Le modifiche significano solo aggiunte e non modi per annacquare il decreto Dignità. Lo dice, anzi lo ripete, il vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro Luigi Di Maio in vista dell’avvio dell’iter parlamentare che da domani porterà in Aula per la prima volta un provvedimento legislativo del governo Conte. Nei confronti del decreto sono state espresse numerose critiche da parte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro (praticamente l’intero spettro delle “Conf”), ma promette battaglia anche Forza Italia che da lontano continua a mandare messaggi alla Lega, partner di governo del M5s. L’ultimo, il più autorevole, quello di ieri di Silvio Berlusconi. E così Di Maio a Radio1 Rai avverte: “Il Parlamento deve avere la possibilità di discutere il decreto e di migliorarlo, credo non ci sia bisogno della fiducia ma, lo dico da capo politico del M5s, non arretreremo sulle norme“. “Migliorare significa aggiungere”, ribadisce, e non “annacquare”, dicendosi aperto a emendamenti per “eliminare qualche altra scartoffia burocratica per le imprese o aumentare le pene per le aziende che delocalizzano”. Per il momento non si parla di fiducia, ma i borbotti all’interno della maggioranza (lato Carroccio) fanno interrogare sul percorso parlamentare del decreto.

“Devo dare certezze ai giovani e ai meno giovani che lavorano quindi la stretta sui contratti a tempo determinato e il loro abuso credo non si debba cambiare”, aggiunge Di Maio. “Chi non ha sfruttato in passato i nostri giovani e meno giovani con l’abuso di questi strumenti non ha nulla da temere. Noi incentiveremo il contratto a tempo indeterminato, andremo in quella direzione. L’obiettivo principe è quello di diminuire il costo del lavoro, quindi diminuendo il costo del contratto con grandi tutele, quel contratto è più agevole per l’imprenditore e permette il passaggio dal determinato all’indeterminato il che significa permettere di formare una famiglia”.

“Dire che il Decreto Dignità danneggia gli imprenditori perché tutela i lavoratori vuol dire continuare a ragionare con logiche vecchie – prosegue Di Maio -. Abbiamo messo un freno al precariato perché stava rendendo insopportabili le condizioni di vita per tantissime persone. L’Italia fino all’approvazione del Decreto Dignità aveva molti meno vincoli per i contratti a termine rispetto a Francia, Germania e Spagna: tutte nazioni che rispetto a noi negli ultimi anni sono cresciute di più. Rendere incerta e instabile la vita delle persone non aiuta l’economia, è un’ovvietà che abbiamo sancito con una legge”. “Il Decreto Dignità non risolve in un colpo i problemi degli italiani, ma è il primo passo che indica la direzione che seguiremo. Prima i miliardi li spendevano per le banche e per aiutare le lobby dell’azzardo, noi abbiamo cambiato le priorità: adesso li spenderemo per rendere migliore la vita dei cittadini”, sottolinea il vicepremier.

Nell’intervista alla radio Di Maio parla anche dell’atteggiamento del governo sulle politiche migratorie. “Finchè la missione Eunavformed rimane in piedi, gli unici porti sono quelli italiani ma l’obiettivo nostro è cambiare le regole di ingaggio della missione” dice il vicepresidente del Consiglio inserendosi sulla polemica fra il ministro dell’Interno e della Difesa (in quota M5s). “Mi ricordo che un anno fa sono stato a parlare con Frontex e mi spiegarono che il governo Renzi diede la disponibilità di portare i migranti nei porti in cambio di punti di flessibilità usati per il bonus degli 80 euro“. “Noi chiederemo flessibilità senza barattarla in cambio dell’apertura dei porti” assicura. Di Maio ha quindi aggiunto che, a livello europeo, “deve cambiare la musica. Sull’ immigrazione questi navi devono portare i migranti in tutti i porti. Se c’è bisogno di flessibilità (di bilancio ndr) non la baratteremo con l’apertura dei nostri porti ma la chiederemo perchè è un diritto dell’Italia come quella degli altri paesi europei”.

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