Una buca gigantesca nel cuore di Roma, in piena Villa Borghese e alle spalle di Piazza del Popolo. Stavolta non si parla delle voragini diffuse a macchia di leopardo sull’asfalto delle vie capitoline, ma dell’ennesima opera incompiuta, quel Nodo Flaminio che avrebbe dovuto servire da stazione di raccordo fra la metro A e il tratto urbano della ferrovia Roma-Viterbo e che invece ora rischia di trasformarsi in un ecomostro nel pieno centro della Città Eterna. I costruttori – l’Ati formata dalle ditte Sicrea, Donati e Italia Opere – hanno dichiarato il fermo dei cantieri al raggiungimento del credito monstre di 5.400.000 euro (sugli oltre 8.000.000 relativi ai Sal fin qui emessi) vantato nei confronti della municipalizzata capitolina Atac, che però questa volta opera da stazione appaltante per conto dei finanziatori Regione Lazio (40%) e del Ministero dei Trasporti (60%). Un’opera che, chiavi in mano, costerebbe 30 milioni di euro. Interessi bancari esclusi, a questo punto, tenendo conto che i 2,8 milioni già saldati sono stati erogati “con oltre 300 giorni di ritardo”, spiegano i titolari delle ditte esecutrici. E ora Angelo Donati, presidente dell’omonima azienda, attacca: “Abbiamo già avvertito la Regione Lazio, l’ente che ha commissionato l’opera, che faremo ricorso alle procure penali e contabili. Fosse per me farei causa direttamente a Nicola Zingaretti. Perché ora ci devono dire dove sono finiti questi soldi”.

Dove sono finiti i 5,4 milioni di euro vantati dai costruttori? Chi doveva erogarli e perché non l’ha fatto? La stazione appaltante, come detto, è Atac, accordo arrivato attraverso una convenzione stipulata nel 2007 con Met.Ro – i lavori sono iniziati nel 2014 – quando le aziende dei trasporti erano tre (c’era anche Trambus), tutte con i conti a posto, e non c’era stata ancora la fusione voluta nel 2010 dall’ex sindaco Gianni Alemanno. L’opera, però, è finanziata da Regione e Mit. Materialmente, quando le ditte emettono il Sal, il Ministero paga la Regione, che a sua volta trasferisce ad Atac, la quale gira ai costruttori. Ed è qui che qualcosa si è inceppato. Contattate da ilfattoquotidiano.it, fonti ufficiali della Regione Lazio fanno sapere che “i fondi sono stati tutti girati ad Atac, non ci risultano soldi in sospeso”.

Questo significa che i 5,4 milioni sono nelle casse della società municipalizzata, che però è sta attendendo l’esito della procedura di concordato preventivo inoltrata presso il tribunale fallimentare di Roma. Ed essendo, a questo punto, i costruttori creditori di Atac, è probabile che non potranno ricevere ristoro in tempi brevi – tutt’altro – del totale della cifra. Il legale del consorzio, l’avvocato Salvatore Napolitano, azzarda: “Se i soldi non dovessero arrivare, faremo causa alla Regione Lazio e credo che vi sarebbe anche la possibilità di un’azione penale. All’annuncio del concordato, l’ente doveva sostituirsi ad Atac annullando la convenzione e proseguendo con l’opera, che stava procedendo senza intoppi. In questo modo si sta rendendo complice di un danno erariale e sostanziale per la città di Roma, oltre che del licenziamento di 60 operai”.

Durante la recente campagna elettorale per le elezioni regionali, l’ex assessore Michele Civita – oggi indagato per l’affare sullo stadio dell’As Roma – aveva fatto sì che la Regione si sostituisse ad Atac per l’acquisto di nuovi treni sulle ferrovie Roma-Lido e Roma-Viterbo e aveva ipotizzato la stessa soluzione per il Nodo Flaminio.

Cosa evidentemente mai avvenuta. Fonti non ufficiali, fra l’altro, azzardano che i 5,4 milioni possano essere stati “girati” ad Atac nell’ambito della compensazione operata dalla stessa Regione prima della presentazione del concordato, proprio per contribuire ad abbattere la massa creditoria della municipalizzata. Atac invece smentisce l’Ente regionale e attacca: “La Regione deve ancora versare ad Atac circa 4,5 mln relativi a lavori effettuati prima dell’ingresso nella procedura di concordato preventivo. Di questi circa 1,4 mln sono stati richiesti da Atac alla Regione nel maggio 2017. Se tali importi fossero stati tempestivamente riconosciuti Atac avrebbe provveduto al pagamento delle ditte costruttrici”

Resta, dunque, la “buca” in una delle zone più prestigiose della città. Le ditte hanno già “licenziato” i lavoratori e a breve porteranno via i macchinari, lasciando il cantiere incustodito. Fra le altre cose, lo stop al Nodo Flaminio potrebbe ostacolare l’avvio di altri lavori importanti sulla ferrovia Roma-Viterbo, come l’adeguamento della tratta Roma-Montebello e il raddoppio del tratto che arriva fino a Riano. Infrastruttura, va ricordato, su cui la Regione ha instaurato un dialogo con il Comune di Roma affinché possa passare ben presto di mano al Campidoglio. E messa così, a occhio e croce, non appare proprio un grande acquisto.

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