L’Inps mette alla porta la falsa dirigente che ha stipendiato e difeso fino a ieri. C’è un colpo di scena nella vicenda di Maria Teresa Arcuri, la funzionaria di Crotone che per sette anni, inascoltata dal proprio ente, ha continuato a mettere in dubbio il possesso di titoli del suo diretto superiore gerarchico, finendo lei sotto schiaffo tra disciplinari, trasferimenti e demansionamenti. Storia di ordinaria illegittimità nella attribuzione di incarichi nella Pa, emblematica anche delle vessazioni che può patire chi lo denuncia. La notizia è che questo caso, tra i pochi ben documentati, potrebbe risolversi in favore della legalità. E magari farne emergere altri.

Il 14 maggio scorso, presso il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, si è tenuta la “conferenza dei servizi” , il tavolo tecnico al quale partecipano le amministrazioni che non riescono a trovare la quadra su un procedimento interno che le coinvolge. Nel caso specifico, la fondatezza delle contestazioni mosse dalla Arcuri sulla legittima posizione lavorativa di Alessandra Infante, all’epoca suo dirigente e oggi in forza alla sede regionale di Catanzaro: aveva poi quei benedetti titoli o no?

La riunione mette un punto fermo. Il verbale consta di 18 pagine e 26 documenti tra contratti, determine, note e mail. Manca però l’unico che conta davvero: una Gazzetta Ufficiale che attesti una volta per tutte il superamento di un concorso pubblico, cosa cui è tenuto per legge anche l’ultimo degli impiegati del più piccolo comune italiano. Perché? Semplicemente perché non c’è, probabilmente perché non c’è mai stato.

Così il 28 giugno l’ente ha comunicato d’aver preso atto della fondatezza dei dubbi che la Arcuri avanza dal lontano 2011 circa la regolarità delle procedure di mobilità interna che avevano permesso alla Infante di transitare da un consorzio privato (Co.Pro.SS) al Mef e da qui all’Inps. Per sette anni però l’Inps li ha ignorati, negati e rimossi, prendendo per buoni i pareri che via via riceveva da alti dirigenti.

La risposta  era già scritta nel diniego all’accesso agli atti della Arcuri (2011), nel suo ricorso alla Corte dei Conti, nel successivo esposto alla Procura della Repubblica di Crotone e nelle relazioni della Guardia di Finanza che ne scaturirono, in segnalazioni all’Anac archiviate (2014), in interrogazioni parlamentari dalle risposte evasive (2015) e in ultimo – in risposta alle vessazioni subite per questa resistenza – nelle denunce della funzionaria riportate dalla stampa (2018). Azioni destinate a infrangersi come onde sul muro, fino alla comunicazione ufficiale che l’Inps trasmette ai legali della signora Arcuri lo scorso 28 giugno.

Il direttore centrale delle Risorse umane Giovanni Di Monde informa che all’esito della Conferenza l’ente ha deciso di proporre denuncia alla Procura della Repubblica di Crotone, ricorso al Tar della Calabria di fronte al quale impugna gli atti tramite i quali la Infante transitava con inquadramento dirigenziale dal consorzio privato al Mef e da lì all’Inps. Terzo, la revoca del nullaosta a suo tempo concesso per il passaggio dal Mef all’Inps. Non si menzionano ma non sono campate in aria ipotesi di profili di danno erariale, qualora fosse riscontrato che effettivamente per 13 anni – dal 2005 ad oggi – siano state versate retribuzioni e contributi illegittimi.

L’epilogo della vicenda, sempre che di questo si tratti, rinfranca la funzionaria che ha impiegato anni, salute, soldi per affermare un principio elementare di rispetto delle leggi e di garanzia dei diritti. Battaglia  che sembrava persa fino all’estrema denuncia sui giornali, a partire dal fattoquotidiano.it che per primo ha acceso i riflettori sul caso. E fino a un’audizione fiume che si è tenuta il 3 e 4 maggio scorsi all’ufficio di disciplina dell’Inps di via Ciro il Grande, dove l’avvocato Gian Paolo Stanizzi e il sindacato Dirpubblica rappresentato da Miguel Martina hanno replicato alle contestazioni disciplinari riconducendo l’intera vicenda al possesso dei titoli della dirigente e alle sanzioni inflitte dall’ente alla ex sottoposta per neutralizzarne le denunce.

Per anni l’Inps ha fatto quadrato attorno alla prima ignorando e cercato di piegare in vari modi la seconda: nel 2011 le commina un rimprovero scritto che una sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro nel 2017 annulla, riconoscendo la verità di quanto sostenuto dalla Arcuri e definendone la condotta come un “esempio di etica amministrativa”. Ma all’Inps non basta, l’ente si oppone trascinando la causa per cinque anni (il 5 luglio si terrà l’udienza in Cassazione). E nel frattempo le commina vari rimproveri scritti e sanzioni con privazione dello stipendio e revoca dell’incarico. Altro che whisteblowing.

Ancora a febbraio l’attuale presidente Tito Boeri si è dichiarato indisponibile anche solo a parlarne davanti alle telecamera de Le Iene, presto piombate sul caso surreale. Non è dato sapere se abbia poi cambiato idea, né prevedere come finirà anche perché – come in un gioco di specchi – mentre la Direzione generale del personale dell’ente il 28 giugno comunicava provvedimenti contro la “dirigente” decisi a metà maggio, quella regionale il 27 giugno e cioè il giorno prima ancora confermava l’Infante nell’organigramma della propria direzione con apposita determina.

Perché lo spiega Sandro Cretella, difensore della signora: “Ci è stato comunicato questo verbale nel quale si sostiene che siano state effettivamente riscontrate in sede di valutazione le asserite illegittimità in ordine alla procedura concorsuale e di mobilità della Infante. Ma l’iniziativa non ha alcun impatto immediato perché di cessazione del rapporto di lavoro si parlerà solo se il Mef condividerà tali posizioni. Per questo stiamo inoltrando formali diffide in ordine alla posizione lavorativa della signora e stiamo valutando un ricorso d’urgenza al giudice ordinario per contestare la posizione assunta in ultimo dall’Inps”. Di sicuro la fermezza di Maria Teresa Arcuri ha cambiato il corso della storia, ribaltando le parti. In attesa di un nuovo capitolo.

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