale almeno 7 miliardi, a cui va sommato il rilancio di Atac. A questi bisognerebbe aggiungere quasi 2 miliardi per la messa a nuovo delle martoriate strade romane, per non parlare dell’impiantistica sui rifiuti che in questa fase preoccupa non poco i vertici romani. Va considerata poi una serie progetti, meno impattanti sul fronte economico ma comunque considerati prioritari. C’è, ad esempio, tutta la partita sulla riconversione ecologica degli edifici e la rigenerazione urbana che non è stata ancora quantificata ma che andrà affrontata; così come è intenzione del Campidoglio chiedere al Governo la possibilità di finanziare specifici progetti imprenditoriali all’interno dell’alveo della green economy, così come il rilancio del polo tecnologico.

NUOVE ASSUNZIONI IN VISTA – Esiste poi la questione del personale. L’intenzione dell’amministrazione capitolina è di provare ad allargare ulteriormente la già nutrita squadra dei 23.000 dipendenti comunali. “Sembrano tanti, ma sono pochi – ripetono dalla maggioranza pentastellata – Se vogliamo fare le cose bene e nei tempi, evitando di procrastinare all’infinto le gare d’appalto, non possiamo pensare di rimanere con queste carenze di organico”. Non a caso, proprio durante l’incontro Raggi-Di Maio, dal Campidoglio è arrivato l’annuncio che nelle prossime settimane verranno assunti altri 200 funzionari risultati idonei nell’ambito dell’ultimo concorsone del 2010. E l’incremento della forza lavoro, ovviamente, avrà un costo costante e non ammortizzabile per il futuro. È per questo che il Campidoglio chiederà appena possibile lo sblocco del turn-over, sia per gli uffici capitolini sia per le municipalizzate e passando dalla Polizia Locale, così da calibrare i piani di assunzione alle tabelle di fabbisogno dei sindacati.

IL TESORETTO E I DECRETI ATTUATIVI – Come detto, qualche segnale potrebbe arrivare già dalla manovra economica per il 2019. Il lavoro dell’esecutivo, in realtà, in vista di questo appuntamento è agevolato dall’eredità del governo Gentiloni, che nell’ultimo Def ha lasciato stanziamenti aperti per circa 3 miliardi per la città di Roma. Soldi relativi a una serie di progetti infrastrutturali che, tuttavia, il Campidoglio gestisce solo in parte (il raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino ne e’ un esempio). E’ per questo che Raggi si aspetta risposte importanti sul fronte dei decreti attuativi, che potranno permetterle di gestire direttamente i fondi che via via giungeranno dal Governo, senza passare per il filtro non sempre (anzi quasi) gradito della Regione Lazio.

LA CRISI DELL’EDILIZIA – Che Roma abbia necessità di ripartire in fretta lo testimoniano anche i dati allarmanti lanciati dal settore edile. La Cisl di Roma nei giorni scorsi ha fatto presente come le imprese romane in difficoltà siano 61, per un totale di 35.933 lavoratori “senza certezze per il futuro” e come negli otto anni fra il 2008 e il 2016 gli iscritti alla Cassa Edile su Roma si sono più che dimezzati, passando da 64 mila a 31.329, “con una perdita media di 4.090 posti ogni dodici mesi”. Negli ultimi quattro anni, poi, hanno chiuso 1.188 aziende. Un’emorragia che Virginia Raggi spera di frenare proprio facendo ripartire le grandi opere attraverso i finanziamenti governativi. Non senza critiche dall’esterno. Parla di “gran faccia tosta” il vicesegretario del Pd Lazio, Enzo Foschi, secondo cui “Raggi ha fatto saltare il precedente tavolo visto che non era in grado di presentare progetti definitivi per utilizzare le risorse messe a disposizione dalla Regione Lazio e dal Governo”. Riflessione a cui segue quella di Raimondo Grassi, presidente di Roma Sceglie Roma: “Non servono finanziamenti, ma strumenti legislativi”.

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